Amo le tovaglie. Le adoro. Ognuno ha le proprie perversioni: c’è chi va matto per il latex, chi per il velluto, a me piacciono il cotone e il lino delle tovaglie.
Si badi bene: non ho bisogno di quelle di Fiandra che arrivano a terra, anzi, quelle mi fanno venire caldo al solo guardarle. Ma la tovaglia semplice da trattoria, quella bianca o crema, con il sottotovaglia ocra… beh, quella la adoro.
Lo scrivo perché le tovaglie stanno morendo. L’altra sera ero a cena con un amico che ha una lavanderia industriale e mi diceva che il business sta finendo.
La tovaglia nei ristoranti sta scomparendo.
[Attrezzature, pentole e fornelli: quanto costa gestire un ristorante stellato]
[Il coperto (da 10 euro) è ancora in agguato: Il buonappetito]
Nelle trattorie vince spesso la tovaglietta –e invece quanto sono belle quelle a quadri o, semplicemente, bianche?–, le soste moderne ormai hanno deciso che per essere contemporanei bisogna mangiare direttamente sul tavolo. Non metto in discussione questioni igieniche –per carità, do per scontato che se un locale gastronomico poggia le posate sul legno quello sia ben pulito–, ma esclusivamente sensoriali.
Mi piacciono i tessuti, mi piace toccare la trama della tovaglia, mi piace persino quando si spatacca perché cade una goccia di vino, perché schizza una chiazza di sugo. Nei posti eleganti mi piace quando arriva il cameriere a togliere le briciole, in quelli popolari mi piace togliermele da me ammonticchiandole con il coltello.
Credo di capire la modernità, e il suo desiderio di essenzialità, di nitore, di pulizia, di sottrazione (e il risparmio per i posti pop).
Ma La tovaglia è essenziale, nitida, pulita.
Ve la state prendendo con il nemico sbagliato. Lasciate in pace le tovaglie, diamine, prendetevela, chessò, con i centrotavola. Per quel che mi riguarda i centrotavola possono sparire domani.