Togliersi il camice da scienziato e tornare in campagna per coltivare riso, frutta e verdura? Let it be. Usare un metodo inusuale per condurre la fattoria, niente biologico e nemmeno biodinamico? Let it be. O meglio, “do-nothing”, un metodo che consiste nell’astenersi da ogni intervento di diserbo, concimazione e potatura, lasciando semplicemente che la natura faccia il suo corso. Il signor Fukuoka, il contadino giapponese di questa storia, si era messo in testa di sperimentare il metodo da quando aveva avuto l’intuizione che la “conoscenza umana applicata all’agricoltura è distruttiva”.
Concetto forte, vero? Eppure, superati i problemi iniziali, il metodo comincia a fruttare. E che frutti! Mai visti prima né gli agrumi, così grossi e dolci, né i prezzi che spuntano al mercato. Molto richiesto anche il riso, che per fortuna cresce abbondante. L’equilibrio della campagna è ristabilito e Fukuoka se la passa bene. Ha più tempo per le amate letture e coltiva finalmente la passione per la poesia.
Riesce perfino a scrivere anche un libro, “The One-Straw revolution“, ripubblicato dopo 30 anni, cioè questa settimana, con la prefazione di Michael Pollan, l’autore del best-seller “Il dilemma dell’onnivoro”.
Ci siete ancora? Ecco, ora che avete letto la storia di Masanobu Fukuoka e del metodo “do nothing”, non avete la sgradevole sensazione che qualcuno vi abbia preso in giro? Chi ha ragione, il simpatico contadino o la scienza ufficiale dei veleni sempre più potenti?