Che la politica di Coldiretti, di questi tempi come non mai, fosse estremamente focalizzata all’obiettivo lo avevamo capito anche noi. Ma non ci aspettavamo che, all’interno di una realtà che unisce oltre un milione e mezzo di agricoltori, ci potesse essere poco spazio per il dissenso.
L’obiettivo della Coldiretti, ça va sans dire, è fare gli interessi degli agricoltori e degli allevatori. E in questo specifico momento storico la Coldiretti ha chiaramente deciso che il nemico da combattere è la carne coltivata (quella che in molti, Coldiretti incluso, si ostinano a definire “sintetica”, scivolando qua e là in un’informazione parziale, per colpa o per dolo).
Il principio è semplice, ed è peraltro lo stesso portato avanti dal Governo e dal Ministro Lollobrigida: la carne coltivata non è una risorsa, ma un pericoloso concorrente della carne reale. Pure se non sarà mai buona, mai credibile, mai gustosa come una buona bistecca di un animale allevato come si deve, e questo è un fatto. Ma è un fatto su cui Coldiretti e il Governo sembrano non voler puntare, tralasciando che è sulla qualità che si potrebbe fare la differenza, tutelando i piccoli allevatori e il loro meraviglioso lavoro che nessuna carne di laboratorio potrà (né vorrà probabilmente) sostituire. Per loro, il nemico è la carne coltivata, e stop, non vogliono sentire ragioni. E non le vogliono sentire davvero, neanche quando si parla dell’altro tema di stringente attualità per tutti noi, la transizione ecologica. Almeno, a giudicare da quanto è successo a Franco La Cecla, professore di antropologia prima invitato e poi cacciato malamente a un convegno di Coldiretti a Palermo proprio sul tema della carne coltivata.
Coldiretti a braccetto con la destra: ma va’?
A raccontare l’episodio è lo stesso Franco La Cecla, con un articolo su Micromega in cui parla di “greenwashing della Coldiretti” e del fatto che l’associazione vada sempre più “a braccetto con la destra italiana“. In effetti, che su temi come la carne coltivata Coldiretti e Lollobrigida vadano armoniosamente di pari passo, combattendo la stessa battaglia, era cosa che era già saltata all’occhio. Cosa lecita, peraltro, che però – in un’associazione così grande e rappresentativa, ripetiamo – forse dovrebbe lasciare spazio anche a idee differenti, a temi di apertura, in un dibattito che potrebbe essere costruttivo e perfino proficuo per gli stessi agricoltori e allevatori.
Invece, racconta il professor La Cecla, il dissenso non è visto di buon occhio da queste parti. Invitato a partecipare a una grande kermesse della Coldireti sull’argomento della carne sintetica, risponde dicendo che “sul tema le mie posizioni sono le stesse dei compagni ambientalisti, tra cui Greenpeace, ma che mi farebbe comunque piacere dibattere la questione con una organizzazione come la Coldiretti, dato il suo peso nello scenario dell’agricoltura nazionale“.
Così va a Palermo, ascolta il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo “che fa una diatriba molto articolata sui pericoli del cibo sintetico e sul significato della carne sintetica come minaccia a un’idea fondamentale di rapporto con la natura”, prima di fare il suo intervento, in cui spiega “che la Coldiretti può con la sua taglia e la sua influenza fare davvero la differenza nel contribuire a una svolta di eco-sostenibilità nel nostro paese” e che “per essere credibili nel contestare la carne sintetica è importante che ci sia una conversione della industria zootecnica a dimensioni più gestibili, a un rapporto da piccola e media impresa che consenta una gestione meno da catena di montaggio e più da fattoria dove gli animali conducano una vita degna e dove il grande carico del bestiame non pesi sull’ambiente circostante“.
Argomenti ragionevoli, supportati da dati: “in questo momento il settore produce il 24% delle emissioni globali (cioè più delle emissioni globali del settore dei trasporti)”, spiega La Cecla. E “si calcola che l’anno prossimo nel mondo verranno macellati 76 miliardi di animali e che tra vent’anni la zootecnica sarà responsabile del 50% dell’inquinamento mondiale“.
Insomma, La Cecla non parla neanche troppo di carne coltivata, ma si concentra sul tema della transizione ecologica. “Io, non mi sono posto in maniera aggressiva – ci spiega il professore – ho detto che loro sono una grande forza, che può fare la differenza su questo fronte se risolve il problema di dimensioni esistente“.
Certo, magari non è il massimo della delicatezza andare a dire agli agricoltori quanto sia grande la loro responsabilità nell’inquinamento mondiale. Ma La Cecla lo ha fatto in buona fede, provando ad animare la possibilità di una transizione verso un modello più ecologico, più sostenibile, più di qualità. Un modello che tuteli gli allevatori sani, quelli medi e piccoli, che lavorano bene ogni giorno, e che non devono temere la concorrenza della carne “sintetica”, ma casomai insistere sull’enorme differenza che il loro prodotto ha rispetto a un prodotto di laboratorio, in termini di gusto, di eccellenza, di caratteristiche nutritive. “Il problema qui non è la lotta alla carne sintetica, che è chiaramente una scusa per lavarsi l’immagine, anche perché poi Coldiretti appoggia Lollobrigida sul tema dei nuovi Ogm, dimostrando anche scarsa coerenza: qui il punto è che loro stanno cercando una verginità ecologica e non ce l’hanno“.
Un discorso un filo più complesso di “buuu alla carne creata in laboratorio”, che però a quanto pare non è stato apprezzato. Finito il suo intervento – racconta La Cecla – è stato avvicinato dal segretario generale, che gli ha intimato di andarsene immediatamente, minacciando di prendere misure contro chi lo aveva invitato. “Sono davvero rimasto stupito da questo trattamento. Sono letteralmente stato espulso, in una situazione di un livello che non avrei mai immaginato”, spiega La Cecla. “Ma poi c’era questa cosa assurda del volere a tutti i costi che sul palco indossassi il loro logo, quando io ero un ospite esterno che era stato invitato a parlare: io ero allibito“.
“Se fosse a una riunione di partito l’avrebbero cacciata mentre parlava”, pare che abbia detto al professore. Ecco, il fatto è proprio che non vorremmo pensare a un evento di Coldiretti come a una riunione di partito.