“I cibi zuccherini o altamente calorici attivano nel cervello gli stessi meccanismi delle droghe pesanti”, leggo. E gongolo. Per due ragioni. Primo: sono un’allarmista. Il mio motto è “è arrivato il momento di farsi prendere dal panico”. Quando una nuova infezione esotica si propaga a più di 10 persone, io commento sempre con chiunque mi stia a sentire che la fine è vicina, e “il virus sta mutando” (questa è la mia preferita). Quindi, quando qualcosa di semi-innocuo viene riconosciuto come fatalmente pericoloso, io mi sento gratificata. Chiamatemi Cassandra.
Secondo: io ho un problemino con i dolci. Assomiglia a una dipendenza fisica, ne ha i tratti, eppure gli altri tendono a considerarlo un vizio a cui indulgo per fiacchezza morale (una possibile spiegazione di questo è che, in generale, sono del tutto incapace di resistere alle tentazioni). Esempio chiarificatore. Una sera, dopo cena in un paesino ungherese, sono uscita in cerca di un dolce. Dopo una breve passeggiata mi sono resa conto che tutti i ristoranti e i locali erano già chiusi: chiunque al mio posto se ne sarebbe tornato in albergo rimandando il dolcetto alla mattinata successiva, ma non io. Ho annunciato al mio paziente accompagnatore che mi “sembrava di ricordare” di avere visto un piccolo negozio aperto tutta la notte da qualche parte nella periferia della città, e mi sono poi data ad una frenetica ricerca. Il venditore notturno esisteva realmente, e a quell’ora gli unici avventori eravamo gli alcolisti locali e io, che ho acquistato un Cornetto Algida tra gli sguardi perplessi dei presenti.
Mmm, Cornetto Algida notturno in compagnia di alcolisti.
Ma sto divagando.
Secondo una ricerca pubblicata su Nature Neuroscience, i dati di uno studio effettuato su topi di laboratorio mostrano come lo sviluppo dell’obesità sia connesso a un brusco calo delle sostanze chimiche cerebrali connesse alla sensazione di piacere. Gli stessi cambiamenti che avvengono quando i ratti consumano eroina o cocaina: in poche parole, sono necessarie quantità sempre maggiori di una sostanza per provare piacere. “Queste scoperte confermano i nostri sospetti: l’eccessivo consumo di cibi altamente gradevoli provoca risposte neuroadattative simili a quelle di una dipendenza, conducendo a mangiare in modo compulsivo” dice il ricercatore Paul Kenny, dello Scripps Research Institute della Florida “I meccanismi alla base dell’obesità e della tossicodipendenza potrebbero essere gli stessi”.
Bene. State già correndo verso il frigorifero gridando “Non è colpa mia, non posso farne a meno”? Fermi lì.
Allo stato attuale delle ricerche, siamo ragionevolmente certi che la forte assunzione di zuccheri possa creare una dipendenza fisica nei ratti. Quello che rimane dibattuto è se questo modello possa applicarsi agli umani: altri studiosi sostengono che le quantità di zucchero necessarie ai topi per sviluppare una dipendenza siano “superiori a quelle che gli esseri umani sono in grado di assumere”. Gli esseri umani inclusa me?
[Fonti: foodnavigator-usa.com, Nature.com Immagine: smartbombs.wordpress.com]