Il Cappero a Vulcano: la cucina è un algoritmo impazzito, per non parlare del tramonto

Il cappero: recensione del ristorante stellato del resort Therasia, sull'isola di Vulcano, con menu e prezzi

Il Cappero a Vulcano: la cucina è un algoritmo impazzito, per non parlare del tramonto

Siamo in mezzo all’incanto dell’isola di Vulcano, la più a sud delle Eolie, distante appena cinquanta minuti di aliscafo da Milazzo.

Pochi abitanti, vissuta in funzione dei turisti, li accoglie in un modo che non si dimentica: il piccolo porto di Levante, una breve salita e l’odore di zolfo diversamente piacevole, addirittura nauseabondo nei pressi dei fanghi, dove la sensazione di trovarsi dentro un cratere si fa concreta.

Una strada asfaltata percorre l’isola dalla scalo, all’inizio tra bancarelle, souvenir e spiagge nere. Poi diventa vieppiù spopolata, selvatica e affascinante.

Chiude il percorso Therasia, il resort con terrazza dove la vista lascia senza respiro: Lipari galleggia maestosa sull’acqua con i due faraglioni a punteggiare il mare come gocce d’inchiostro in un foglio bianco.

Il ristorante del resort –una stella Michelin– si chiama Il Cappero, come molto altro sull’isola. Da due anni lo chef è il trentenne palermitano Giuseppe Biuso. Curriculum in ordine, certo, ma chi si aspettava che tra i suoi piatti si annidassero piccole prelibatezze che da sole valgono il viaggio fino a qui?

Design e ambiente

Le maioliche della cucina a vista colorano la quiete dello spazio dominato dalla pietra color zolfo.

Ma qualunque scelta d’arredo, per quanto originale o riuscita, passerebbe in secondo piano davanti allo spettacolo del tramonto.

Se c’è un primato che le Eolie contendono al resto del mondo è quello dei tramonti più spettacolari, e su questo vale la pena soffermarsi un attimo.

Attira. Ipnotizza. Stordisce. Accende il colore turchese del mare di calde nuance dorate. Regala una vista incomparabile su tutte e sette le isole. Merita di essere visto una volta nella vita.

Il servizio

All’inizio il tono declamatorio del maître nel presentare “Cucunci”, uno dei menu degustazione, così come la teatralità del servizio imbarazza parecchio. Battute e risolini contenuti, poi ci si abitua, anzi, la cosa diventa divertente.

Più sbarazzino ma volutamente sopra le righe anche Andrea Prizzi, che presenta una carta dei vini dalla fattura originale, un tomo che strappa sorrisi proponendo vini “cantati in versi” o “versi d’amore” di cui il sommelier è l’autore, alternate a immagini di opere classiche.

La cucina e tutti i piatti provati

Rosso si SFERA

Prezzo 35 euro

Con irruenza, Giuseppe Biuso ruba la scena al tramonto, che in un posto come questo è suo alleato ma anche avversario. Lo mette direttamente nel piatto.

Barbabietola e crumble di lamponi all’esterno, dentro invece gambero rosso di Mazara. Quindi maionese di teste di gambero, peperoncino, tartare cruda e cotta.

Un’altra caponata di melanzane

Prezzo 35 euro

Dalle sfere ai cubi: accomodamento minimal degli ortaggi fritti che compongono la caponata siciliana.

La melanzana, cioè l’ingrediente principale, si trova al centro del piatto (è quella che sembra un barbapapà) ricostruita grazie a una crema ricavata dalla sua buccia arrostita.

Caldo e freddo si alternano, per rispettare l’abitudine di servire la caponata in entrambi i modi. Anche la forma cubica di altri elementi del piatto ricorda il classico taglio a dado della melanzana.

Il cubo più grande racchiude gli ingredienti della caponata, insaporiti da una doppia panatura e fritti di nuovo.

Completano il piatto: alcune gocce di salsa agrodolce, la parte fresca, cioè il sedano croccante, infine la polvere di olive e capperi.

U sceccu… non è una bufala

Prezzo 30 euro

Omaggio all’asino, ancora oggi impiegato, specie nelle isole più remote, come mezzo di trasporto.

L’infantile cialda d’asino rappresenta l’animale nudo e crudo. La tartara d’asina è avvolta da un involucro di mozzarella di bufala sormontata da sfilacci di carne d’asino affumicata.

Sopra viene fatta colare una centrifuga di arance, carote e mele: alimenti dati agli asini per spronarli a lavorare che qui incidono su acidità e dolcezza del piatto

Bianco mangiare

Prezzo 30 euro

Il gioco dei piatti, da intendersi qui come meri contenitori di cibo, inizia a farsi serio.

La cloche raffigura un cappello da chef, all’interno del colletto c’è il bianco mangiare, qui in versione salata.

La trasformazione del tipico dolce siciliano a base di mandorle prevede gnocchi di seppia oltre a quelli di patate, sopra i quali svetta un croccante di mandorla. Intorno: crema di mandorle, albume e olio; sul fondo del piatto una fonduta di caciocavallo ragusano.

Trovate il tutto eccessivo? Può darsi. Ma le difese intellettuali cadono al primo boccone, resta solo un pensiero: passare a quello successivo.

Il tortello a tutto riccio

Prezzo 35 euro

Riccio, ricciola e finocchiu rizzu.

Il ripieno del tortello mette insieme caviale e succo del riccio di mare, salicornia, a parte una ricciola leggermente grigliata e marinata con la liquirizia. La riproduzione del riccio di terra in mezzo al piatto è fatta con maionese al finocchio selvatico.

Una portata irresistibile, vero momento di gloria del menu degustazione, e non solo per appagare la vostra relazione voyeuristica con il cibo.

Anche se, riguardando queste foto, viene voglia di fiondarsi di nuovo verso il Cappero.

La vongola casca proprio a fagiolo

Remake della pasta e fagioli con le vongole. Vongole, fagioli badda di Polizzi, presidio Slow Food tipico del parco delle Madonie, rosmarino.

Pietanza verace, mantecata come fosse un risotto, e accompagnata da una cialda di fagiolo.

Risotto allo sfincione

Fuori menu chiediamo un piatto curioso. Mai capitato un cameriere che porta al tavolo un’ape car? Da queste parti succede ogni sera (tutto materiale per “We Want Plates” il profilo Twitter nato per riportare le pietanze nei loro contenitori naturali, i tanto bistrattati piatti).

Nella lapa (ape) in ceramica il risotto richiama una tipica focaccia palermitana –lo sfincione– street food venduto proprio dalle ape car. Gli ingredienti ci sono tutti: pane, focaccia, risotto mantecato con formaggio ragusano e acciuga, cialda di pomodoro, cipolla e pomodoro in chips.

Pisci spatula “allinguato”

Rappresentazione culinaria di una leggenda locale con accenni pulp.

Passando ogni mattina sotto il balcone dove una bella donna siciliana annaffia il basilico, un moro se ne invaghisce. I due diventano amanti, ma quando la donna capisce che il moro sta per tornare dalla moglie lo condanna a restare per sempre con lei. Come? Decapitandolo.

Un taglio netto che fa schizzare sangue, fuoco e passione dalle viscere dell’isola, immagine figurata di una deliziosa arancia locale, la sanguinella.

Che in Sicilia, insieme al finocchio si mette in insalata, in questo caso allargata alle olive, a una crema di finocchio cotto alla base e alla spatola (pesce diffuso al sud noto anche come pesce sciabola o bandiera) fritta “a linguata”, cioè dopo una marinatura sotto aceto. Il cui aroma, come vuole la vulgata dei ristoranti d’alta cucina, proviene da una nebulizzazione dell’aceto.

L’agnello in doppia cottura

Prezzo 40 euro

C’è un non detto tra i super impallinati che frequentano i ristoranti stellati dell’isola. I cuochi siciliani, specie se di rango, hanno più di un problema con la carne. Non detto confermato: ecco il piatto meno riuscito del nostro percorso.

Agnello in doppia cottura: terrina panata con lenticchie e lombo. Al contrario di quel che succede nel mangia-e-bevi, piatto tipico palermitano con il cipollotto avvolto nella pancetta, qui è la cipolla a contenere la pancetta. Il ruolo di co-protagonista è affidato alle piccole lenticchie di Ustica, in crema e in insalata, oltre a una riduzione di marsala.

Made in Sicily

Né cassata, né cannolo, ad ogni modo made in Sicily. Come potrebbe essere altrimenti visti gli ingredienti? Zucchero, mandorla, cioccolato.

Mentre assaggiate il più scenico dei dolci chiudete gli occhi: non lo sentite questo suono di marranzano? (Sapete cos’è, vero?)

Prezzi

I menu degustazione principali sono addirittura cinque: “Cucunci” è il più complesso e costoso (140 euro per 9 portate), seguono “Fior di Cappero” (120 euro) e “Siculo” (cinque portate per 100 euro).

Altri due menu degustazione –”Spinoso” e “Inermis”– prevedono solo due portate e costano 60 euro ognuno. Da segnalare “Rupestris”, il menu degustazione vegetariano, e quello senza glutine –”Ovato”– entrambi dal costo di 100 euro.

Per mangiare alla carta si spendono tra 65 e 125 euro.

Conclusioni

La cucina di Giuseppe Biuso è figlia di un algoritmo impazzito: fantasiosa, sorprendente, eccessiva, soprattutto nelle presentazioni dei piatti.

Lo chef palermitano s’iscrive di diritto alla lista prorompente dei giovani cuochi italiani che cucinano benissimo, con la sua rappresentazione giocosa della Sicilia, immersa nell’aura d’incanto che si vive solo intorno a certi tavoli, in certi posti.

Tutto il contesto ci è piaciuto moltissimo. Dovete provarlo.