Che cos’è un additivo? Una sostanza naturale o artificiale che aggiunta in piccole quantità al cibo ne migliora certi aspetti (durata, consistenza) senza alterare marcatamente il sapore. C’è una crescente paura rispetto a queste sostanze ritenute a torto o a ragione la causa dei problemi di salute che affliggono molte persone, tipo: intolleranze, allergie, cancro. Spesso la paura è proporzionale all’esoticità del nome dell’additivo (lecitina, glutammato, agar-agar, metilcellulosa) e alla sua introduzione nella dieta umana. Pur rientrando in questa categoria, alcune sostanze non ci impressionano particolarmente, semplicemente perché l’uomo le usa da qualche millennio.
Il cloruro di sodio, il comune sale da cucina, è stato il primo additivo alimentare usato dall’uomo per trattare la carne appena cacciata, probabilmente nella zona corrispondente all’attuale Cina. Se oggi conserviamo il cibo sotto i cristalli bianchi lo dobbiamo anche a quei fantasiosi antenati. Ancora oggi, usando parole come “salario”, ci ricordiamo che il sale è stato per secoli l’articolo più commercializzato e tassato.
Altri alimenti molto conosciuti sono nati per la necessità di conservare il cibo durante i periodi di magra invernali e il sale, insieme all’affumicatura, ha giocato in questo un ruolo fondamentale: il baccalà, le alici sotto sale, tutti i salumi, le verdure conservate in salamoia, i crauti solo per ricordarne alcuni sono nati da una necessità.
L’avvento del frigorifero e il diffondersi del congelamento come tecnica di conservazione ha ridotto progressivamente dal dopoguerra ad oggi l’uso di questa sostanza consentendoci una sempre più facile accessibilità ai prodotti freschi.
Negli ultimi decenni però, la progressiva “industrializzazione” del cibo e il diffondersi del fast-food (quello che gli inglesi definiscono “highly processed food”) ha aumentato il consumo di sale pro-capite fino ad arrivare ad una media di 9-12 g al giorno in molti paesi del mondo mentre l’organismo umano è predisposto ad assumerne non più di 0,25 g.
C’è un ampia letteratura scientifica che dimostra come il sale sia responsabile non solo di disfunzioni quali l’aumento della pressione arteriosa e quindi dei disturbi di tipo cardiovascolare, ma anche che provochi danni ai reni, sia coinvolto nell’insorgenza dell’osteoporosi e sia uno dei principali fattori nell’insorgenza del cancro allo stomaco. Basti pensare che negli anni 30, prima dell’avvento della refrigerazione, il cancro allo stomaco era la prima causa di morte in Europa e in Giappone.
Nonostante l’uso ci sembri innocuo e naturale, per l’industria alimentare il sale rappresenta l’insaporitore più efficiente (e a basso costo) ma il consumo eccessivo che ne facciamo rappresenta uno dei problemi principali per la nostra salute.
E’ meglio saperlo quando ci preoccupiamo di conservanti, emulsionanti, coloranti e dolcificanti, il nostro nemico peggiore ha un nome a noi familiare: sale.