Cosa succede quando l’editoria si scontra con il formaggio? Che la caseina vince (forse) e l’editoria, che ha già la sua bella dose di problemi, ne esce sconfitta. Soprattutto quando ha a che fare con una questione dibattuta e complessa, come quella del Bitto DOP, il formaggio della discordia. Una Denominazione d’Origine Protetta ad oggi controversa, tanto che alcuni produttori nel 2016 hanno deciso di riunirsi sotto l’etichetta “resistente” Storico Ribelle.
La discordia è tanta da aver creato non pochi problemi a un alpinista, titolare di una piccola casa editrice indipendente (Beno), specializzata in pubblicazioni sulla montagna, Enrico Benedetti
Ma facciamo un passo indietro, visto che pare che ce ne sia bisogno.
C’era una volta un formaggio di montagna, anzi di torrente (visto che da un corso d’acqua prende il nome), il Bitto: un prodotto delle Valli di Gerola e Albaredo e delle Orobie Valtellinesi. Per tutelarne la produzione, all’inizio degli anni Novanta, è nata una Dop, che però non ha convinto proprio tutti quanti. Così è nata la ribellione, contraria a un allargamento delle aree di produzione ritenuto eccessivo o alla concessione dell’utilizzo di mangimi e fermentati industriali.
Così, accanto al Bitto, è nato il Bitto Storico – presìdio Slow Food – o meglio, lo Storico Ribelle visto che, di fatto, la deviazione dal disciplinare non è mai stata riconosciuta legalmente, e di conseguenza c’è stata una rinuncia alla denominazione da parte di Principessa Leila e compagni.
Una storia come altre in realtà, in cui i produttori più duri e puri non considerano la DOP un meccanismo di tutela, ma anzi un meccanismo di contaminazione della tradizione con l’obiettivo finale di una maggiore commercializzazione.
Ma l’editoria, in tutto questo, cosa c’entra?
C’entra perché, tra e varie pubblicazioni di Enrico Benedetti, ultimamente, c’è un libro di territorio: “Val Gerola e Albaredo. Tutte le cime con gli sci”. Un’uscita editoriale che prevede accordi già chiusi con gli enti locali, che ne avevano preacquisato centinaia di copie a scopo promozionale, patrocinando il progetto (con tanto di loghi in bella vista sulla copertina). Se non che la prefazione del libro si permette di fare accenno alla saga della Ribellione del Bitto.
E gli enti locali la prendono male, malissimo, e non ritirano (né pagano) più le copie che avevano ordinato. 650 in totale, ordinate dai Comuni di Albaredo per San Marco, Cosio Valtellino, Gerola Alta, Padesina, Rasura. Altre 200 dal Parco delle Orobie.
“Qualcuno, benché solo via sms, mi ha anche minacciato di querela”, dice Benedetti in una dichiarazione a Repubblica. “È scellerato affermare che se un prodotto stampato è in vendita allora non ci si può appellare alla libertà di stampa per proteggerlo da chi tenta di boiccottarlo economicamente per monopolizzare l’opinione pubblica”, scrive Stefano Mariotti sul blog “schifezzeinvaltellina”, che riporta la discussione del consiglio comunale di Cosio sulla questione, a seguito dell’interrogazione della minoranza. E prosegue: “Chi voleva condannare all’oblio lo Storico Ribelle, col suo agire ha ottenuto esattamente l’effetto opposto, sensibilizzando l’opinione pubblica sulle differenze Bitto DOP/Storico Ribelle e sui metodi poco ortodossi delle amministrazioni per imbavagliare la critica”.
[Fonte: La Repubblica; schifezzeinvaltellina.blogspot.com]