Ci sono quelle cose che, a saperle, non cambia granché, ma a non saperle fa un po’ parvenu. Una di queste è conoscere nel dettaglio la differenza tra astice e aragosta. Diciamoci la verità, lo sanno in pochi perché sono in pochi quelli che li mangiano con una frequenza sufficiente da consentirne un buon grado di familiarità: a meno che non si viva in certi punti del mondo (il Maine e la Bretagna), saltano fuori solo per il cenone di capodanno. Non è nemmeno impossibile confonderli, se li si vede solo da cotti: più o meno hanno la stessa grandezza e lo stesso colore; eppure astice e aragosta appartengono addirittura a due famiglie diverse: l’astice fa infatti parte della famiglia delle Nephropidae mentre l’aragosta di quella dei Palinuridi.
Cos’è l’astice
L’astice, come dicevamo, è crostaceo decapode (otto zampe locomotrici e due chelate nella coda) della famiglia Nephropidae. caratterizzato da un corpo allungato coperto da un robusto carapace e da grandi chele asimmetriche, usate per la predazione e la difesa. Le due specie principali sono Homarus gammarus (europeo), detto anche astice blu, e Homarus americanus (americano) dal colore giallo verdastro; presenti rispettivamente nell’Atlantico nord-orientale e nord-occidentale.
Tra maschi e femmine, le differenze morfologiche includono la dimensione delle chele, spesso più grandi e robuste nei maschi, adattate a combattere e competere per le femmine. Le femmine, invece, presentano un addome più largo e segmenti addominali più sviluppati, caratteristica che facilita la protezione delle uova durante l’incubazione. Entrambi i sessi crescono attraverso mute successive e si nutrono di molluschi e detriti organici. Vivono fino a 50 anni in habitat bentonici, tra i 10 e i 500 metri di profondità.
Tra le due specie principali di astice, quello blu è considerato più pregiato ed è stato recentemente protagonista in eventi internazionali come il G7 e cene di Stato. La sua colorazione è dovuta alla presenza di una proteina specifica che interagisce con i pigmenti del carapace ed esiste anche una varietà estremamente rara denominata cotton candy o astice zucchero filato, caratterizzata da una colorazione blu elettrico iridescente. Vive lungo le coste dell’Atlantico nord-orientale, dalla Norvegia al Marocco, e nel Mediterraneo occidentale e predilige fondali rocciosi tra i 20 e i 70 metri di profondità, dove si rifugia in grotte e anfratti da cui non esce quasi mai, il che rende difficile la sua pesca e giustifica un costo più alto rispetto all’astice americano, che ha una vita più sociale ed è quindi più facile da pescare.
L’astice blu europeo non è attualmente considerato in via di estinzione, ma la sua popolazione è soggetta a pressioni derivanti dalla pesca intensiva e dalla degradazione degli habitat marini ed è quindi considerato una specie a rischio. Le normative europee stabiliscono limiti sulla lunghezza minima catturabile (24 cm), misure che mirano a proteggere le giovani generazioni e garantire la sostenibilità delle popolazioni.
Cos’è l’aragosta
Anche l’aragosta è un crostaceo decapode, ma le sue zampe sono tutte mobili, e appartiene alla famiglia Palinuridae. Non ha chele ma solo due lunghe antenne sulla testa, più lunghe di tutto il corpo e sulla testa ha anche due spine divergenti, entrambi sono strumenti di difesa. Sulla superficie del carapace ha anche degli aculei. A differenza dell’astice vive in ambienti marini caldi e temperati, e il suo habitat può arrivare a 150 metri di profondità.
La specie più comune è appunto l’aragosta comune (Palinurus elephas) che vive nell’Atlantico nord-orientale e nel Mediterraneo. Può raggiungere i 50 cm di lunghezza e un peso di circa 4-6 kg (per la cucina è meglio sceglierne di piccole, attorno agli 800 grammi, perché più grandi appartengono ad esemplari vecchi e dalle carni meno delicate). Altra specie abbastanza diffusa è l’aragosta americana (Panulirus argus): tipica dei Caraibi e dell’Atlantico occidentale, si distingue dalla comune per un colore arancione acceso. Infine c’è l’aragosta spinosa (Palinurus ornatus): diffusa nell’Oceano Indiano e Pacifico, che è caratterizzata da un carapace decorato con macchie e linee gialle.
Anche le aragoste, come gli astici, sono caratterizzate da dimorfismo sessuale. I maschi sono più grandi e con un carapace più duro; mentre le femmine hanno un addome più largo per ospitare le uova durante la fase di incubazione e sotto il ventre presentano delle zampe più lunghe, in modo che siano capaci di trattenere le uova. La carne delle femmine è considerata più pregiata.
L’aragosta, in particolare la aragosta comune, è considerata una specie vulnerabile in alcune aree a causa della pesca eccessiva, che ha ridotto significativamente le popolazioni in passato. Nonostante sia ancora classificata come Least Concern (LC), ovvero preoccupazione minima, nella Lista Rossa IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), molte autorità locali e organismi di conservazione hanno implementato regolamentazioni per proteggerla. Ad esempio, l’aragosta europea è inclusa nell’Appendice III della Convenzione di Berna, che tutela la fauna selvatica e i suoi habitat in Europa, a causa del rischio concreto di sovrasfruttamento. Il ciclo vitale complesso e lenti tassi di crescita dell’aragosta la rendono particolarmente vulnerabile alla pesca eccesiva.
Una particolarità dell’aragosta è che i suoi telomeri, le cellule addette alla ricostruzione dei tessuti, non smettono mai di funzionare, dunque non sono esseri che muoiono di vecchiaia; le cause di morte sono collegate a virus e infezioni che possono contrarre durante la muta del carapace. Per questo, la tutela dei mari e della salubrità delle acque è fondamentale per la loro salvaguardia.
Astice e aragosta: le differenze e come riconoscerli
Se volete andare sul sicuro senza studiare troppo puntate sugli elastici: gli astici li hanno per tenere ferme le chele, le aragoste no perché sono naturalmente prive di chele. L’altro dettaglio importante è il colore: le aragoste crude tendono tutte al rosso o all’arancione, gli astici crudi al blu o al verde.
Se volete andare più nello specifico perché siete un po’ nerd ecco un vademecum.
- Chele: gli astici le hanno le aragoste no.
- Aspetto del carapace: liscio quello dell’astice, diviso in sei parti e spinoso quello dell’aragosta.
- Colorazione: marrone giallognolo o blu scuro a puntini gialli, o ancora tutti blu sono gli astici; da marrone rossastro ad arancione sono i colori che si trovano nelle aragoste crude, a volte con striature gialle.
- Sapore e consistenza della carne: la consistenza della carne dell’astice è più soda e fibrosa, l’aragosta ha una carne più dolce, morbida e scioglievole.
- Dimensioni e peso: l’astice in commercio solitamente è lungo 30 o 40 cm, anche se può arrivare fino a 50, e ha un peso di 400 o 600 grammi, viene considerato una mono porzione per un piatto, o una doppia porzione per un antipasto. Le aragoste sono generalmente più corte e più tozze, un esemplare di 25 cm pesa circa 1 kg, e può servire abbondantemente due persone.
- Prezzo: il prezzo di entrambi è abbastanza variabile, con il picco che si raggiunge durante le feste. Generalmente l’astice si situa introno a 50 euro al kg, mentre l’aragosta sta piuttosto intorno ai 75, ma non è impossibile trovarla a 100 euro al kg.
Quale scegliere tra astice e aragosta
Ovviamente la risposta è: dipende. L’astice ha una carne soda e, se ben cotto, è particolarmente appagante e può essere un’ottima base per alcune ricette classiche. Le ricette più comuni per l’astice sono le celeberrime linguine all’astice, o l’astice alla catalana. Entrambe queste ricette possono tuttavia essere preparate anche con l’aragosta, per un risultato più delicato: nelle linguine la carne dell’aragosta tenderà a sfaldarsi. In generale però le ricette con l’astice sono di più, in parte per il prezzo più accessibile, in parte perché si tratta di carni più facili da usare per consistenza.
Il consiglio però è questo: se investite in un’aragosta, bollitela e servitela tale e quale con solo un po’ di olio e il limone: sarà particolarmente godereccio spezzarne romperne il carapace (sulla pancia perché sul dorso è troppo duro) ed estrarne la grossa polpa da mangiare con coltello e forchetta.
È fondamentale acquistarli vivi, perché entrambi hanno dei batteri nelle carni che li fanno deperire molto presto dopo la morte e che sono molto pericolosi per la salute umana, con la bollitura da vivi si elimina dunque questa proliferazione batterica. Un altro modo, più sadico, ma assolutamente efficace di cucinare questi crostacei vivi è la grigliatura su braci non troppo roventi, un metodo che funziona bene soprattutto con gli esemplari più piccoli.
Infine se volete risparmiare, in commercio esiste l’astice congelato, il più delle volte si tratta di astici americani, precotti e poi congelati, proprio per evitare la proliferazione batterica di cui sopra. Sono una buona soluzione per il portafogli: in genere si aggirano sui 15 euro l’uno, ma hanno una consistenza leggermente più fibrosa e un sapore leggermente più slavato.