Tra le tante cose che abbiamo lasciato indietro con il periodo del Covid, che tutti vogliamo dimenticare, c’è anche l’abitudine di pranzare al ristorante. Vi sembrerà un ricordo lontano, ma prima del 2020 avevamo l’abitudine, tra le 12 e le 14, di sederci a un tavolo di un ristorante, di una trattoria o di un bar, e di goderci una pausa pranzo. Bastavano pochi euro per farla, sicuramente meno di quanti ce ne volessero per una cena, e tutti eravamo soddisfatti del risultato. Lo eravamo noi clienti, che staccavamo un attimo dal lavoro, concedendoci una piccola coccola se non quotidiana almeno settimanale. O che magari potevamo provare – con un prezzo incredibilmente ridotto – la cucina di qualche grande (in sporadici casi perfino grandissimo) ristorante, spendendo una cifra più che ragionevole. La pausa pranzo, a quei tempi, era anzi il modo migliore per approcciare la cucina di alcuni stellati, salvando il portafoglio e facendosi un’idea del tal chef o della tal meta gastronomica.
Contenti, a quei tempi, lo erano pure i ristoratori, che in effetti sulla pausa pranzo avevano un bel guadagno, in quanto riuscivano a fare numeri, talvolta anche più che a cena. Poi, è arrivato il Covid, e tra le cose su cui sembra non si tornerà mai più indietro c’è appunto la pausa pranzo.
La ristorazione del dopo-Covid
La pandemia, nel settore della ristorazione, ha lasciato segni indelebili. Tantissimi, in effetti. È stato uno dei settori che ha più sofferto il periodo di lockdown, quando tutti eravamo chiusi in casa e uscire a cena era soltanto un sogno per il futuro, se mai il futuro fosse migliorato. Lo stesso settore, subito dopo la riapertura – e non senza difficoltà dovute a distanze di sicurezza, green pass e regolamentazioni varie, più o meno ragionevoli – è stato beneficiato da uno spirito di positività: tutti volevano recuperare i mesi di socialità persi, e il modo migliore per farlo era andare al ristorante. Quindi, boom di prenotazioni, non si trovava più un tavolo libero, anche perché in quel periodo erano comunque dimezzati.
Ora la situazione sta tornando alla normalità: i ristoratori generalmente lamentano una nuova crisi, ma la sensazione è che – complice anche una crisi economica dilagante – si stia lentamente rientrando ai ritmi pre-Covid, anche se tutti si sono facilmente abituati ai numeri del boom del fine pandemia. Insomma, la gente ora – dopo aver fatto il pieno di libertà sociale – torna a uscire a cena di tanto in tanto, esattamente come faceva un tempo.
Una paio di cose però sono cambiate per sempre, o almeno per molto tempo. La prima è il rapporto con il personale, che sembra essersi stancato – dopo aver visto come si sopravviveva bene anche a casa, tutto sommato – di fare turni massacranti. Sarà stata una concomitanza casuale, ma la ristorazione del dopo-Covid ha improvvisamente dovuto fare i conti con una diminuzione drastica del personale disponibile, e con il fatto che quel personale che c’era avesse delle pretese diverse da prima.
Così, nel ridimensionamento generale degli orari di lavoro, a farne le spese è stata la pausa pranzo. E non è un caso in effetti, perché la pausa pranzo è stata doppiamente vittima del Covid. Lo smart working – altra creatura mitologica nata durante la pandemia – ha letteralmente ammazzato la pausa pranzo: niente più ufficio, niente più pausa fuori ufficio. Il ritorno al baracchino da casa, e la crisi di un modello di ristorazione che vedeva nel servizio prandiale una proposta win win, o forse no, visto che è stata lasciata andare senza la minima lamentela da parte di nessuno.
E invece, è un peccato che la pausa pranzo al ristorante sia passata nel dimenticatoio, e forse sarebbe il caso di ritirarla fuori dal cappello. Chi la mantiene, a prezzi spesso sbalorditivi, ne è soddisfatto, e tendenzialmente è pieno di clienti. Business magari, che cercano un posto elegante per una riunione informale di lavoro. Ma anche appassionati del mondo gastronomico che, come già detto, approfittano del costo minore per avvicinare ristoranti che altrimenti sarebbero proibitivi. Ovvio, il gioco vale la candela solo se supportato da numeri, quindi sta a noi decidere: vogliamo o no il ritorno delle pause pranzo al ristorante?