La sostenibilità nella ristorazione tira da morire. Se prima eravamo contenti di nutrirci a foie gras e voli aerei solo per andare nei ristoranti più in vista sulle rotte internazionali, ora ci sono altri parametri a fare luce per illuminare la strada: la sostenibilità, l’ambiente, il “green”. Chi sarà il primo a prendersi il merito di scovare e i ristoranti più sostenibili, ripartendo premi “verdi” dalla semiotica vegetaleggiante? La corsa è cominciata.
Ma partiamo dai fatti. Su queste stesse pagine abbiamo parlato pochi giorni fa delle stelle verdi assegnate dalla Guida Michelin in Danimarca, che individuano i ristoranti più sostenibili sotto tre profili: la lotta agli sprechi, la filiera degli ingredienti del territorio, la gestione dei rifiuti. In quello stesso articolo è emerso come nei paesi scandinavi ci fossero già premi e guide con un orientamento specifico su questi argomenti. Nel frattempo The World’s 50 best è stata una delle prime classifiche, forse la più eclatante, a premiare i bar (dal 2018) e i ristoranti (dal 2017) per la loro sostenibilità e a dare ampio spazio a questa tematica. Parliamoci chiaro: non si tratta di guide o premi nati con questo focus, ma di contesti in cui il parametro della sostenibilità è stato inglobato dopo che se ne è percepita l’urgenza a livello internazionale, nonché l’appetibilità.
Inserire un premio “verde”: perché
La domanda è lecita e la risposta è anche ovvia: è un argomento importante. Siamo bombardati da informazioni che pongono l’urgenza sui temi della crisi climatica, su un mondo fatto di profonde disuguaglianze, sullo spreco alimentare, l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse naturali, la perdita di biodiversità. Grazie anche ai movimenti ambientalisti una nuova consapevolezza si è diffusa tra le persone, ma anche nelle aziende, che ha messo al centro del villaggio una chiesa fatta di attivisti ambientali, anche di piccola taglia. Il mondo del vino, quello più vicino e più attento alla terra, è stato tra i primi a dare l’allarme e a segnare il contesto ambientale tra i fattori imprescindibili per valutare non solo una buona bottiglia, ma una buona azienda.
Inserire un premio “verde”: come
Veniamo alle note dolenti. Se i criteri delle guide del “gusto” per così dire, sono sempre apparsi poco chiari, poco scientifici e nebulosi agli occhi dei lettori, degli esperti, e non voglio escludere, di quegli stessi che i premi li ricevevano o li vedevano andar via, se ci muoviamo nel campo della sostenibilità, il terreno si fa ancora più scivoloso e ricco di insidie. Possiamo discutere del fatto che un piatto sia buono o meno buono, che sia realizzato con una tecnica innovativa o meno, che la sala sia efficiente, che la cena nel complesso sia piacevole: per banalizzare possiamo dire che ci muoviamo nel campo della soggettività e dell’esperienza. Le guide sono fatte da giornalisti e critici gastronomici (si presume) che hanno dunque competenza in quella cosa lì. Ma la sostenibilità non è affatto un’esperienza, non è una moda, non è un atteggiamento, è un pratica che, seppure ancora in via di definizione, mette in risalto un equilibrio difficile tra le risorse che si tolgono al pianeta e quelle che si restituiscono. L’impatto ambientale si può misurare, in modo anche abbastanza preciso, non è tanto una questione di opinioni, è proprio una questione di numeri e di strategie per generarli e interpretarli. Cito i sempre ottimi principi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile come promemoria.
Il caso 50 Top Pizza
Ultima nella lista delle guide convertite al verde, c’è 50 Top Pizza. Già nel 2017, quando nasce la classifica, c’è un premio per “l’innovazione e la sostenibilità”, mentre nel 2019 spunta un “Premio pizza Vegana” dell’anno. Nel 2021 la classifica accoglie un nuovo riconoscimento, il premio all’Alta Sostenibilità, il forno verde, “un modo per far conoscere ai consumatori il lavoro dei pizzaioli attenti, che hanno attuato scelte sostenibili. La scelta è stata affidata ai nostri ispettori – dichiara Federico Quaranta, nel corso della diretta – che hanno valutato il rispetto nei confronti della natura, la lotta allo spreco, l’impatto energetico, tutte le buone pratiche messe in campo dai pizzaioli per essere realmente ecocompatibili e sostenibili”. I premiati sono 4: Le Grotticelle a Caggiano (Campania), Pupillo Pura Pizza a Frosinone (Lazio), Pizzeria da Ezio ad Alano di Piave (Veneto), Fandango a Potenza (Basilicata).
Le domande, lecite
Non è la prima volta che davanti a un premio mi assale un fiume di domande e considerazioni, che rimarranno per ora senza risposta. La prima: gli ispettori della guida (di questa, ma vale per tutte) come sono formati sui principi della sostenibilità ambientale? In secondo: se visitano in anonimato le pizzerie, come possono verificare che certi parametri siano rispettati? Chiederanno la Tari ai ristoranti per misurarne lo spreco e la gestione dei rifiuti? In terzo luogo: quali sono questi benedetti parametri, perché vengono premiate queste pizzerie e non altre? C’è un punteggio, una scheda di valutazione, un’ispezione ad hoc? Quindi: perché assegnare un riconoscimento che sa più di marketing che di sostanza, senza restituire profondità al giudizio e chiarezza nella valutazione?
In conclusione
I premi alla sostenibilità sono bellissimi? Caspita se lo sono, almeno lo sarebbero se avessero un requisito fondamentale: la trasparenza. Faccio presente che finché rimaniamo all’interno del gastromondo, possiamo accettare questa approssimazione. Ma nel mondo reale, quello dove le politiche ambientali spostano soldi, decisioni politiche e posti di lavoro, questa vacuità viene considerata inaccettabile. Mettiamoci nei panni di un povero cliente: vedo un simbolo verde sulla pizzeria, e cosa dovrei aspettarmi? Un posto plastic free? Un menu vegetariano e vegano? Un menu con presidi Slow Food? Le soluzioni sono due: o le guide che si occupano di ristoranti continuano a confrontarsi con parametri che sono sempre stati familiari alle guide stesse (il prodotto, il servizio, il menu), oppure si impegnano a dare visibilità a progetti nel segno della sostenibilità ambientale, raccontandone l’iter e i risultati ottenuti. Progetti dunque, strategie e risultati: non marchi e brand premiati tout court per un impegno ambientale ancora da provare.