Ogni anno un gastronomo appassionato torna dalle vacanze con i sensi di colpa per aver usato TripAdvisor: abituati come siamo a guardare con il sopracciglio alzato il fedelissimo che si affida alle recensioni 2.0, o peggio, stravede per i certificati di eccellenza, noi, che dovremmo eccitarci solo per le vetrofanie tappezzate di guide, ci rivolgiamo al famigerato aggregatore di recensioni verde (come la speranza di non beccare una sòla) alla disperata ricerca di foto convincenti.
I luoghi di velleggiatura, i paesini sperduti dove la principale attrazione è il mare o la montagna o, paradossalmente, le mete del turismo vitivinicolo autunnale, diventano chiavi di ricerca sul sito bianco-verde per noi, insospettabili gastrofighetti. Ed è ora che ce ne facciamo una ragione.
Ripassiamo però insieme i vantaggi del nemico
TripAdvisor è capillare come nessuna guida riesce ad esserlo – provate ad andare in vacanza in Sardegna o in Croazia e poi fatemi sapere. TripAdvisor recensisce i locali molto economici: e non sempre in vacanza, quando mediamente esco a cena molto più spesso del solito, ho voglia di investire un piccolo capitale.
[n.d.r. a favore della terapia di gruppo: la mia mania del controllo mi porta a segnare in un taccuino ogni minima spesa giornaliera, lo faccio apposta, perché sono una maschista e voglio impedirmi di essere troppo disinvolta con il portafogli.]
Molti ristoranti e molto economici sono esattamente quello che a casa nostra non cerchiamo, eppure a volte sono l’unica scelta da fare. Certo, c’è anche l’altro fronte, quello che dice che tanto vale andare all’avventura, che anzi la vacanza ne guadagna. Un’idea romantica, ma io ricordo le vacanze da piccola con i miei genitori in cui si andava alla ricerca di un ristorante che ci ispirasse fiducia per 30 minuti, e poi, stremati dal caldo e dalla fame, si entrava nel primo posto utile, che spesso era, inevitabilmente una trappola per turisti.
Dunque bando all’idealizzazione del passato e sdoganiamo una volta per sempre l’idea che, se ti va, è lecito cercare, studiare e organizzare anche in vacanza.
Come si usa TripAdvisor?
Più o meno ciascuno di noi ha la sua ricetta magica, molte delle quali prevedono i “filtri” con cui si ha l’impressione di scremare il più possibile per ridurre la rosa di ricerca all’essenziale. Tuttavia i filtri vanno bene se cerchi qualcosa in un’area abbastanza grande, ma nel tuo paesino in riva al mare probabilmente ci sono non più di una decina di locali tra cui scegliere, la scrematura è già geografica, per così dire.
Le foto di TripAdvisor, una perversione
Ho sempre vantato la capacità di predire la durata della vita e l’eventuale successo di un locale con una breve chiacchierata con il gestore e un’occhiata agli spazi e al menu. Con le foto posso quasi completamente riprodurre questa esperienza in virtuale.
Pensateci: le foto di TripAdvisor sono rimaste l’unico porto franco di verità nel web (dalla redazione mi costringono a scrivere che anche le recensioni di Dissapore si salvano, e non è un caso se pure le nostre foto non sono un granché): niente filtri, niente inquadrature studiate, no cavalletti, luci e soprattutto niente facce. Nemmeno quelle caricate dal gestore sono belle. Come possiamo non amarle?
Dalle foto si capiscono molte cose: ci sono le porzioni pantagrueliche, che di solito raccontano di una trattoria bisunta e soddisfacente, ci sono gli impiattamenti da brividi (l’orma della forchetta tra la polvere di cacao) da cui mi par di intravedere il sedicente chef, di solito sgarbato e che si dà troppa importanza. C’è il colore del sugo al pomodoro, se c’è una sfumatura arancione ci hanno messo un quantitativo di olio disumano, in cucina c’è una donna di una certa età o un maschio con una cursus honorum nelle trattorie del camionista.
Ci sono i bicchieri di vino e le bottiglie in cui si intravedono le etichette, che raccontano la cantina meglio che una qualunque carta dei vini. Ci sono, se siamo fortunati, pure le foto degli scontrini e dei menu.
La chimera delle recensioni dal basso
Se sono in Italia le recensioni non le leggo nemmeno, a meno che non ce ne siano dieci di fila tutte negative tendo a non fidarmi, e anche in quel caso preferisco guardare le foto. Se fai questo mestiere conosci almeno un paio di ristoratori che ti hanno detto che il ristorante della concorrenza gli ha scritto delle recensioni false e loro gli hanno ricambiato il favore.
Le recensioni non le leggo nemmeno perché odio trovare le risposte da stronzi dei gestori, more italico già eccellentemente narrato. All’estero un’occhiata alle recensioni mi capita di darla, e soprattutto, per l’animo secchione di cui sopra, non disdegno da fare una collazione tra Yelp, Google e TripAdvisor, cosa che qui da noi è ancora assai prematuro fare.
E poi diciamoci che la chimera della partecipazione dal basso tramite piattaforma digitale sta finalmente mostrando tutti i suoi limiti, e noi possiamo continuare a sentirci profondamente alteri davanti a quella recensione entusiasta: “posto consigliatissimo, pensate che ci hanno portato una ciotolina con una zuppetta in omaggio prima di mangiare quello che avevamo ordinato”.