Che fine sta facendo il grano ucraino? Quello nella parte libera della nazione attaccata dalla Russia, come si sa, è bloccato nei porti e nei silos, mentre il resto del mondo agogna un po’ di frumento. Ma c’è anche altro grano, quello prodotto e/o stoccato nelle zone di confine e in quelle occupate dall’esercito di Mosca. Questo, come più volte si è sospettato, viene “rubato“, o “requisito”, dai militari russi e portato oltreconfine. L’Ucraina ha in varie occasioni denunciato carichi di grano rubato e portato in Siria o venduto alla Turchia. Ma la voce di Kiev naturalmente è di parte: ora arriva però una poderosa inchiesta della radiotelevisione pubblica inglese, che conferma e prova in maniera schiacciante le accuse.
I giornalisti della BBC hanno trascorso settimane sul luogo, intervistando centinaia di contadini ucraini (la maggior parte dei quali si sono rifiutati di rispondere), usando immagini satellitari, tracciando con il GPS i movimenti degli stessi camion sottratti ai coltivatori. Non sembra esserci dubbio: dal 1 marzo a metà giugno è stata usata una linea che dal Donbass porta giù in Crimea (altra regione ucraina occupata da Putin nel 2014) e da lì verso la Russia.
Il percorso del grano rubato in Ucraina
“Hanno rubato il nostro grano. Hanno distrutto i nostri locali, distrutto le nostre attrezzature”, denuncia uno dei pochi agricoltori che hanno accettato di parlare. Dice che le forze russe ora occupano l’80% delle decine di migliaia di ettari che coltiva e le accusa di aver rubato grano in scala industriale. Si sono presi anche i suoi camion, e dato che su questi mezzi c’erano dei localizzatori GPS la BBC li ha usati per tracciare il percorso: “i due camion si sono fermati vicino a un deposito – identificato come sito per lo scarico e lo stoccaggio del grano – nella città di Oktyabrske, in Crimea.
In un’immagine satellitare del 14 giugno di quest’anno, si vede una fila di camion sulla strada accanto alla struttura. Possiamo vedere che l’impianto di stoccaggio è vicino a una linea ferroviaria, che può essere utilizzata per trasportare grano in Russia o fino ai porti della Crimea meridionale. La parte superiore del deposito sembra avere anche il simbolo Z – l’emblema dell’invasione russa – sul tetto”.
Altre prove vengono da immagini satellitari: una foto del posto di confine di Chonhar scattata il 17 giugno mostra una fila di camion lunga più di 5 km. In generale si è notato un insolito aumento del volume di traffico verso la Crimea. La BBC argomenta: “È possibile spiegare parte del volume del traffico come camion vuoti che tornano dalle aree occupate dopo aver consegnato rifornimenti alle truppe russe. Ma un’interpretazione ovvia è che molti dei camion trasportano grano – o altri prodotti come i semi di girasole – presi da agricoltori ucraini.
Le immagini mostrano treni merci – con vagoni del tipo utilizzato per il trasporto di grano e altri prodotti – alla stazione accanto al deposito. I treni da Dzhankoi sono collegati ai porti di Sebastopoli e Kerch, dove i prodotti possono essere trasferiti in Russia o all’estero”. Per far risultare il grano come russo nelle bolle di accompagnamento, dice un esperto alla BBC, il grano ucraino può essere mescolato con quello effettivamente coltivato in Russia, in uno di questi passaggi.
Non solo furti
La BBC ha anche ottenuto documenti redatti dalle autorità di occupazione russe che elencano le fattorie in cui il grano deve essere loro trasferito. Un’inchiesta autonoma della BBC Russa e Ucraina ha mostrato che in alcuni casi i russi stanno costringendo gli agricoltori ucraini a vendere grano a prezzi ben inferiori a quelli di mercato e a firmare documenti che saranno utilizzati per dimostrare che è stato acquistato “legalmente”.
Mentre le prove di cui abbiamo parlato prima riguardano un vero e proprio furto da parte delle forze russe, gli agricoltori suggeriscono che c’è stato un cambiamento nella tattica poiché i russi si rendono conto che se non pagano nulla, i coltivatori potrebbero non avere nessun interesse a lavorare sui raccolti dei prossimo anni. Gli agricoltori dicono che devono accettare i prezzi bassi perché non hanno alternative e hanno bisogno di comprare carburante e pagare i lavoratori.