La legge della domanda e dell’offerta non è poi sempre così lineare come crediamo: lo dimostra il caso del granchio blu, ormai diventato il terrore dei nostri mari molto ma molto di più di quanto non fosse Barbanera. C’è poco da scherzare, in realtà: questo granchio che abbiamo accidentalmente importato dall’Oceano Atlantico rappresenta una seria preoccupazione per i nostri pescatori, che si sono visti sottrarre dalla popolazione di granchi improvvisamente fuori controllo una enorme quantità di molluschi, di anguille, danneggiare reti e allevamenti con le sue poderose chele e mangiare gli avannotti.
Come e quando è arrivato in Italia?
Le immagini dei pescatori che ormai tirano su le reti piene solo di granchi blu sono sotto gli occhi di tutti, quasi il mare fosse ormai popolato solo da questa specie. La sua proliferazione, in effetti, sembra essere sfuggita di mano, visto che la natura ha la tendenza a fare un po’ quello che vuole, nonostante i tentativi di controllo dell’essere umano (che, vale la pena ricordarlo, è il responsabile dell’arrivo del granchio blu nei nostri mari).
La presenza del granchio blu nel Mediterraneo (e nelle nostre pescherie), di per sé, non è una novità dell’estate 2033: i primi esemplari vennero avvistati nella laguna di Venezia già negli anni Cinquanta, ma è a partire dagli anni Novanta (e poi dagli anni Duemila) che inizia a essere avvistata un po’ ovunque nei nostri mari. Fino a oggi, quando il granchio blu sembra essere arrivato su qualsiasi spiaggia, mandando nel panico il settore dell’itticoltura. Di granchi blu ne abbiamo a montagne, pare, e forse ha ragione il ministro Lollobrigida quando suggerisce che una delle soluzioni per salvare il salvabile sia mangiarli. Basti pensare che negli Stati Uniti, dove il granchio blu è considerato una prelibatezza, hanno spesso avuto il problema opposto, ovvero quello di salvaguardare la specie da una pesca eccessiva, tanto che nel 2008 Chesapeake Bay ha dovuto adottare norme più restrittive per tutelare i granchi femmina e permettergli di proliferare (le stesse norme, qualche anno dopo, sono state introdotte nel Maryland, in Virginia e per il fiume Potomac, che avevano lo stesso problema). Dunque, è probabile che saremmo noi a doverci adattare, e a cercare sui banchi del pesce non più le vongole, ma i famigerati granchi blu. Il mercato, in effetti, pare aver precorso i tempi, e si sta già adattando.
Quanto costa il granchio blu?
Visto il clamore (e la successiva curiosità) suscitato dal granchio blu nell’estate 2023, tutti vogliono assaggiarlo. C’era anche ieri nelle nostre pescherie e nei nostri ristoranti, ma quasi nessuno lo voleva, perché la verità è che la polpa è piuttosto scarsa, confrontata alla fatica che bisogna fare per aprirlo. Invece, ora che è su tutti i giornali, chiunque vuole assaggiarne un pezzetto. E i prezzi di quello che è un prodotto in eccesso, anziché diminuire come vorrebbero le leggi della matematica, aumentano. Come vuole la regola della domanda e dell’offerta, in effetti, prima ancora del buon senso.
I prezzi del granchio blu sono ancora piuttosto oscillanti: dipendono dalle zone, soprattutto, ma anche dalle giornate, in attesa che si plachi il tormentone dell’estate, se mai sarà così. Nel frattempo, oggi il prezzo dei granchi blu va grossomodo dai 5 ai 10 euro al chilo.
Dove comprare il granchio blu
E se tutti noi stiamo aspettando che Gino Sorbillo metta il granchio blu su una delle sue pizze, nel frattempo la corsa mediatica al prodotto del momento (nel bene e nel male) è già iniziata (Gino, dove sei finito?). Lo vendono le pescherie, cosa che di per sé non è una novità, in effetti. E lo vendono anche le catene di supermercati: lo si trova nei punti vendita Unicoop Tirreno, ad esempio, o al Despar, o ancora al Conad di Grosseto (magari etichettato con il suo nome tecnico, Callinectes sapidus). E nei ristoranti, naturalmente, come vi abbiamo raccontato in questi giorni in una speciale prova d’assaggio. Cucinarlo non è difficile: basta bollirlo per poco tempo. Farne una scorpacciata, invece, è un po’ più complicato, visto che da mangiare non c’è molto: per saziarsi in una cena tra amici c’è bisogno di molti, moltissimi esemplari. Ed è esattamente quello che spera il ministro Lollobrigida.