E’ quasi fatta, pare: potremo legalmente distillarci la grappa a casa. La notizia si presta a molteplici interpretazioni; possiamo leggerla in chiave di decrescita, visti i tempi: riscopriamo l’orticello di casa, abbassiamo il livello dei bisogni, e autoproduciamo i generi di consumo. Oppure, possiamo dire che la Lega Nord ha avuto un tralignamento antiproibizionista, limitandosi a osservare quello che nell’ambiente è assai noto: la grappa in casa già si fa da tempo, con buona pace dell’UTIF (Ufficio Tecnico Imposte di Fabbricazione) e delle italiche gendarmerie. Tanto vale ammettere la pratica in quanto legale. Peraltro vige la vendita semi-libera degli alambicchi, il cui impiego è ovvio, anche se, in teoria, limitato da timbri, registrazioni e cavilli. Ma sappiamo come vanno certe cose, sì?
Le voci contrarie al disegno di legge dei senatori Montani e Divina (Lega Nord) fanno capo a Leo Ramponi, vicepresidente provinciale dell’ANAG, (Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa) e ai gruppi più o meno identificabili con le aziende che la grappa la producono a livello commerciale. L’argomento più seriamente opponibile sta nel fatto che l’autoproduzione non preserva da errori di distillazione alquanto marchiani, tipo la presenza d’alcol metilico, ovviamente assente in ogni grappa commerciale. La grappa casalinga è pericolosa per la salute, quindi, quando è malfatta, cioè quando la distillazione finale non taglia via le parti di metanolo – ed ogni enofilo ricorda, purtroppo, gli effetti di questo alcol. Però, siccome qui a Dissapore sposiamo in toto la linea neoleghista-antiproibizionista (ancora mi pare impossibile aver scritto una roba così), ci limitiamo a segnalare che, sul tema, circolano manuali e siti specifici; se passerà la legge, ricordate solo una cosa facile-facile: l’alcol, assunto in quantità appena eccessive, fa malissimo. Punto.