C’è una gerarchia dell’errore in un prodotto artigianale come il panettone: difetti sopportabili, piccole irregolarità che rendono finanche il lievitato più affascinante, rimandandoci alla mente il savoir faire del lievitista nell’atto della condivisione natalizia.
E questo è quanto di più confortevole avrete letto in questo articolo, dedicato ai difetti che invece ci fanno annualmente inarcare le sopracciglia, durante i panel d’assaggio svolti per stilare il nostro muscolare classificone.
Posto che gli sgraditi “aiutini” enzimatici, le E maiuscole in etichetta e le shelf-life troppo lunghe (sopra i 60 giorni, per capirsi) vanificano il senso stesso di un panettone che voglia proclamarsi artigianale, quando di fatto ci troviamo ad assaggiare un prodotto che meriti i suoi 40 euro al chilo ci aspettiamo di non trovare determinate caratteristiche.
Tratteremo, si premette, di panettone tradizionale Milano: la glassa tipica della variante “Torino” è un vezzo dei pochi che sanno gestirla (facciamo l’esempio di Iginio Massari e Walter Musco, o della nuova leva Francesco Bedussi, per citare nomi virtuosi del cappello zuccherino) e un problema di tutti gli altri che hanno scelto di aggiungerla rischiando scioglimenti, brutture, piccole stucchevoli frane.
Andiamo dunque ad illustrarvi i difetti che il panettone artigianale manifesta più spesso:
Il panettone che non aderisce al pirottino
Dove c’è aria c’è meno gioia. Prima di andare a valutare bucce dorate, scarpature a croce lucide e rigonfiamenti eccellenti, è l’aderenza al pirottino a rubare la scena estetica. Un panettone deve occupare il proprio spazio, né più né meno, non a caso delimitato dal contenitore di carta plissettata. E si fidino i lettori, non è solo una questione di sguardo: lo sviluppo di un grande lievitato che prende le distanze dal pirottino sarà manchevole, non ne gioveranno di conseguenza consistenza e distribuzione dell’alveolatura.
Panettone crudo
Abbiamo smesso di contare gli artigiani del panettone, dai piccoli produttori ai nomi più corpulenti, che rinunciano al proprio posto nella nostra classifica con il più banale degli errori: cuocere troppo poco il panettone. Un difetto, se così si può chiamare, che spesso si palesa sul bordo superiore e in generale alle estremità del lievitato – tavolta anche in pezzetti di pasta più solidi al centro -, che risultano più schiacciate e dure al tatto.
La necessità di ottenere un prodotto più umido ed elastico è assai comprensibile, ma forzare la mano togliendo il panettone dal forno troppo presto non può essere la soluzione. Ma non c’è solo l’errore strategico, bensì anche una tecnica messa appunto malamente a causare l’infausta crudezza; in caso foste interessati ad approfondire sappiate che dedicammo una lunga disamina a cause e concause di un panettone crudo.
Il buco
Quando al taglio di un panettone artigianale, invece di gioire, vi trovate faccia a faccia con un enorme buco, spesso siete di fronte a un difetto dato dato da una cattiva pirlatura (l’arrotondamento dell’impasto che si fa prima di inserire il lievitato nei pirottini). Succede, specialmente quando le cose vengono fatte a mano.
Gli alveoloni
Tutt’altro discorso, ma sempre di fori eccessivi si parla, è quello legato all’alveolatura spropositata. Ovvero all’uniforme, per quanto di uniformità si possa parlare, e diffusa presenza di buchi nella pasta più grandi del dovuto. Una mania, più che un difetto, in ascesa irrefrenabile.
Il brutto trend è diffuso specialmente tra i professionisti aspiranti, spesso nerd della lievitazione più che produttori davvero alle prese con una clientela reale, c’è da dirlo. Però anche taluni lievitisti del mestiere scambiano il panettone per una ciabatta, non considerando che il prodotto deve rimanere a scaffale per un mese o 60 giorni addirittura: la pasta attorno al buco nella migliore delle ipotesi tenderà a rendere il panettone secco e nel peggiore (e non cosi remoto) dei casi darà sentori di irrancidimento dei grassi, dovuti appunto all’ossidazione. Ossidazione che, a dirla tutta, nei nostri panel d’assaggio capita di percepire chiaramente.
Off Flavour
Un capitolo a parte va dedicato agli odorini spiacevoli più comuni nel panettone artigianale, attraverso un apposito elenco puntato di puzzette:
- Le note acetiche, dovute a una cattiva gestione del lievito madre;
- Le note ceseose, ovvero quelle che ricordano il formaggio e le sue croste, che va da sé sono spesso legate alla scelta del burro sbagliato (perché mai per esempio utilizzare un burro d’affioramento quando si vuole fare il panettone o peggio, il pandoro, ancor più ricco di grasso?);
- I sentori di cartone, causati da un imballaggio invasivo.