Avvertenza: l’argomento è ancora quello che ha scavato solchi tra i lettori, aprendo varchi tra le schiere. Animali, nutrizione; animali, vegetali e animali. Da qualche giorno ci penso, con un comandamento che mi insegue: l’unica certezza che ho è il dubbio. Non ho verità da dispensare, ma qualche riflessione e molti quesiti. Il primo: nessuno mi ha ancora convinto che un’alimentazione strettamente vegetariana sia davvero salubre per l’uomo. Non esito a credere che l’uomo sia vissuto a lungo con una forte prevalenza di alimenti vegetali, forse anche perchè procurarsi carne per il piccolo e gracile Sapiens non doveva essere così facile. Anzi, proprio qui, qui in Padanìa, fino a pochi decenni fa la carne in tavola era un’evenienza riservata a matrimoni e feste patronali. Non una scelta, dunque, ma una situazione subita, dovuta a una povertà ai limiti dell’inedia. Ora pare che la scelta vegan sia l’ultimo grido radical chic dalle parti del nordamerica.
Non esito nemmeno a credere di poter sopravvivere – bene? male? – a un regime vegetabile: anche se immaginando una vita senza il turgore di una bistecca, o le infinite sfumature dei prodotti del mare non riesco a trattenermi dal pensare che sarebbe una vita un po’ meno bella, un po’ meno completa.
Eppure anche su queste pagine gli interventi più interessanti erano proprio quelli più problematici, più interrogativi che assertivi. Perchè nella vasta gamma delle personali sensibilità resta il ginepraio dei distinguo. Tacchini sì e tassi no, cefali sì e balene no. Già, perchè, che t’hanno fatto i cefali? Cos’è, forse che i cefali hanno quella faccia da pesce lesso mentre il pesce pagliaccio è appena uscito da Alla ricerca di Nemo, e quindi è simpatico e ci fa tenerezza? Allora perchè non riesco a svegliarmi di notte con la coscienza che mi rimorde per questi gamberi? Eppure sento dire No, non riesco a mangiare nulla che abbia avuto occhi, e non riesco a fare finta di credere che sia una tirata post-borghese da panze piene che devono trovare un modo per infliggersi una privazione intellettualmente giustificabile.
L’Italia è il primo paese vegetariano in Europa.
Attorno al taglio di carne c’è una storia, una cultura, e non è – incredibilmente – solo cultura della morte: il giorno in cui si uccideva il maiale in casa era ancora un momento di festa, di convivio, di lussuria, ed era ieri l’altro. Eppure sento dire No, non mangio nulla che sia stato vivo… e trovo assai più urticante la bislacca obiezione Mbeh, il sedano non era vivo?
Alla fine non sono abbastanza iopocrita da nascondere a me stesso che, atteso che posso scampare con carote fagiuoli e patate, la carne si riduce a poco più che un elemento di maggior piacere. NOn nel mille avanti Cristo, non in tempo di guerra, ma qui ed ora. Non resta che consumarne il meno possibile, la migliore possibile.
Ma il dubbio ce l’ho.
[Tabella: Repubblica]