Driin. “Chi è?”. “C’è un pacco per Lei dal ristorante Del Cambio”. Ecco, non che normalmente rispondendo al citofono si possano provare emozioni forti, ma questa è indubbiamente la conversazione migliore che abbia mai avuto prima di aprire il portone di casa mia.
Neanche la visita di un modello cubano improvvisatosi venditore porta a porta di suoi calendari in déshabillé. Neanche lo scatolone di Amazon con gli acquisti compulsivi dei saldi.
Signore e signori, se volete regalarvi la scampanellata più festosa di sempre, provate Voilà, la scatola magica che porta un pezzetto del ristorante Del Cambio a casa vostra.
L’idea è già nota ai più, ed è quella di Fanceat, giovane realtà imprenditoriale torinese che ha deciso di alzare l’asticella del food delivery, portando a casa dei clienti dei kit d’autore con tutto l’occorrente per preparare una cena gourmet, comprese le istruzioni degli chef su assemblamento e impiattamento delle portate.
Ma qui parliamo del ristorante Del Cambio, il più famoso ristorante torinese di sempre, e di Matteo Baronetto, chef con stella Michelin da cui Dissapore è stato conquistato.
Per questo, dopo l’entusiasmo della risposta al citofono, questo enorme pacco gourmet firmato Del Cambio mi crea un’improvvisa e del tutto motivata ansia da prestazione. Insomma, sarà mica così facile tirar fuori Baronetto da questa scatola?
La risposta, cari Dissaporiani, la potete trovare leggendo qui di seguito il resoconto della mia esperienza con Voilà. Ma vi anticipo la conclusione: no, non è così facile interpretare uno chef stellato, pure con le istruzioni alla mano.
Doverose premesse
Capacità della sottoscritta in cucina: non è mai facile darsi un giudizio, ma un po’ me la cavicchio. Tutto sommato, mio marito non s’è mai lamentato.
Capacità della sottoscritta nell’impiattamento: qua è facile autogiudicarmi, perché quando si tratta di curare l’estetica del piatto sono un disastro. Sono una da porzioni grandi, da mestolate buttate lì. Anzi, non voglio mentire: sono una che – quando può – mangia direttamente dalla pentola.
Composizione di Voilà: nella scatola c’è tutto il necessario per comporre una cena di quattro portate per due persone. Terrina di fegato grasso, quinoa e semi di zucca; lasagna di lattuga di mare e ragout bianco; gamberi e nocciola; bonèt.
Costo di Voilà: 70 euro a persona
Terrina di fegato grasso, quinoa e semi di zucca
Prima di tutto stappo una bottiglia di vino. Buono. Sperando che non infici le mie già discutibili capacità culinarie. Ma se c’è una cosa che so sul cucinare, è che mi piace farlo con un bicchiere di vino in mano.
È bene che mi immaginiate così, giusto perché capiate che all’improvviso, alle prese con un bicchiere di vino e la preparazione dell’antipasto, la mia ansia da prestazione magicamente se n’è andata.
Terrina di fegato grasso
Non sembra complicato: due dischi di pasta phyllo rotondi, una terrina di foie gras (per motivi etici, non sono un’amante del foie gras, ma bisogna ammetterlo: questo è incredibilmente buono) da posizionare al centro, a guisa di Cooky (avete presente? Il biscotto gelato rotondo con le gocce di cioccolato). Il tutto, poi, va passato nella quinoa e nei semi di zucca.
Sembra semplice. Lo è, in effetti, e il risultato è decoroso. Cin, un brindisi a me e al mio antipasto riuscito.
Male: è proprio quando abbassi la guardia e bevi un bicchiere in più, che la vita ti presenta gli ostacoli più duri.
Com’è
Come doveva essere
Lasagna di lattuga di mare e ragout bianco
Eccomi al piatto che mi intriga di più, e che intriga anche mio padre, che accorre dal salotto sentendo parlare di lasagna e rimane un po’ deluso trovandosi davanti un piatto di alghe. Cosa vuoi che ne capisca.
Io invece sono curiosissima di questa variante che accosta il sapore del mare agli ingredienti della classica lasagna: besciamella, ragout, parmigiano.
E allora forza, mi rimbocco le maniche e mi metto all’opera.
La preparazione sembra facilissima, devo solo scaldare prima la besciamella e poi il piatto assemblato nel forno, non senza un po’ di ansia supplementare: si romperà, nel forno, il mio piatto bordato d’oro del servizio buono? Concludo che se Baronetto mi dice di farlo, posso fidarmi. E infatti esce dal forno intatto, con buona pace di chi me l’ha regalato.
Eppure riesco a sbagliare qualcosa, evidentemente, perché il risultato finale sembra un po’ diverso da quello in fotografia.
Ma, a conferma della mia scarsa attenzione all’estetica nonché pessima capacità di impiattare, vi informo che il mio risultato è decisamente più buono che bello.
Buonissimo, direi. Nonostante a questo paragrafo io sia obbligata ad aggiungere un asterisco grosso così (Eccolo: *). Se volete scoprire cosa sta a significare, come per tutti gli asterischi del mondo, dovete aspettare il pie’ di pagina.
Com’è
Come doveva essere
Gamberi e nocciola
La delusione dell’impiattamento non perfettamente riuscito della lasagna mi obbliga a bere un bicchiere di vino in più per consolarmi; la qual cosa mi fa entrare in un circolo vizioso in cui mi sembra di intuire che la resa della mia performance culinaria andrà sempre diminuendo.
E infatti, così è. Se hai modo di leggere, chef Baronetto, sono qui a porti le mie scuse più sentite. Perché con i gamberi e la nocciola ho –-evidentemente-– fatto un pasticcio. E ora sono qui, in ginocchio sui ceci, a ripetermi che devo studiare di più, che devo stare più attenta alle cotture.
Perché se la mia crema di nocciole non è liquida ma densa, è perché evidentemente (di nuovo) non ho capito che dovevo scaldarla, mica cuocerla. E, quando ho scolato i gamberi, ho sentito la voce dello chef che mi urlava di ricominciare tutto da capo, se volevo aspirare a essere un vero Masterchef.
Perciò, perdono. Anche perché questo piatto davvero non meritava di essere trattato così: dal punto di vista gustativo, è un abbinamento pazzesco, riuscitissimo, buonissimo.
Com’è
Come doveva essere
Bonèt
Tiro un sospiro di sollievo, perché questa sembra facile. Dispongo i bonet, dispongo le salse al caffè e al caramello, e mi godo tutto. Di più.
Perché, anche se non è elegante dirlo, le porzioni che Baronetto manda a casa sono più che generose (probabilmente, ha capito che anche i migliori come me possono sbagliare e dover rifare tutto), ed è impossibile resistere alla tentazione di mangiare le creme avanzate direttamente dal sac à poche.
Com’è
Come doveva essere
Conclusioni
Finito Voilà, è tempo di tirare le somme. Non della mia performance culinaria, lì la bocciatura è palese. Ma di tutta l’esperienza.
Mi sono divertita? Da morire. Abbiamo scherzato, ma l’idea di trasformarmi in un componente della brigata di Matteo Baronetto mi è piaciuta un sacco, ed è stato un bel gioco.
Ho mangiato bene? Nonostante la mia evidente incapacità, sì.
Ho mangiato come avrei mangiato al ristorante Del Cambio? In parte a causa della mia evidente incapacità, no. E qui arriviamo alla domanda centrale:
Consiglierei Voilà? La premessa, è che per me una parte importante dell’andare al ristorante sta proprio nell’andare al ristorante. Per quanto possa aver tirato fuori il mio servizio migliore col bordino d’oro, ero seduta a casa mia e non nelle storiche sale del Cambio.
Ecco, per come sono fatta io, preferirò sempre farmi bella, uscire e passare una serata speciale fuori da casa. Ma questo è perché sono chiaramente ancora in fase post-adolescenziale, come non manca di farmi notare mia madre. Per molti altri, l’atout di casa propria è irrinunciabile, e la prospettiva di una cena d’autore domestica, magari per un’occasione romantica, è di indubbio fascino.
Quindi, concludendo, io consiglierei innanzitutto di andare a provare la cucina di Matteo Baronetto, subito.
Poi, senza dubbio, consiglierei un pomeriggio divertente come quello che ho passato io con Voilà (eccitazione da consegna a domicilio inclusa). Di sicuro, mi sembra una soluzione perfetta per un regalo di Natale dell’ultimo minuto: costa meno di una cena fuori, è meno impegnativo (non devo prenotare io al posto tuo), ed è di sicuro effetto.
Asterisco grosso così (Eccolo: *)
Dopo lunghissimi minuti a chiedermi se raccontarlo o tenerlo per me, ho deciso che il dovere di cronaca mi spinge a dire tutta la verità nient’altro che la verità.
E quindi sì, è successo.
Come per i mobili Ikea, quando alla fine, tutto sudato per la fatica dell’aver montato da solo la gigantesca libreria dal nome impronunciabilmente svedese, ti giri tutto soddisfatto, e mentre dici “ce l’ho fatta”, sei obbligato a fermarti a metà frase.
Eccola lì, la vite in più, quella che deciderai di nascondere dicendoti che, tutto sommato, se la libreria sta su, vuol dire che non era poi così importante.
Ebbene, quando a fine prova mio marito mi ha passato un barattolo scuro, chiedendomi se non fosse della crema al cioccolato da mettere sui bonet, mi è apparsa chiara una cosa: non è il caso di mandare il mio curriculum a Matteo Baronetto.
Però, le lasagne di mare erano buone lo stesso, anche senza la salsa di carne da aggiungere alla fine.