C’è qualcosa che non va nelle raccolte punti dei supermercati per aiutare le scuole

Ecco perché, andando controcorrente, dico che le raccolte punti dei supermercati per aiutare le scuole non dovrebbero esistere.

C’è qualcosa che non va nelle raccolte punti dei supermercati per aiutare le scuole

Settembre, tempo di ritornare a scuola. Ogni genitore lo sa: tra i vari argomenti di inizio anno scolastico c’è quello dei materiali per le classi (penne, matite, gessetti, carta igienica, fino ai dispositivi digitali), che da qualche anno si possono comprare anche con i punti del supermercato. Urrà, direte voi. Insomma, dico io. Andrò anche controcorrente – come al solito – ma io le raccolte punte dei supermercati per aiutare le scuole a comprare quanto necessario ai bambini, francamente, le odio, e credo sinceramente che in una società che funziona dovrebbero non esistere. Attenzione: meno male che ci sono, ché in fondo sono un valido e utile aiuto. Ma, nonostante questo, continuo a sostenere che non dovrebbero esistere. Se avete bisogno di una spiegazione sul perché di questa opinione, è presto fatto.

Come funzionano le iniziative per la scuola

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C’è un mondo di non genitori che forse non conosce le tante iniziative di raccolte punti a favore delle scuole. Per loro, le raccolte punti sono – giustamente – quelle con cui ti porti a casa le padelle, le biciclette, un po’ alla Giorgio Mastrota, tanto per capirci (uno che ormai è entrato nel mondo del food, più che in quello delle televendite, ma questa è un’altra storia). Invece, guarda un po’, facendo la spesa da qualche tempo a questa parte puoi aiutare le scuole a comprare gomme e quaderni.

Lo fanno un po’ tutti, ormai. C’è Esselunga con l’iniziativa “Amici di scuola”, il gruppo Spar con “Scuolafacendo”, il gruppo Selex con “Tutti per la scuola”. Sostanzialmente, funziona proprio come per le padelle (con le dovute differenze da insegna a insegna): si raccolgono punti che vengono tramutati in regali o acquisti a favore delle scuole pubbliche. Con conseguente caccia ai coupon che si attiva nelle chat di classe e nelle famiglie, sia mai che i bambini restino senza carta igienica.

Perché il diario scolastico (obbligatorio) di mia figlia è firmato Inalpi? Perché il diario scolastico (obbligatorio) di mia figlia è firmato Inalpi?

Un’iniziativa encomiabile, parrebbe. E in effetti non fanno nulla di male le realtà commerciali ad attivarla.  E ribadisco, l’aiuto che forniscono è valido e concreto. Il problema, qui è – come al solito – l’ingerenza del privato nella scuola pubblica, che ancora una volta apre a un’infinità di quesiti, che nessuno pare porsi. L’unica cosa che si vede è il vantaggio di un’operazione benefica verso le nostre – spesso disastrate – scuole.

Chi deve occuparsi del materiale scolastico?

Il punto è uno e uno solo: chi deve occuparsi del materiale scolastico? Chi deve garantire che i nostri figli abbiano gli strumenti necessari per portare avanti le loro lezioni? Noi, e soltanto noi. Noi, attraverso lo Stato, attraverso le tasse che paghiamo.

C’è il materiale scolastico personale (la cartella, per dire, o i quaderni) che viene comprato da ogni famiglia, ed eventualmente fornito con aiuti alle famiglie svantaggiate. E quello è un punto. Ma che le classi debbano essere attrezzate grazie alle raccolte punti del supermercato è un paradosso dei nostri tempi. Una sorta di riffa in cui chi fa più spesa vince, e contribuisce a rendere più bella la propria classe. La beneficenza scolastica del supermercato, per quanto lecita e tutto sommato ben accetta, è però il fallimento dello Stato, se su quei punti si crea la differenza tra una classe attrezzata e una che non lo è. E, come ogni genitore sa, non è un fatto così inusuale che nelle classi manchi più o meno ogni cosa. Per fortuna che viene in soccorso la bontà dei supermercati, allora.