Durante la seconda e la terza ondata abbiamo mangiato di più? Forse, quel che è certo è che abbiamo speso di meno. E ancora meno abbiamo voglia di spendere. Anche in un settore che è rifugio e conforto come il cibo. La crisi picchia, e quello che ci aspettiamo è qualche sushi in meno e qualche pizza in più, qualche fettina in meno e qualche maccherone al sugo in più. Quasi quattro italiani su dieci dichiarano di aver diminuito in maniera più o meno pesante gli acquisti in beni essenziali come quelli alimentari. Un italiano su tre prevede che i suoi consumi in cibo e altre cose basilari diminuirà ulteriormente nei prossimi mesi. È quanto si apprende leggendo i “Principali risultati della quarta edizione dell’indagine straordinaria sulle famiglie italiane”, appena pubblicata da Bankitalia.
L’indagine è stata condotta da due ricercatrici della Banca d’Italia, Concetta Rondinelli e Francesca Zanichelli, tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, prima del nuovo inasprimento delle misure per limitare la diffusione del virus. Le interviste sono state condotte a distanza e hanno coinvolto oltre 2.800 nuclei familiari, di cui circa 1.800 avevano partecipato anche alla terza edizione dell’indagine. I principali risultati in generale possono essere così riassunti per punti:
- Meno persone si aspettano prospettive economiche negative, anche se comunque sono la maggioranza. La percentuale di famiglie che nell’ultima edizione si attende un netto peggioramento del quadro generale nei successivi dodici mesi è diminuita di 9 punti percentuali rispetto all’indagine condotta in novembre, portandosi al 23 per cento.
- La fine della pandemia non sembra vicina: solo il 16 per cento ritiene che verrà meno nel corso del 2021, mentre un terzo stima che si protrarrà almeno fino al 2023.
- Quasi un terzo dei nuclei riporta di aver percepito nell’ultimo mese un reddito più basso rispetto a prima dello scoppio della pandemia.
- Oltre il 60 per cento dei nuclei dichiara di avere difficoltà economiche ad arrivare alla fine del mese, 10 punti percentuali in più rispetto al periodo precedente la pandemia. Quasi il 40 per cento delle famiglie riporta che negli ultimi dodici mesi si è verificato che il reddito familiare non fosse sufficiente a coprire le spese; quasi la metà di queste riferisce che in assenza di reddito o trasferimenti non disporrebbe di risorse finanziarie proprie per far fronte ai consumi essenziali nemmeno per un mese.
Rispetto alle spese alimentari, vanno notate due cose. La prima: la maggioranza degli italiani registra una diminuzione: più dell’80 per cento dichiara di aver ridotto le spese per servizi di alberghi, bar e ristoranti, e vabbè questo è ovvio dato che per la maggior parte del tempo queste strutture sono state chiuse. Ma si vede una diminuzione anche nella spesa nei negozi di alimentari, e qui c’è un po’ di sorpresa, perché si pensava che mangiando meno fuori avremmo speso di più per mangiare in casa. Invece l’11% dichiara di aver smesso di fare questa attività o di averla fatta molto meno spesso, il 27% un po’ meno spesso. Da sottolineare anche la differenza di motivazioni a seconda del censo: per le famiglie che arrivano con difficoltà alla fine del mese la contrazione dipende in prevalenza dalle minori disponibilità economiche; per i nuclei più abbienti pesano soprattutto le misure di contenimento e la paura del contagio.
La seconda cosa che si nota è la proiezione verso il futuro: nei prossimi tre mesi più di un quarto delle famiglie pensa di ridurre i consumi alimentari e simili non durevoli (abbigliamento, beni e servizi per la casa). Certo può aver pesato il momento in cui è stata condotta l’indagine, solo due o tre mesi fa la luce in fondo al tunnel sembrava molto più fioca; ma certo è lunga.