Se vi è mai capitato di chiedere a qualcuno che cos’è un tartufo, vi sarete accorti che le risposte sono del tipo più vario. Un tubero, una radice, una muffa? In realtà il tartufo è un fungo, più precisamente un corpo fruttifero di funghi Ascomycota. Il mondo dei funghi, bisogna dirlo, è molto vasto. I tartufi vanno iscritti al genere Tuber, nome che si usa per definirli dal punto di vista scientifico e che ha forse generato l’equivoco con il fatto che si tratti di una patata. Il comportamento dei tartufi segue alcune caratteristiche. Prima di tutto il ciclo vitale si compie in ambiente ipogeo, ovvero sotto terra. Questo elemento serve a distinguere anche i tartufi veri da quelli falsi, che hanno consistenza più tenace, dimensioni più piccole, si trovano in superficie e non sono commestibili. Per vivere e sopravvivere infatti, il tartufo vive in simbiosi con le radici di diverse tipologie di alberi.
Gleba e peridio
La composizione di questo fungo è fatta per più dell’80% d’acqua. La sua parte esterna si chiama peridio, una superficie che può essere più o meno liscia e variare il suo colore dallo scuro al più chiaro. La parte interna del tartufo si definisce gleba. Anche quella può assumere sfumature di colore più o meno chiare ed essere percorsa da venature.
Le tipologie
Le tipologie di tartufo sono tante, ma quelle commercializzabili sono essenzialmente 9. Le 3 più famose sono: Tuber Magnatum (il tartufo bianco), Tuber Melanosporum (tartufo nero pregiato), Tuber Uncinatum (tartufo uncinato). A queste si possono aggiungere il tartufo nero estivo (detto anche tartufo scorzone) e il tartufo bianco estivo (il bianchetto). Le differenze tra questi tartufi possono essere abissali, anche a seconda del luogo di rinvenimento. In termini più generici invece, i tartufi vengono divisi in bianchi e neri, nonostante questa distinzione non sia del tutto esaustiva.
La stagionalità dei tartufi
Ogni tartufo segue una sua stagionalità e questo è un elemento imprescindibile per non incorrere in fregature o ancora peggio, in illegalità e frodi. Le diverse tipologie di tartufo seguono infatti periodi di maturazione specifici. I tre tartufi più noti e più richiesti, ovvero il tartufo bianco, quello pregiato e quello uncinato, si trovano nel periodo autunnale-invernale. In particolar modo il periodo di raccolta e commercializzazione del tartufo bianco e nero uncinato va dal 1 ottobre al 31 dicembre. Mentre il tartufo nero pregiato da dicembre a marzo. Questo spiega perché il tartufo sia ritenuto un prodotto invernale e associato per lo più a preparazioni con ingredienti tipici di questa stagione, oltre ad arricchire molte tavole nel periodo natalizio.
La stagionalità è un elemento importante per non rischiare di comprare un tartufo estivo che viene spacciato come uno invernale, associando quindi un prezzo maggiore alla vendita. Inoltre nella raccolta dei tartufi vanno seguiti i calendari di estrazione regionali e bisogna assicurarsi che i tartufi vengano estratti da terra quando sono al giusto punto di maturazione. La raccolta dei tartufi, che avvenga in ambienti naturali oppure in tartufaie controllate, è disciplinata da leggi. Per fare un esempio, la ricerca dei tartufi è concessa solo a chi ha regolare abilitazione alla raccolta, che viene concessa dopo aver sostenuto un esame all’interno della provincia di riferimento. Se volete improvvisare una raccolta di tartufi quindi, scordatevelo perché non potete farlo.
La coltivazione dei tartufi e le tartufaie
I tartufi si possono coltivare a seconda della tipologia, oppure no. È il caso del tartufo bianco: gli studi e le ricerche per trovare metodi di riproduzione controllata si stanno facendo sempre più incalzanti, in particolare in Francia e in Inghilterra. Quello che sappiamo per ora con certezza è che il tartufo nero si può coltivare. Per farlo occorrono terreni che hanno caratteristiche specifiche e che possono trasformarsi in tartufaie. In particolare è possibile che si tratti di “tartufaie controllate” se il terreno è già boschivo e produce qualche tartufo. A quel punto si potrà renderlo più produttivo mettendo a dimora altre piante tartufigene. Se invece si parte da zero, si parla di “tartufaia coltivata”. In ogni caso non si pensi a un processo semplice: per ottenere buoni tartufi da una tartufaia ci vogliono anni, almeno cinque. Per l’apice produttivo si parla addirittura di 11 anni. Chiaramente non tutti i terreni sono adatti a produrre tartufi. Bisognerà tenere in considerazione alcuni aspetti particolari come il clima, la composizione del terreno, la pendenza, l’altitudine.
Provenienza e denominazione dei tartufi. Tutto chiaro?
Attenzione alla provenienza del tartufo nella sua denominazione, perché è un elemento che può trarre in inganno. Come abbiamo anticipato a Febbraio, il tartufo bianco invernale, ovvero il Tuber Magnatum Pico viene comunemente definito “Tartufo bianco d’Alba”, anche se non viene necessariamente da Alba. Scrivevamo qualche tempo fa che il “Tartufo Bianco è sempre stato il Tartufo Bianco d’Alba, perché la notorietà di Alba come zona del tartufo pregiato precede quella del tartufo bianco stesso. Non c’è alcuna relazione con l’origine del tartufo: Tartufo Bianco d’Alba è il nome comune con cui viene indicato il pregiatissimo tubero ovunque nasca, per la sua specie”. La stessa cosa accade anche per altre tipologie di tartufo. Come per il tartufo nero pregiato, detto anche tartufo nero di Norcia o di Spoleto. Basti pensare che lo stesso tartufo bianco talvolta viene nominato tartufo del Piemonte o tartufo d’Acqualagna.
Sul costo del tartufo
Infine, perché il tartufo è così costoso? Prima di tutto specifichiamo che non tutti i tartufi costano nello stesso modo. Il costo del tartufo viene stabilito ogni anno da un borsalino che guida le vendite di questo mercato. In questo caso sarà facile notare che il tartufo bianco costa più del triplo degli altri tartufi, se non molto di più. Il prezzo del tartufo è stato stabilito nel tempo: uno dei fattori, come abbiamo detto, è che storicamente il tartufo bianco non si può coltivare, questo incide sulla sua rarità. Inoltre essendo un prodotto che si trova solo in un determinato periodo, la domanda è concentrata in un piccolo lasso di tempo. In generale le condizioni climatiche e del terreno per la coltivazione dei tartufi non sono semplici e così banali (non è facile come coltivare i pomodori nel terrazzo, per capirci). La stessa estrazione è un processo che richiede strumenti e competenza. La deperibilità del tartufo è molto alta, perché il tartufo perde le sue qualità organolettiche velocemente, quindi andrebbe consumato per lo più fresco.
Tartufo e crisi climatica
Sulla scarsità infine agisce anche la crisi climatica. Lo dimostra un’annata come questa. Nel 2021 le piogge si sono fatte attendere per mesi nel periodo primaverile/estivo. Con evidenti conseguenze sulle coltivazioni di tartufi. Poiché anche il prezzo del tartufo segue le dinamiche di mercato della domanda e dell’offerta, nel periodo in cui il prodotto è meno reperibile, i prezzi tendono a salire alle stelle. La siccità e l’assenza di precipitazioni possono influire moltissimo sulla maturazione dei tartufi. Questo potrebbe portare nel tempo non tanto alla scomparsa del prodotto, quanto alla migrazione in altre zone di produzione che hanno caratteristiche climatiche più favorevoli (come sta già succedendo nel mondo del vino). Anche se qualcuno si è spinto a sostenere che nel 2100 a causa degli effetti dell’emergenza climatica il tartufo potrebbe scomparire.