Mentre la gastronomia diventava moda, Oscar Farinetti realizzava Eataly, il non-supermercato degli “alti cibi”. Poi mangiare bene non ci è bastato più, abbiamo iniziato a farci un sacco di domande, e allora l’imprenditore albese ha aperto a Bologna FICO, il parco divertimenti della filiera agroalimentare. Oggi la sostenibilità è l’unico argomento che pare meritare la nostra attenzione e Farinetti ci costruisce un centro commerciale a tema, in quel di Torino. Ufficialmente “green retail park“, Green Pea, inaugurato stamane per la stampa e dal 9 dicembre a disposizione di tutti, è pronto a dimostrarci ancora una volta che il concetto conta più del contesto.
“Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per la sostenibilità”, si legge all’ingresso, e d’altronde da Farinetti non ci aspettavamo nulla di meno ambizioso, né tantomeno modestia. 50 milioni di euro investiti, 15.000 metri quadri e 200 nuovi posti di lavoro (in barba al Covid) costruiti accanto alla sede di Eataly Lingotto, la primigenia, in quello che non ha certo più l’aria di un parcheggio bensì di un centro commerciale di cinque piani “dedicati a cambiare il rapporto con l’energia, il movimento, la casa, l’abbigliamento e il tempo libero”.
I partner commerciali sono tantissimi, un centinaio, e sono distribuiti sui vari livelli per delineare aree tematiche (più o meno definite, ma poco importa):
- Life: proposte dei Main Partners FCA, Iren, Enel X, UniCredit, Mastercard, FPT Industrial, come Partner tecnologico,Samsung. E poi il Green Pea Discovery Museum,la Città di Torino, Smat, Argo e laLavanderia Naturale Iride.
- Home: oltre 40 Partner tra i quali Whirlpool, Valcucine, Roda, Gervasoni, Riva 1920, Pianca, Rubelli, Artemide, Driade e FontanaArte, sotto la guida del Home Brand Director Pierangelo De Poli.
- Fashion: i “migliori marchi della moda sostenibile italiana e internazionale” tra i quali Borbonese, Timberland, PT Torino, Patagonia, ESEMPLARE, oscalito1936, Drumohr, Giampaolo, Ecoalf, North Sails, Dedicated e Ortigni sotto la guida del Fashion Brand Director Roberto Orecchia. E poi sartoria del passato e del futuro, con la avatar factory Igoodi.
- Bellezza: “le migliori firme italiane dell’abbigliamento”: Ermenegildo Zegna, Brunello Cucinelli, Herno e SEASE – proporranno concept store dedicati a Green Pea. Parallelamente, cosmesi, libri, cultura e cibo, insieme.
Al quarto piano, cioè sul tetto della megastruttura, il Club dedicato all’Ozio Creativo con l’alkemy Spa, il Cocktail Bar e “la prima infinity pool di Torino affacciata sull’arco alpino”. Si chiama Otium Pea Club, curato da To Be srl, ed è ad un primo sguardo la vera chicca di Green Pea: piscina riscaldata e sauna a cielo aperto a fronte di un abbonamento annuale che, da quanto ho capito, costa meno di quello di una palestra mediocre.
N.B per gli appassionati dello storytelling: la spa è fornita di erogatori automatici di storie. Basta premere un pulsante e Platone ti dice la sua, per rilassarsi facendosi una cultura.
Il “Pisello verde” (per il 90% di Eatinvest S.p.a – i cui maggiori azionisti sono le famiglie Farinetti e Nocivelli– e per il 10% della famiglia Orecchia, storici e affermati imprenditori nel fashion a Torino) sarà guidato da Francesco Farinetti, il figlio maggiore di Oscar.
Non sarà, contrariamente a quanto possiamo aspettarci dalla famiglia di Fontanafredda, Eataly e Fico, particolarmente improntato sul cibo. Anzi quest’ultimo ha un ruolo marginale nell’ eco-fatica farinettiana (qualcuno ricorderà il mondo prima di MasterChef: Oscar Farinetti era l’uomo di Unieuro).
Tra gli attori gastronomici coinvolti il ristorante stellato Casa Vicina, che trasla da Eataly Lingotto al terzo piano di Green Pea, e Caffè Vergnano, che entra in gioco con un nuovo pack realizzato in R-PET e il progetto Women in Coffee (nata per sostenere il ruolo delle donne nelle piantagioni di caffè, dove la forza lavoro è per il 70% femminile).
Poi c’è “100 Vini e Affini”, bistrot aperto dalla colazione fino al dopo cena che l’imprenditore torinese Davide Pinto, proprietario del gruppo Affini (nonché dell’omonimo cocktail bar di San Salvario) presenta come “laboratorio di sperimentazione”, specialmente sul caffè sopracitato e sulla birra Baladin, storico produttore artigianale italiano che per l’occasione presenta la sua nuova lattina totalmente apribile, ecologica, riciclabile e riutilizzabile.
D’altronde La Granda, altro marchio indissolubilmente legato a Eataly, darà il pellame degli animali macellati ad alcuni marchi in vendita al secondo piano.
L’impressione, nel complesso, è di trovarsi all’interno di una fiera B2B permanente. In fondo Green Pea è dichiaratamente stato realizzato per i buyer così come per i clienti finali, ovvero noialtri che passeggiamo nella nuova megastruttura, vuoi per curiosità vuoi per comprarci una nuova cucina sostenibile (ce ne sono dai 3.500 ai 30.000 euro, perché “la sostenibilità deve essere democratica”).
L’aspetto ludico e didattico che caratterizza gli altri gigastore nati dal Farinetti-pensiero non mancano; il piano terra si pone per molti versi come un museo per spiegare ai bambini, ovviamente insieme ad Iren, come funziona una centrale idroelettrica. E in effetti gli sponsor in evidenza sono tantissimi: è un po’ come stare in una scuola disegnata da Letizia Moratti.
Poi ci sono quegli elementi di natura scenico-simbolica, come il pavimento che produce energia camminandoci sopra e le biciclette per caricare il cellulare, che ci fanno tanto sognare.
In ogni caso, il primo centro commerciale sostenibile l’ha costruito Oscar Farinetti e ci auguriamo vada meglio di come – sembra – se la stia passando FICO, perché le imprese italiane virtuose (medio-grandi) coinvolte sono parecchie e pare abbiano dato il meglio di se stesse per mostrare, se non altro, l’alternativa sostenibile alla realtà che viviamo.
[Immagini: Chiara Cavalleris e Green Pea]