Di ritorno dall’Egitto, mia più recente meta gastronomica, ho redatto una breve guida alla pasticceria del luogo, un trionfo di pasta fillo, miele e frutta secca intorno alla quale non è facile districarsi, tra nomi impronunciabili e differenze spesso sottili che distinguono ricette o varianti sul tema dei Paesi limitrofi. Ecco quali sono i dolci tipici egiziani da provare, rigorosamente fotografati e testati in loco per raccontarvi gusto, caratteristiche e peculiarità culturali.
Baklava
Dire baklava è come utilizzare l’espressione “apriti sesamo”. Il baklava, o meglio i baklava – mangiatene uno solo, se ne siete capaci-, è un dolce che attraversa il Mediterraneo, dai Balcani al Medioriente. Di probabili origini turche, ha decine di varianti, a seconda del Paese in cui lo assaggiate. La ricetta di partenza però è la stessa e prevede, oltre che una dose illimitata di pazienza, la sovrapposizione di decine di strati di sottilissima pasta fillo imburrati, alternati da frutta secca (noci, pistacchi e/o mandorle, a seconda della tradizione), cotti in forno e imbevuti di uno sciroppo preparato con zucchero, miele, succo di limone e acqua di rose.
La versione arrotolata a sigaro è più complicata da mangiare, perché il rischio “morso con copiosa fuoriuscita di sciroppo e sbrodolamento vergognoso” è dietro l’angolo.
Basbousa
Non chiamatela torta di semolino, le fareste un torto. Il nome è di origine ottomana e, un po’ come per i baklava, la ricetta è comune al mondo arabo. In Egitto è basbousa, in Grecia ravani (o revani), in Libano nammoura. Ma si trova anche in Giordania, Tunisia, Marocco e Kuwait. Nonostante i diversi ingredienti che caratterizzano la versione di ciascun Paese, la semola è la base fondamentale per tutti. In Egitto è solitamente sottile, impregnata di sciroppo dolce, morbidissima all’interno e ricoperta di mandorle e panna fresca.
Feteer
Feteer meshaltet, per l’esattezza: l’anello mancante tra una focaccia e una torta di strati di pasta sfoglia, preparata sia in versione dolce che salata (con formaggio e tahina). La versione originaria però, è senza ripieno e servita con miele e panna fresca, o latte e miele e cosparsa di zucchero a velo. Ripieni particolarmente apprezzati sono quelli con crema pasticciera, banana, cioccolato e noci. Noi abbiamo assaggiato quella più semplice, in modalità street food. Imprescindibile, come la pizza a portafoglio a Napoli.
Goulash
Per chi ama la precisione, è il baklava in versione torta rotonda. Si serve tagliato a fette, anche se è indubbiamente impossibile pensare di arrivare alla fine di una fetta intera. Farcito di noci, uvetta e arachidi, oltre che di una leggera crema dolce. Imbevuto di sciroppo, è molto dolce. Vi avvertiamo: tagliarne un pezzo è un’impresa. Gli strati sono talmente incollati tra loro, per via dello sciroppo, che il consiglio è quello di armarsi di pazienza oltre che di una lama affilata. Oppure potete mordere direttamente la fetta. Nel caso, vi rimandiamo direttamente al punto “baklava a sigaro”.
Zalabya
Ecco un altro dolce con il dono dell’ubiquità. E ovviamente con un nome diverso a seconda del paese in cui vi trovate: in Egitto è appunto zalabya (o loukmet el-qadi, che significa “cibo del giudice”), e diventa loukma (boccone) in Turchia, e loukoumades in Grecia. Il principio, però, è sempre lo stesso: un impasto di farina, lievito, acqua e zucchero lasciato riposare e poi lavorato per formare delle palline di pasta che vengono fritte in olio bollente. Ovviamente non può mancare il passaggio finale: le palline vengono impregnate di sciroppo o miele e cosparse di zucchero a velo.
Kunafa (o Kanafeh o Kunafeh)
Dolce tipico delle feste popolari e familiari di gran parte del mondo arabo. Tipico del Ramadan, viene preparato in modi diversi, non solo a seconda del Paese, ma anche in relazione all’abilità che ogni pasticcere vuole dimostrare. La lavorazione è infatti decisamente complicata e prevede l’utilizzo della pasta kataifi – ovvero pasta fillo ridotta in fili – e un ripieno di formaggio, crema senza uova o panna. La difficoltà sta nel ridurre in fili la pasta fillo (se vi capita di vedere qualche pasticcere all’opera, fermatevi: è uno spettacolo).
Per rassicurarvi, sappiate che la pasta kataifi si vende già pronta (anche per strada, tanto per farvi capire quanto è comune) e quindi metà della fatica è fatta. Burro in quantità, sciroppo di zucchero e granella di pistacchi completano l’opera.
Balah el sham
Se amate i churros, i balah el sham sono imperdibili. Nome diverso a seconda del paese, ma medesima ricetta, una sorta di pasta choux, fritta e poi immersa in una bagna di sciroppo di zucchero.
Croccanti all’esterno e morbidi all’interno, sono ottimi in purezza. Se volete esagerare, sappiate che ne esiste una versione aperta e farcita con panna montata. Un suicidio glicemico.
Halawa
Attraversa gran parte del Medioriente, così trasversale che, tradotto, significa “dolce”. Una sorta di torrone preparato utilizzando la pasta di tahina, una pasta a base di sesamo, cui si aggiungono zucchero e miele. La consistenza è secca e leggermente friabile: si scioglie in bocca una volta morsicata. Chiamarlo dessert è improprio, visto che in Egitto lo si mangia a colazione.
Kahk
Sono i biscotti per il Eid El-Fitr, la festa musulmana che segna la fine del Ramadan. Consumati già all’epoca dei faraoni (nei templi sono state ritrovate raffigurazioni che li ritraggono), sono biscotti al burro farciti con malban (una combinazione di gelatina e zucchero), datteri e noci, spesso cosparsi di zucchero bianco in polvere.
Mahalabiya
Latte, amido di mais, zucchero e acqua di rose. Pochi ingredienti per un dolce semplice da fare, amatissimo e consumato ovunque. Una specie di budino di latte: morbidissimo, aiuta a mitigare i sapori piccanti. Viene di solito cosparso di cannella e noci o uvetta, perché la “nota croccante” è fondamentale pure per la cucina egiziana.
[Crediti immagini | Caterina Vianello; Kunafa; IFood; Kakh; www.theculturetrip.com]