Siamo da Trecca – Cucina di mercato – a Roma, trattoria dai piatti tipici romani con influenze pop, di recente apertura. La nostra recensione.
Ogni mangione ha una rete di mangioni: persone con cui si discute, di cui ci si fida oppure mancoperilc*zzo, da cui si accettano consigli o in silenzio si rubano segreti.
È un network subcosciente ed estesissimo, in cui le notizie e le novità sulla scena ristorativa si propagano dirette come telegrammi, oppure librandosi nell’aria come una nebbia, o un presentimento, che avvolge a banchi alcune fasce della collettività senza mai esplicitarsi.
Ecco, nella mia rete ogni tanto si scatenano delle ondate di entusiasmo in cui tutti cominciano a parlare o a discutere, ognuno in maniera apparentemente indipendente dagli altri, di un preciso nuovo locale e di una stessa nuova apertura. E allora sembra una frenesia, una febbre. “Ma ci sei stato da…? Eh bona la carbonara lì, però voi mette quella de…?”
E insomma, posti che cadono sulla bocca di tutti, passano tutti per must imperdibili, poi risultano a volte destinati a rimanere, spesse altre invece si rivelano fuochi di paglia (o di pajata).
Così, qualche mese fa, ha fatto la sua comparsa sulla rete gastroneurale Trecca, “cucina di mercato” stretta tra viale Cristoforo Colombo e la Garbatella.
Essendo letteralmente a due passi da casa mia, non ho esitato a visitarlo: eccone una breve recensione.
Trecca Cucina di mercato: il locale
Prima cosa che mi ha colpito, quando seguendo il navigatore sono arrivato da Trecca, è stato il fatto che io quel posto lo conoscevo: non si chiamava Cucina di mercato, nelle mie memorie, però; si chiamava Trecca Bistrot e ci sono passato davanti mille volte senza mai entrarci perché mi aveva sempre dato l’impressione d’essere un pranzificio per impiegati in pausa.
E a quanto pare non mi sbagliavo: da una rapida ricerca, il “vecchio” Trecca risulta davvero essere stato un bistrot per colletti bianchi affamati. Dai menu ancora reperibili in rete si evince avesse aspirazioni gourmet, facesse l’aperitivo, e fosse dotato di una carta ampia quanto priva di piatti che si divincolassero dalla più generica scelta pop-chic (cannolo scomposto, treccaburger, tagliata di manzo con ruchetta e millefoglie di orata, anyone?).
Continuo la ricerca, e scopro che a Ottobre scorso i gestori Manuel e Nicolò Trecastelli sembra abbiano deciso di correggere il tiro ripersonalizzando l’offerta in direzione trattoria tipica.
Una ristrutturata decisa agli interni ha spazzato via gli orpelli da apericena fichetto, mantenendo però una certa aria patinata da osteria contemporanea che è stata fatta virare verso i topos pseudo-grezzoantichi della romanità, dalle insegne con i font anni ’40 alle piastrelle bianche imperanti, dalle illuminazioni neoindustriali alla fontanella pe lavasse le mano al centro della sala, dalla lavagna coi piatti del giorno alle sedie di legno in stile pòra nonna (leggi anche: shabby chic) distribuite tra gli interni e il piccolo dehors.
Il cliché però è interpretato con gusto, anzi direi proprio con classe, ed è animato da una gestione vivace che si riflette nell’accoglienza e nella cordialità del giovanissimo personale di sala (titolari inclusi: Nicolò fa da maître, Manuel guida la cucina).
La profonda revisione degli orizzonti e delle traiettorie è passata naturalmente per la riprogrammazione della carta delle pietanze: via hamburger, tataki di tonno e “tagliata di pollo vegetariano” (wtf), via libera alla “cucina di mercato” del sottotitolo con padellotto alla macellara, trippa, lingua e guancialate varie; pur spesso modificate da tocchi autoriali tutti da verificare.
Nonostante i cambi di rotta improvvisi e tutto ciò che è finto-vecchio (pardon: vintage) mi insospettiscano irrimediabilmente, lungi da me giudicare un posto senza averne testato le qualità. Seduto, ordino e mi lascio ingolosire.
I piatti di Trecca, Cucina di mercato, a Roma
Decido di cominciare con una promettente “Lingua BBQ di fassona in salsa verde” (10 euro).
Il piatto è ben realizzato, il muscolo è fondente e non coriaceo come ci si aspetterebbe da una cottura low&slow, la salsa verde fresca e vellutata, da manuale, con granulometria soffice in evidenza. Nel complesso si sarebbe potuta giovare di una spinta affumicata decisamente più netta e di un pizzico (abbondante) di sale in più – ciò che sconvolge però è la porzione veramente striminzita, troppo: dieci euro per un singolo quadrato di lingua da quattro centimetri di lato non sono perdonabili a nessuno.
La melanzana “bruciata” con pomodorini e marzolina di capra (otto euro) è il piatto che in tutta la serata e più da vicino mi fa sentire sul collo lo spettro del vecchio bistrot Trecca: piatto onesto e tutto sommato gustoso ma senz’anima, buonino nella sua banalità. Per riproporre la milionesima incarnazione del giochetto melanzana al forno + pomodoro + formaggetto non serviva un genio; né probabilmente a chi voglia mangiare una cosa del genere serve andare a cena fuori.
Buona e decisamente originale invece la trippa fritta con salsa di pomodoro e pecorino romano (nove euro), anche se decisamente sbilanciata sul lato pornografico del diorama gastronomico. Per quanto a tratti troppo tenace da masticare si rivela gratificante in maniera a dir poco curiosa, nel senso che il desiderato richiamo alla ricetta tipica romana (la salsa di pomodoro e il formaggio grattugiato), unito alla doppia panatura, finisce senza volerlo più per ricordare un chicken parmesan di proibita memoria statunitense che la tradizione testaccina. In ogni caso, piatto abbondantemente promosso.
Perfetta, senza bisogno di appelli né però, è invece l’amatriciana (dieci euro), tra le migliori provate in città, cotta al chiodo, concentratissima, vivace; con un ottimo pomodoro, pecorino a non finire e un guanciale al quale manca solo la parola. Vale il viaggio.
Non viaggia sugli stessi livelli la carbonara (dieci euro), che risente di qualche piccolo problema tecnico: l’uovo marcatamente “lento” prelude all’attacco di una parte aromatica sbilanciata, troppo sapida e dominata eccessivamente dal pecorino; che finisce per prevaricare e spingere nell’angolo persino quel gioiello di guanciale gustato a pieno nel piatto precedente. Tutto sommato si tratta di una buona carbonara, che potremmo definire “ignorante” se prendiamo per buona l’interpretazione del vocabolo più accreditata nel gergo delle trattorie romane: ossia nell’accezione di carica, decisa, genuina.
L’Empireo cittadino dei primi piatti però è un’altra cosa, e per entrarci l’ignoranza va lustrata e smussata con un’educazione culinaria di livello superiore.
Forse questo manca al locale, un periodo di apprendistato sotto la guida di ristoratori e cuochi di più lungo corso – impossibile però fare una colpa della ridotta esperienza a un ristorante gestito da ragazzi che ha avuto il coraggio di cambiare radicalmente corso, con innumerevoli aggiustamenti di rotta, dopo appena nove mesi. Bisognerà tenerli d’occhio.
Concludiamo con le polpette della nonna, fuori carta. Saporite, non trascendentali, pagano una texture leggermente asciutta e lo sproposito d’aglio inserito nell’impasto che rimpiangerò a suon di ruttini per le successive ore. Buono il sugo, ma non abbastanza da giustificare il piatto.
I prezzi di Trecca, Cucina di mercato
Antipasti da otto a dieci euro, primi tra dieci e dodici, secondi quindici-diciassette, dolci del giorno a sei: al netto dei primi, in linea con la concorrenza, su antipasti e secondi si registra un markup del 5-10% rispetto alla media cittadina dei pari livello, che alla luce di certe sbavature e di porzioni non esattamente generose su alcune preparazioni non sempre risultano giustificati. Ricarichi sui vini, al contrario, particolarmente onesti; anche considerando una carta che propone un buon numero di biologici e naturali entro i quali trovano posto, a saperle vedere, alcune rarità notevoli.
Trecca, in definitiva
La svolta romana di Trecca si rivela tutto sommato positiva, e concede alcune piacevoli sorprese in cucina regalando dei guizzi di assoluto valore su amatriciana e trippa. Al ristorante il grande merito di aver scelto di proporre un’alternativa di dining di discreto livello in una zona della città che ne era quasi totalmente priva.
D’altra parte c’è molto lavoro da fare, per sintonizzare la qualità dei piatti su un livello medio coerente ed intonare le dimensioni delle porzioni tra le pietanze, ed ai prezzi. Apprezziamo che dietro le parvenze dell’ennesima declinazione di trattoria romana in chiave hipster si celi uno spirito vivace e sincero, dal buon potenziale, che dovrà però giovarsi di studio e pratica per entrare nel carniere degli indirizzi imprescindibili.
Informazioni
Trecca – Cucina di mercato
Indirizzo: Via Alessandro Severo 222, Roma
Numero di telefono: 320 044 2178
Orari: Lunedì-Domenica 20-23
Sito web: facebook.com/treccacucinadimercato
Tipo di cucina: romana tradizionale con influenze pop
Ambiente: informale e accogliente
Servizio: simpatico e cortese