Ne avete sentite di ogni: dai diversi tipi di grani alle differenze nella macinazione, fino alle alternative senza glutine, ogni farina meriterebbe un capitolo a sé (o forse no), ma una, in particolare, ha attirato la nostra attenzione. Si tratta della Farina Intera, scritto maiuscolo dacché si tratta di un marchio registrato (la storia del Kamut vi dice niente?), una farina bianca alternativa brevettata da Varvello nel 2013. Di cosa si tratta, esattamente?
Posto che questo non è un articolo pubblicitario, e la nostra è una sana curiosità verso il variopinto mondo delle farine, abbiamo cercato di capire meglio cos’è e quali benefici promette a livello di salute, buttando un occhio alle opinioni sul web, fra recensioni favorevoli e altre meno convinte.
Quello che sappiamo è che si tratta di una farina bianca di tipo 0 che, però, mantiene le parti nobili del chicco (la crusca e il germe, ricche di vitamine e antiossidanti) e che presenta addirittura un contenuto di fibre superiore all’integrale.
Si tratta quindi di un’alternativa alla farina bianca più “friendly”, dal punto di vista nutrizionale, che asseconda la crescente attenzione verso le intolleranze e i problemi legati alla glicemia.
Nello specifico, il valore aggiunto di questo prodotto risiederebbe nel maggiore contenuto di fibra solubile, resa disponibile per l’organismo grazie a un metodo di lavorazione – anch’esso brevettato – chiamato Lavorazione Fedele. A livello tecnico, questo processo consiste nella separazione degli arabinoxilani e dell’acido ferulico (la parte solubile della fibra), dalla lignina e dalla cellulosa (la parte insolubile), attraverso l’azione di enzimi – una lavorazione che serve a rendere biodisponibile una componente spesso poco utilizzabile dal corpo.
E anche rispetto all’integrale, dove l’assorbimento della fibra solubile avviene nel colon, questo prodotto si differenzia per la disponibilità immediata in bocca, nello stomaco e nell’intestino tenue.
Uno dei vantaggi per la salute, riportato da uno studio condotto dall’Università di Pavia, riguarda l’abbassamento dell’indice glicemico post-prandiale e, di conseguenza, il prodotto è indicato come soluzione all’insulinoresistenza e alle patologie collegate, come l’obesità e il diabete di tipo 2. L’altro punto di forza della Farina Intera, rispetto all’altrettanto benefica integrale, è l’assenza di fitati, delle componenti presenti nei grani che tendono a bloccare l’assorbimento di alcuni micronutrienti come zinco e ferro, e non presenti grazie al metodo di lavorazione utilizzato.
Se da un lato i benefici nutrizionali sembrano rappresentare un punto di forza, quello che invece convince di meno, in giro sul web, è il fatto che una farina bianca sia considerata migliore rispetto ad altre dall’aspetto più grezzo – tanto che la caratteristica del colore viene raccontata come punto di forza anche sul sito del prodotto. Del resto, perché non abituarsi al gusto dell’integrale, considerando la strada che è stata fatta per riportare in voga le farine scure?
In realtà, al di là delle preferenze a livello visivo, la palatabilità di una farina integrale, rispetto a una di tipo 0, è senza dubbio diversa. E in questo senso, la Farina Intera potrebbe rappresentare una valida alternativa, ad esempio per prodotti come la pizza o la pasta, dove l’abitudine alla farina bianca rende più difficile trovare dei sostituti buoni anche dal punto di vista della salute.
A livello di prezzo, stiamo parlando di un prodotto di fascia più alta rispetto alle farine convenzionali – 2,95 euro per 1 kg di farina 0, 3,95 per la miscela per la pizza, 3,50 per mezzo chilo di spaghetti, per citare i principali prodotti. Oltre a poterli acquistare online, è possibile trovarli in più di 200 punti vendita in tutta Italia, inclusi Auchan, Sma Simply e Conad Tirreno.
Per quanto riguarda l’origine e la filiera del prodotto, sappiamo che la sua lavorazione avviene presso Molino Colombo (Lecco), mentre la materia prima arriva da Canada, Australia e Germania.
Voi come la pensate? Una farina bianca “più nutriente” potrebbe essere un buon compromesso tra la poco seducente integrale e una 00 comune? O siamo di fronte a un’operazione di marketing brillante, ma fine a se stessa?