6 formaggi al fieno o alle erbe che tutti dovrebbero conoscere

Molti formaggi considerati autentiche prelibatezze sono nati dall’esigenza di conservare la produzione eccedente mettendoli sotto fieno o avvolti in foglie d'erba, così acquistando gusti e aromi inconfondibili

6 formaggi al fieno o alle erbe che tutti dovrebbero conoscere

A volte, un semplice abbraccio è in grado di risolvere le cose. Di risollevare l’umore e le sorti di una situazione che si riteneva perduta. Prendete del formaggio e un po’ di fieno: avvicinateli e se non si abbraccio spontaneamente prendete voi in mano la situazione e incoraggiateli. Ne nascerà un amore duraturo e odoroso.

Il mondo contadino, in fatto di fieno e erbaggi, ha molto da insegnare: formaggi che oggi consideriamo autentiche prelibatezze sono nati dall’esigenza di conservare a lungo la produzione eccedente.

Messi sotto fieno o conservati avvolti in foglie d’erba si mantenevano a lungo, protetti dagli insetti e acquistando – soprattutto – un gusto intenso e un aroma inconfondibile.

In particolare erano i fili di fieno più fini quelli che riuscivano a conferire un sapore più marcato e una maggiore morbidezza alla pasta (il fieno consente di trattenere maggiore umidità). Le erbe aromatiche, inoltre, sanno regalare aromaticità intense.

Ecco quindi 6 delizie per le quali dobbiamo ringraziare la montagna e i prati.

#1. Formaggio del fieno

formaggio del fieno

Prodotto in Piemonte (in particolare nel torinese e nel cuneese) da latte vaccino intero e crudo, ha crosta sottile, morbida ed elastica, di colore paglierino o marrone chiaro, mentre la pasta semidura e morbida è di color avorio o paglierino chiaro.

Il fieno, nel quale viene messo a stagionare per almeno 60 giorni (dopo la salatura), viene sfalciato ed essiccato in alpeggio.

Il profumo dolce di latte si fonde con le note erbacee delle erbe di montagna.

#2. Paglierina

Tometta paglierina

Deve il suo nome alla maturazione che si faceva in passato sotto la paglia fresca, procedimento (inventato nel 1891) che oggi non si segue più. Tuttavia questo formaggio, tipico del Piemonte, grasso, fresco e a pasta molle, dopo l’estrazione della cagliata, viene ugualmente posto in fuscelle, dove rimane per un giorno. Viene quindi salato a secco o in salamoia.

#3. Seirass (o saras) del fen

Seirass

Dalle origini antiche (alcuni lo fanno risalire alla seconda metà del 1400) il seirass (dal latino serum, “siero” del latte) è una ricotta di breve stagionatura avvolta in fieno di montagna (del genere Festuca).

Prodotta in Piemonte e di derivazione valdese, ha forma tonda, pasta compatta e finemente granulosa, di colore bianco-avorio.

Il sapore è delicato nelle produzioni più giovani, più intenso in quelle più stagionate. Si utilizza latte vaccino, ovino e caprino, e anche una miscela dei tre.

La stagionatura viene effettuata in cantine e si dura da un minimo di 21 giorni fino a oltre 3 mesi. Il seirass invernale, è più delicato poiché maturato a bassa temperatura e spesso con preponderanza di latte ovino, mentre quello estivo è più saporito, anche per la presenza di una maggior quantità di latte caprino.

Come acidificante per far coagulare il siero bollito, tradizionalmente si usa siero acidificato, denominato “bouno”, una miscela che deriva dalla macerazione in siero di oltre 25 erbe e radici (tra cui ginepro, gemme di larice, timo serpillo, radice di ortica, acetosella, macis).

#4. Mozzarella nella mortella

mozzarella mortella

Prodotto in Campania, nella zona del Cilento, è un formaggio a grasso, fresco, a pasta filata. Deve il nome all’usanza di conservare la mozzarella in un involucro che la proteggesse durante il trasporto dalla zona di produzione al luogo di vendita: l’involucro, in questo caso, è il mirto (mortella in dialetto), le cui fronte legate insieme avvolgono poi le mozzarelle.

Diversamente dalla mozzarella tradizionale, quella nella mortella è “stracciata”: ha forma allungata e più o meno piatta. La consistenza è elastica e più asciutta di quella della mozzarella; il sapore è intenso, con un notevole aroma di mirto.

# 5. Felciata

Felciata

Calabrese, (in dialetto“filicèta”), è un formaggio originario del comprensorio di Morano Calabro, dalle origini antiche. Fresco e a pasta molle, prende il nome dalle felci, nelle quali viene avvolta e dalle quali assorbe l’aroma.

Definito “Pane degli Angeli”, si dice che fosse oggetto di baratto tra gli artigiani del legno e i pastori locali: i primi, in cambio di un secchiello di legno di gelso, ricevevano il formaggio.

Prodotta con latte di capra e piccole quantità di latte di pecora nel periodo estivo, prevede che il latte venga filtrato con le felci e poi riscaldato in apposite caldaie di rame. Dopo l’aggiunta del caglio e la coagulazione, la cagliata non viene rotta ma raccolta con la cocchiera e posta in secchielli di legno di gelso o noce, alternando strati omogenei di cagliata e di felci.

Si mangia appena fatta, quando è ancora calda.

# 6. Casu in filixi

Casu in filixi

Prodotto in Sardegna, nel territorio di Seulo, Olzai, Esterzili e Villagrande (se riuscite a dirli tutti in fila senza sbagliare vincete una forma di formaggio), è – letteralmente – il “formaggio in felce”.

Il latte caprino (o mescolato con quello ovino), viene filtrato con le felci e versato nel paiolo per la lavorazione. La cagliata viene quindi raccolta con un mestolo forato e posta in contenitori nei quali sono state stese le foglie di felce (su un telo di lino o cotone).

Si alternano strati di felce e strati di cagliata, si ripiega il telo posto alla base della forma e si chiude alle estremità, appendendolo poi per far uscire il siero. Dopo qualche ora, sfogliato dalle felci, rivela un sapore muschiato e forti note erbacee.

[Crediti | Immagini: Formaggio.it, Cilentoroots, Il Mangiaweb]