Il rapporto tra pasticceria e caffè di qualità, questo il tema su cui si è concentrato l’Osservatorio della Pasticceria Italiana nell’anno del debutto. Un progetto che ha preso forma nel 2024 da un’idea di Dissapore e Idea Food & Beverage Lab con main sponsor Le Piantagioni del Caffè, azienda livornese che opera nel settore degli specialty da ormai un trentennio.
Un osservatorio pensato come uno spazio aperto a tutte le figure che operano a diverso titolo nel comparto, un luogo di confronto e uno strumento informativo, a disposizione di ogni roaster, barista e pasticcere. Il report analizza appunto il rapporto tra questi due mondi: caffè di qualità e luogo di fruizione della bevanda: qual è l’evoluzione della pasticceria che fa dell’artigianato e del valore della proposta erogata un punto cardine?
Abbiamo cercato risposte da chi quotidianamente vive il settore dall’interno interfacciandosi con il cliente. Abbiamo sondato percezioni e idee con lo scopo di individuare tendenze e diversi modelli di business, facendo emergere eventuali problematiche e proponendo soluzioni. Il caffè è stato un veicolo per sondare il comparto su diversi livelli, per parlare di filiere, di scelte aziendali, di coerenza e comunicazione, di formazione e cultura. E di scenari sul prossimo futuro.
I focus group
Strumento di indagine scelto per questo primo anno di attività, si tratta una tecnica di ricerca qualitativa in cui un ristretto gruppo di persone, selezionate in base agli scopi di ricerca, si riunisce in luogo isolato per discutere un argomento specifico, guidato da un moderatore esperto. Abbiamo coinvolto pasticceri provenienti principalmente da nord e centro Italia, che operano in contesti anche molto diversi tra loro per proposta e visione, per un totale di 4 incontri. Moderati dai sociologi di Pepe Research, ciascun professionista ha aggiunto tasselli utili a confezionare il report da cui ho estratto alcuni insights .
Il rapporto tra la figura professionale del pasticcere e clienti: i due profili
Eclettico, gastronomo, votato al bello e alla ricerca della qualità nel segno dell’innovazione. I focus group hanno disegnato il profilo del pasticcere contemporaneo: un professionista dinamico, con solide competenze e che sa muoversi sul terreno delle avanguardie. Le pasticcerie che si distinguono maggiormente da questo punto di vista hanno saputo targhetizzare i clienti, che risultano essere più disposti a sperimentare. Più in generale, una volta riconosciuta la qualità della pasticceria per proposta, ambienti e servizio (come evidenziato in grafica) tendono a creare un rapporto di fiducia e si lasciano guidare alla sperimentazione di nuovi prodotti.
I comportamenti di consumo
Il primo mattino rimane il momento di maggior afflusso, costituito principalmente da lavoratori che scelgono il classico binomio cornetto ed espresso o cappuccino, si registra una tendenza crescente, soprattutto tra i giovani, a sperimentare caffè con estrazioni alternative all’espresso. Dalle 9 in poi i ritmi rallentano, cambia anche la tipologia di clientela che solitamente sosta maggiormente nel locale. È a partire da questa fascia oraria che si fa spazio l’opportunità di proporre novità aprendosi alla possibilità di un dialogo con il cliente. Il momento di minor afflusso è la fascia pomeridiana. L’weekend cambia di nuovo passo, più spazio a famiglie e a una clientela più giovane, spesso interessata a proposte più contemporanee. In questo scenario, spesso diversificato per approcci e proposta, il prodotto imprescindibile rimane proprio il caffè. Elemento culturale e aggregativo, rito quotidiano e corroborante, conforto psicologico, è senza dubbio un sorso a cui attribuiamo molteplici valenze. Chi frequenta le pasticcerie lo fa anche solo per bere un espresso, a testimonianza del ruolo centrale della bevanda nelle abitudini di consumo.
I dati sul comparto hanno registrato un + 7% nuove aperture in fascia medio alta nel triennio 2020-2023, individuando filosofie sulle scelte della materia prima, sempre più orientata alla sostenibilità, e proposte sul prodotto finito. In questo scenario troviamo anche la nicchia di operatori già sensibilizzata al tema della qualità del caffè. Come evidenziato nel report, in questi contesti il ruolo della bevanda sta acquisendo nuovi significati simbolici ed economici. Si inserisce con più coerenza nelle scelte con cui vengono selezionate le materie prime, quindi sugli assetti valoriali e di identità. Vale sempre la pena ricordare per chi fosse nuovo su questi schermi, che “specialty” è una definizione che pone al centro di tutto la filiera, l’etica al lavoro, la sostenibilità ambientale e poi certo, anche la bontà e buona fattura di quello che mettiamo in tazza. Non è il V60 che vi prepara l’ottimo barista barbuto in jeans e camicia a quadri a definire uno specialty coffee, semmai tutto ciò sta dietro quel rito.
Analogamente, crescono anche i numeri del comparto specialty, che registra un +12% di piccole torrefazione e locali dedicati, soprattutto nei grandi centri cittadini. Si tratta però di un prodotto ancora molto sottovalutato in termini simbolici ed economici, sia dai clienti sia dagli operatori del settore. Viviamo un retaggio culturale che per certi aspetti rasenta il paradosso, consideriamo spesso identitarie bevande di scarsa qualità, estratte da operatori non formati. Il caffè vive tutt’ora nel pantano della scarsa (o nulla) conoscenza rispetto a filiera, metodi produttivi e commerciali. E questo rappresenta senza dubbio un ostacolo, perché se è vero che il periodo storico impone agli operatori di settore, a chi intende fare qualità quantomeno, una riflessione seria su quello che mettono nel macinadosatore, è altrettanto vero che per fare scelte coerenti, più sostenibili e sensorialmente appaganti servono coraggio e tempo, per investire sulla propria realtà (formazione del personale, attrezzature) e trasmettere questi valori ai clienti.