È una di quelle estati in cui l’emergenza acqua arriva a livelli preoccupanti: in tutto il mondo le risorse idriche sono a rischio, e l’acqua è razionata. Quello che preoccupa ancora di più, se possibile, è che una situazione del genere è estrema ma non eccezionale, nel senso che in futuro si prevedono altri periodo così, se non peggiori. È il riscaldamento globale, la catastrofe climatica in cui viviamo (moriamo?). D’altra parte sono anni che lo si dice: l’acqua è l’oro blu, il nuovo petrolio.
Ecco, per dire, una differenza non da poco con il petrolio e con le altre risorse energetiche che crediamo eterne è questa: di acqua non possiamo provare a “produrne” di più. Mentre su molti aspetti economici e ambientali il mito della crescita infinita è duro a morire (e ci frega perché le sue conseguenze sono indirette e arrivano in ritardo), l’acqua è onesta, ci mette subito davanti al limite. L’unico modo, se scarseggia, è risparmiarla. Anche perché il margine c’è, di acqua se ne spreca un sacco.
Le fontanelle pubbliche: storia e funzione
In tutto il mondo si stanno mettendo in attimo misure anti spreco, i razionamenti sono all’ordine del giorno dal Cile alla pianura padana. E si prova a limare i consumi in tutti i modi possibili. A questo punto una domanda sorge spontanea: ma le fontane e le fontanelle pubbliche, quelle sempre aperte e funzionanti a getto continuo, non saranno uno spreco di risorse idriche? In alcuni luoghi come Cuneo è stata avanzata la proposta di dotarle di rubinetti. Ma la verità, controintuitiva quanto incontestabile, è che chiudere le fontane pubbliche è inutile, se non dannoso.
Le fontanelle, grande esempio di civiltà, sono una caratteristica delle nostre metropoli e cittadine, presenti sin dalla costruzione degli acquedotti moderni nella seconda metà del 1800. Se c’è una dimostrazione concreta dell’acqua come bene comune per antonomasia, è proprio l’istituzione della fontanella pubblica, a disposizione di tutti. Grande esempio di civiltà che qualche decennio fa, in pieno trip consumistico e modernista, stava per essere abbandonato: in un delirio da architettura ostile – quella stessa che porta a fare le panchine più corte se no di sera ci vanno a dormire i barboni – le fontane erano iniziate a diminuire. Troppo belle per essere vere, troppo democratiche, quasi socialiste: consentono di lavarsi anche ai senza tetto, e permettono ai turisti di dissetarsi senza pagare a un bar 3 euro per mezzo litro di H2O avvolto in simpaticissima plastica.
Per fortuna, da un po’ la tendenza sembra invertirsi. A Milano per esempio, a quanto riporta il Post, si installano circa 10 nuove “vedovelle” all’anno, oltre alla costante manutenzione che richiedono quelle esistenti. Ma in generale se confrontiamo i numeri riportati dal meraviglioso sito fontanelle.org (che provvede a una mappatura di tutte le fontane pubbliche d’Italia, con segnalazioni anche dei cittadini, ma non sembra aggiornatissimo purtroppo) su Torino risultano 680 “toret”, mentre i dati ufficiali attuali ne contano più di 800. La città italiana, ma probabilmente del mondo, con più fontane pubbliche è Roma, che ha più di 3000 “nasoni” – en passant ma quant’è bella sta cosa che ogni città ha il suo diminutivo? – seguono ma molto staccate le suddette Milano e Torino. In Italia in totale il sito ne riporta 72mila, e potrebbero essere aumentate. A un certo punto, ripetiamo, è legittimo chiedersi: ma quanta acqua risparmieremmo se le chiudessimo, o ci mettessimo un rubinetto? Poca, e creeremmo più problemi di quanti ne risolviamo. Ecco perché.
Perché chiudere le fontanelle pubbliche non fa risparmiare acqua
I motivi per cui chiudere o limitare le fontane pubbliche non è una buona idea, sono vari.
Innanzitutto, lo spreco è minimo. Qualche anno fa MilanoBlu, il sito di MM Spa, la società del comune che gestisce il servizio idrico, diceva: “la quantità d’acqua erogata dalle fontanelle è irrisoria in confronto alla portata d’acqua distribuita dall’acquedotto milanese”. Dati alla mano, l’acquedotto milanese eroga circa 7500 litri d’acqua al secondo, l’insieme di tutte le fontanelle ha una portata di soli 10 litri al secondo. Nell’estate del 2017 a Roma i nasoni vennero effettivamente chiusi in gran parte, ma anche nella capitale l’acqua emessa dalle fontanelle è una percentuale minima degli sprechi, l’1%, al fronte del 50% dovuto a perdite nelle tubature.
Ma soprattutto, non si può parlare neanche di spreco. A Milano per esempio l’acqua che scende non utilizzata dalle fontanelle viene – come tutta quella del resto dell’acquedotto – depurata e poi utilizzata dagli agricoltori del consorzi a sud della metropoli.
Il getto continuo delle fontanelle poi apporta una serie di benefici: sempre a Milano, e in altre città con una falda molto abbondante, evita che l’acqua del sottosuolo si accumuli e rischi poi di allagare tunnel della metropolitana e parcheggi sotterranei.
A Torino, ma vale per tutti, il sito della Smat spiega molto bene il circolo virtuoso garantito dalle fontane pubbliche: “l’utilizzo del sistema a flusso continuo per le fontanelle pubbliche torinesi costituisce una garanzia igienico-sanitaria per la collettività. Il ricambio continuo di acqua nelle condotte di piccolo diametro di adduzione alle fontanelle, infatti, evita fenomeni di ristagno che potrebbero determinare sedimentazioni, incrostazioni o presenza di cariche batteriche, oltre ad esaltare la freschezza e la gradevolezza dell’acqua distribuita”. Oltre a evitare ristagni, le fontanelle evitano anche che alcune parti dell’acquedotto vengano sottoposte a troppa pressione e quindi, causa veneranda età dei tubi, causino rotture e perdite, quelle sì fonte di spreco: infatti le fontanelle vengono spesso strategicamente piazzate nei punti in cui c’è meno utilizzo da parte delle abitazioni e quindi la pressione è maggiore.
Inoltre non dobbiamo pensare che l’acqua venga sprecata, perché rientra in circolo, depurata: “L’acqua erogata dai toretti e non utilizzata, ritorna nelle falde e nei corpi idrici superficiali e quindi restituita con migliore qualità all’ambiente dal quale è stata prelevata”.