L’anno scorso Bruno Barbieri si era già cimentato nella produzione (più o meno) e vendita (sicuramente) di un panettone a suo marchio: operazione da cui non era uscito benissimo, a causa di una scarsa trasparenza di informazioni su dove il lievitato fosse prodotto e da chi, scoperchiando un vero e proprio vaso di Pandora sul mondo dei panettoni griffati da grandi chef. Un polverone, partito da Dissapore, che è poi arrivato a porre la questione anche sui canali di comunicazione ben più trasversali.
Per quanto il dolce natalizio del giudice bolognese di Masterchef fosse anche un buon prodotto, realizzato in una pasticceria di chiara fama, il punto non era quello, bensì che da consumatori non siamo riusciti ad avere quella informazione, sacrosanta e doverosa, finché non ci siamo trovato fisicamente in mano un esemplare e rigorosamente dopo l’acquisto. Esperienza che evidentemente non lo ha turbato più di tanto ma da cui, forse, ha almeno tratto un insegnamento sulla chiarezza: per la sua nuova linea di prodotti dolciari infatti non ci saranno certo possibilità di fraintendimenti visto che il suo volto apparirà sulle nuove confezioni di Motta.
Motta brand premium
Nel comunicare l’operazione, Bauli non ha fatto mistero della strategia: l’obiettivo è rendere Motta il brand premium del gruppo e, a quanto pare, i responsabili marketing del marchio devono nutrire una grande fiducia nei confronti dello stilosissimo presentatore di “Quattro Hotel”, perché gli hanno appioppato una bella responsabilità e un discreto pacchetto prodotti: panettoni (ben cinque) e pandoro, certo, ma in arrivo c’è anche un nuovo prodotto “Il Mottino”, un panino dolce alla frutta con pesca, mango e limone, un pain au chocolat e altre viennoiserie (terreno di confronto alquanto spinoso), e pure una rivisitazione dei Bucaneve, con aggiunta di caramello.
In attesa di vedere se questa con Barbieri sarà una collaborazione lunga e definitiva o magari solo la prima di tante con volti noti della gastronomia, prendiamo atto di una cosa: Motta ha chiaramente preferito scegliere un testimonial più televisivo che, diciamo così, “tecnico”, optando per un volto noto a tutti piuttosto che a qualche fuoriclasse del settore, come aveva fatto ad esempio Algida per i suoi Cornetti Stellati.
Panettone Motta Bruno Barbieri: packaging e ingredienti
La confezione è sicuramente distintiva, con quell’intensa sfumatura di blu che caratterizza tutta la nuova linea Barbieri, e la forma che vuole essere trasposizione tanto della cupola del lievitato, per quanto basso, quanto della silhouette del Duomo di Milano, in un compromesso di poligoni che non sfigurerebbe in una grafica da prima Playstation.
Ingredienti: farina di grano tenero tipo “0”, uova fresche, zucchero, scorze d’arancia candite (11,8%) [scorze d’arancia, sciroppo di glucosio- fruttosio, zucchero, correttori di acidità: acido citrico], burro (latte), uvetta sultanina (9,4%), lievito naturale (frumento), emulsionanti: mono- e digliceridi degli acidi grassi; tuorlo d’uovo, miele millefiori (0,7%), pasta di scorze di limone candite (0,5%), sale, aromi, aromi naturali.
Prezzo: €14,90
Panettone Motta Bruno Barbieri: l’assaggio
Afferrando la confezione per il cordino e appoggiando il prodotto sul tavolo, percepiamo subito una cosa: il peso specifico sembra importante, e il tonfo sordo con cui si abbandona alla superficie non lascia certo presagire leggiadria. Ma proseguiamo. Esternamente il panettone tradisce le firme dell’industria, con uno sviluppo e una scarpatura dalle geometrie perfette. Bella brunita la crosta, come la tradizione milanese vuole, e diciamo che le note positive finiscono qui. Al taglio i sospetti sulla struttura non certo eterea vengono confermati: nonostante un’alveolatura fitta e uniforme la mollica è densa e umida, troppo umida, pur riuscendo a contraddirsi risultando secca e spugnosa alla masticazione, sbriciolandosi inesorabilmente al taglio. Ma quale doveva essere in questo caso la firma dello sette volte stellato Michelin?
Vaniglia Bourbon del Madagascar, canditi d’arancia originari della Calabria e miele millefiori italiano: niente di particolarmente originale, ma stiamo pur sempre parlando della referenza tradizionale di una gamma abbastanza ampia. Non ce ne vogliano gli amici calabresi, o se proprio devono prendersela con qualcuno che dedichino le loro contumelie a Barbieri, ma sono proprio gli agrumi ad essere fatali. Dal momento in cui si scarta il panettone dal sacchetto, le narici vengono prese d’assalto da una nota di arancia alcolica, artificiale, che ai più generosi tra i presenti ha ricordato qualche scadente liquore della nonna. Un aroma persistente che si traduce anche al palato e che rende la degustazione anche di una sola fetta praticamente impossibile. A completare il desolante quadro i classici canditi “plasticosi”, che negli anni precedenti alla diffusione dei panettoni artigianali hanno creato vere e proprie fazioni di odiatori del prodotto. Se questa è la media qualitativa del nuovo brand premium Motta partiamo malino, e non basterà un Barbieri a dargli valore.
Perde a mani basse il (facile) confronto con un panettone da supermercato nella stessa identica fascia di prezzo, il Tre Marie, caldamente consigliabile per fare buona figura spendendo una quindicina d’euro. Più in generale, ci troviamo di fronte a difetti poco accettabili da un lievitato industriale. Se è vero che comprare un artigianale a caso è un terno al lotto e bisogna essere ben consigliati per non sperperare randomicamente 50 euro a confezione, l’industria garantisce stabilità produttiva: poca spesa e scarsa resa, per un prodotto probabilmente intriso di vanillina e quantomeno ben cotto. Ecco, nel caso del Motta feat Barbieri perdiamo anche questa certezza.