Da quando ho cominciato ad appassionarmi al mondo del tartufo ho imparato almeno due cose: la prima è che il tartufo è un mondo tutto sommato piccolo, che gira intorno a un prodotto che nel tempo si è fatto conoscere sempre di più al di fuori di uno stretto giro, ma di veri e profondi appassionati, degustatori e cercatori.
La seconda è che ci sono contesti in cui il tartufo è un elemento congenito e famigliare. Contesti lontani dal mio, che profumano di tartufo e che vivono questo prodotto in modo sacrale. Per esempio le Langhe, territorio di tartufai eccezionali, sede di un congresso di fama internazionale, dove il culto del Tuber è ben radicato e tramandato. Ad Alba – e non solo – si trovano i veri nerd del tartufo italiano.
Intorno al tartufo, prodotto ricco di mistero e fascino, abbastanza costoso in rapporto al peso, circolano inevitabilmente molte castronerie. Su cui cercheremo di fare luce in 10 punti, 10 curiosità sul tartufo, pur nella consapevolezza di lasciare scoperte molte zone d’ombra. Anche perché la conoscenza del tartufo è l’unico mezzo per affinarne la cultura e il modo più efficace per suscitarne l’interesse.
Il tartufo non è un tubero
Anche se il nome scientifico è “Tuber”, seguito dai descrittivi che esemplificano le tipologie, il tartufo è un fungo ipogeo, che vive in simbiosi con le radici di alcuni alberi. Non è una patata, non è un tubero, non è una radice. È un fungo. Stop.
Il tartufo non va conservato nel riso
C’è un’ampia letteratura che dice il contrario ma, fidatevi, si sbaglia di grosso. Il tartufo va conservato in un barattolo a chiusura ermetica e avvolto in carta assorbente. Il riso nel barattolo ha certamente la capacità di assorbirne l’umidità, ma anche di assorbirne il profumo. Potrebbe venire un ottimo risotto all’aroma di tartufo, con un tartufo che però ha perso tutte le sue caratteristiche organolettiche.
Il tartufo bianco non si cuoce, MAI
Esiste una sola ricetta, segnalata, nella tradizione gastronomica italiana che contravviene a questa regola: è il tegamino alla lodigiana, piatto in cui con il parmigiano le uova e il tartufo bianco vengono cotti a strati in forno. Realizzarlo oggi sarebbe davvero costosissimo, in quanto retaggio di un’altra epoca. Quando i tartufi bianchi arrivavano nelle case dei consumatori più prossimi e non finivano, a prezzi ben più alti, sulle tavole degli appassionati di tutto il mondo
Esistono alcune leggende che collegano le streghe al tartufo
Ma sono, ovviamente, leggende, per quanto affascinanti. Probabilmente nate nell’area del Piemonte, queste storie che legano il tartufo alle streghe originano dall’idea che molti dei raccoglitori usavano la notte per la cerca del tartufo. Le motivazioni sono facili da intuire: riservatezza, silenzio, vantaggio sui competitors dediti anche loro alla cerca, ma di giorno. Non è neppure assurdo leggere che si riteneva che le streghe indicassero ai tartufai la presenza di tartufi giganteschi sotto terra. O che il tartufo fosse il cibo del diavolo.
La più grande Fiera Internazionale del Tartufo Bianco si svolge in Italia
Precisamente ad Alba. La prima edizione ha luogo nel 1929 e viene organizzata da Giacomo Morra, albergatore e ristoratore locale, che voleva celebrare un prodotto molto apprezzato in questa zona. Ad oggi abbiamo superato le 90 edizioni e alla fiera accorrono turisti da tutto il mondo, per ammirare, comprare e assaggiare i tartufi più buoni.
Il tartufo più piccolo del mondo pesa meno di un grammo
Come riporta una notizia uscita nell’autunno 2021, è stato battuto all’asta il tartufo più piccolo del mondo, dal peso di 7 centesimi di grammo, alla cifra di 140 euro. Il ricavato della vendita prodigiosa è stato devoluto in beneficenza.
Esiste un mercato fiorente di tartufi falsi
A nessuno verrebbe in mente di truffare un pomodoro, ma il tartufo ha prezzi ben più appetibili. La cronaca registra diversi casi di vendita di tartufi falsi a prezzi ritoccati. Si tratta di tartufi che provengono da località extra italiane ed extra europee, che vengono profumati per acquisire qualità organolettiche che non hanno. Truffe molto più comuni sono quelle di vendere tartufi di minor pregio (come quelli estivi) come se si trattasse di tartufo bianco, o di tartufo nero pregiato. Oppure di vendere tartufi non italiani, come se lo fossero.
Forse il tartufo bianco si può coltivare
Fino a qualche anno fa avremmo detto che era impossibile, che gli unici tartufi coltivabili sono quelli neri. Ma proprio quest’anno un istituto francese ha sostenuto di essere riuscito nell’arduo intento di coltivare il tartufo bianco. “Il successo, secondo quanto afferma l’istituto nazionale di ricerca francese, arriva dopo diversi tentativi legati alle piantagioni di roverella, la specie di quercia più diffusa in Italia, nonché la pianta tartuficola per eccellenza, alle cui radici sono state legate a micelio, l’apparato vegetativo dei funghi” scrivevamo a Febbraio 2021. Ora non resta che verificare l’effettivo impatto dei tartufi bianchi coltivati sul mercato e sulla borsa dei tartufi.
Il tartufo non si grattugia
Mettete via quella grattugia per favore e procuratevi un affetta tartufi: se avete speso i vostri soldi migliori per un tartufo, allora potete aggiungerne qualcuno in più per l’arnese del vero professionista. I tartufi bianchi non vanno mai grattugiati, ma lamellati a fette sottili, come un petalo che si posa sul palato. Lo stesso possiamo dire del tartufo nero, soprattutto quello pregiato, trattato spesso in modo più aggressivo. La grattugia strappa e non affetta, rovina l’estetica dell’interno del tartufo e ne disperde sia sapore che aroma.
“La cerca e cavatura del tartufo in Italia” sono patrimonio Unesco
La notizia arriva a Dicembre 2021 dopo l’avviamento dell’iter. Questo perché la “Cerca e cavatura del Tartufo in Italia” rappresentano un patrimonio culturale immateriale di conoscenze e pratiche tramandate oralmente per secoli che caratterizzano la vita rurale dei tartufai nei territori tartufigeni italiani. Un ampio sistema di competenze che legano l’uomo al territorio, al cane e al tartufo, in un sistema complesso di interdipendenza che permette la sopravvivenza di un mestiere ma anche di un rituale.