Delivery, consegne a domicilio, spesa online: la prepotenza con cui, durante il lockdown, questo tipo di servizi è entrata nella nostra vita – con risultati più o meno soddisfacenti – non li ha resi certo una pillola facile da digerire. A me piaceva andare al ristorante, cavolo, mica farmi arrivare a casa un pasto precotto da assemblare alla bell’e meglio.
Ed ero abituata – come tutti – ad avere la spesa nel mio frigorifero mezz’ora dopo averla pagata in cassa, altro che quindici giorni d’attesa. Ma ho fatto di necessità virtù, a braccetto con ristoratori e negozianti che si sono reinventati nell’emergenza, e anche io sto lentamente imparando a comprare, mangiare, godere delle cose a distanza.
Il mercato sta evolvendo, e ci sta aiutando a soddisfare quelle frivolezze – tipo l’uscire a cena – che per molti di noi sono più di una coccola, sono quasi un bisogno indispensabile, o comunque uno di quelli di cui non ci aspettavamo di dover fare a meno da un momento all’altro.
Il grado di soddisfazione, dicevo, cambia a seconda dell’efficienza del servizio, ma durante questo lockdown posso dire di averli provati un po’ tutti. Dal pasto intero al gelato, dalla spesa della grande distribuzione al servizio di consegna del piccolo droghiere.
Ho scritto t’amo su un Glovo
Del tutto inaspettatamente, però, a regalarmi il calore maggiore (a volte, perfino un tantino di commozione) è stato un servizio che, prima di un mese e mezzo fa non avrei neanche mai preso in considerazione: la modalità per cui Glovo ha messo a disposizione i suoi corriere per spedire qualsiasi cosa da una casa all’altra.
Un modo intelligente per riempire gli orari morti dei rider, per loro, e una possibilità di sentire più vicini amici e parenti, per noi. Qualcuno se n’è approfittato, prevedibilmente, chiedendo erba a domicilio; ma in fondo chi sono io per definire cosa sia una forma d’affetto.
Perché “Ti mando un Glovo” è una delle frasi che in queste settimane ho detto più spesso. La prima volta che l’ho sentita dire non l’ho capita del tutto, e sono andata a vedere, scoprendo che, finalmente, potevo farmi mandare la pastiera fatta in casa da mia mamma (sia quella di Cannavacciuolo che quella con la ricetta di famiglia), potevo spedire una colomba ai miei suoceri, o mandare un disegno di buon compleanno fatto dai miei figli per la loro cuginetta, ricevendo con il Glovo di ritorno una fetta di torta alla banana.
Certo, nove euro per spedire un disegno possono sembrare una follia, ma vi assicuro che quel giorno sono stati i soldi meglio spesi del mondo.
Potevo dare e ricevere non solo la spesa, ma dei pacchi che si trasformavano in abbracci. Non è retorica, è la verità: nessun servizio più di questo è riuscito a ridurre le distanze affettive in questo periodo. Ed è evidente che questa cosa non valga solo per me: le spedizioni da casa a casa, fa sapere Glovo, sono cresciute del 900% da febbraio a marzo. Tra i prodotti più richiesti – una statistica che sembra parlare proprio di me – ci sono i dolci e ricette fatte in casa, seguiti da riviste, giochi da tavolo, cartucce per la stampante e cavi per la TV.
Probabilmente si tratta di uno di quei servizi che, non appena ricominceremo a muoverci liberamente dalle nostre case, smetteremo di usare: non abbiamo alcun bisogno di un pony express super veloce che consegni una vaschetta di lasagne da una famiglia all’altra. Ma in questi giorni chissà se quei rider sapevano di stare portando in giro per la città messaggi d’amore cucinati e confezionati.