Se nel 2016 vi siete accomodati al tavolo di qualche buon ristorante siciliano sapete da voi che si è trattato di un anno prospero.
“Tradizione” è stata la parola chiave anche nell’anno che sta per concludersi, spesso interpretata con calore e saggezza. Ma non sono mancati gli chef capaci di eseguire la cucina dell’Isola in modo misuratamente diverso e comunque pieno di intuizioni.
Se invece non siete stati in Sicilia, ma contate di rimediare prima possibile, allora vi tornerà utile la guida di fine anno compilata da Dissapore.
Siamo stati in molti ristoranti siciliani per decidere quali fossero i 25 migliori del 2016, prima di scorrere la lista però vi spieghiamo in breve i criteri adottati per stilarla.
Cucina
Il ruolo dello chef sta cambiando. Ma al netto di questa trasformazione il punto resta quello: la cucina. Aldilà delle capacità comunicative o imprenditoriali, come cucina questo chef? Come abbiamo mangiato?
Atmosfera
Le cose che ci mettono a nostro agio. Al ristorante si va per assaporare, certo, ma anche per capire quello che lo chef vuole comunicarci con i suoi piatti, per assaporare l’atmosfera del suo locale, l’arredo, i colori, i particolari.
Servizio
Il personale è riuscito a farci sentire clienti speciali? Il sommelier è stato il nostro angelo custode, attento a ogni minima esigenza, ma senza risultare invadente? Il maître non si è adombrato per la rinuncia al super-menu-degustazione da nove (9) portate, che francamente non ci sentivamo di affrontare? Anzi ha sorriso compiacente alla nostra richiesta di scegliere un paio di piatti dal menu.
Rapporto qualità/prezzo
Alla fine dei conti, arriva il conto. Ne è valsa la pena? Attenzione, non parliamo del locale più economico, perché anche uno costoso può avere un buon rapporto qualità prezzo. Parliamo di quello che ci permette di fare una vera esperienza culinaria (come si dice oggi).
Coerenza
E’ un criterio che le tradizionali guide dei ristoranti non tengono in grande considerazione. Invece è importante. C’è concordanza tra le portate del menu, tra il luogo in cui siamo e la personalità dello chef?
Pietanze di ispirazione esotica in un ristorante che fa del chilometro zero la sua filosofia c’entrano ben poco. Come il piatto della nonna inserito nel menu del ristorante di un giovane chef creativo soltanto perché di moda.
Bene, detto questo siamo pronti a raccontarvi la classifica dei 25 migliori ristoranti di Sicilia del 2016.
25# NON ASSEGNATO
E’ la posizione che lasciamo alla vostra immaginazione casomai avessimo dimenticato un ristorante in qualche modo decisivo.
*Ci sarebbe piaciuto provare Cuvée du jour di Carmelo Trentacosti, ma a causa di un’apertura stagionale molto limitata non è stato possibile, ecco perché è assente da questa classifica. Rimedieremo il prossimo anno. Non sorprendetevi se mancano i ristoranti delle Eolie: meritano una classifica a parte.
24# ANDREAS (TAORMINA) – ANDREAS ZANGELR
Un caso fortunato. Uno dei pochi che combina in modo piacevole le origini austriache dell’esperto chef e proprietario Andreas Zangelr con la ricchezza degli ingredienti siciliani
Dopo la lunga permanenza al ristorante Casa Grugno, stella Michelin fino al 2012, e al ristorante Bellevue dell’hotel Metropole di Taormina, Zangelr oggi propone una cucina accessibile, senza fronzoli che presenta l’unico rischio di sminuire il suo talento.
Si vive una serata spontanea e informale all’Andreas di Taormina, dove prevalgono i toni smorzati del rosso.
Voto: 67/100
23# GAGINI (PALERMO)
Lo scenario è quello della Vucciria, lo storico mercato palermitano. Il ristorante Gagini, con il suo fascino spartano, è il completamento ideale del luogo in cui si trova, ancora oggi curioso e interessante.
L’arredo volutamente fuori moda, scelto forse in un negozio di modernariato, fa da quinta ideale per le classiche scene della Vucciria che è possibile sbirciare dalla vetrata.
Voto: 69/100
22# IL CARATO (CATANIA) – CARLO SICHEL
Un bancario diventato chef che porta il suo ristorante nella lista dei migliori di Sicilia, possibile? Forse per buona parte dei suoi colleghi no. A noi invece è piaciuto molto.
Carlo Sichel è interprete di una cucina semplice ma con piatti armoniosi e ben bilanciati, profumati, dai gradevoli colori bruni, senza eccessi gratuiti e altre tracotanze da cuoco viziato.
Se poi è la serata giusta, con il vino abbinato al cibo come solo Sichel sa fare, allora vale la pena fermarsi a lungo al Carato, nonostante l’ambiente non regali emozioni particolari.
Voto: 69/100
21# ZASH (RIPOSTO) – GIUSEPPE RACITI
Un palmento immerso nella natura ospita Zash: autodefinizione “country boutique hotel”. Un posto dove si sceglie di andare, destinato a clienti dai gusti evoluti. Qui su Dissapore continuiamo a chiamarli gastrofanatici.
Per contro, lo chef è giovane e umile, sebbene abbia già esperienze di tutto rispetto.
Nei suoi piatti traspare un senso di gratitudine verso le esperienze che lo hanno fatto crescere, le tappe importanti della sua formazione.
Per esempio in ‘come un quadro di Pollock’ dedicato allo chef Massimo Mantarro, da cui prende ispirazione.
Per il resto abbiamo assaggiato gloriose tempure, le migliori della lista, e altri piatti di una bellezza magnetica che andrebbero servite con un pizzico di attenzione in più da parte del personale di sala.
Voto: 72/100
20# LA FENICE (RAGUSA) – CARLO RUTA
Un ristorante d’albergo con qualcosa in più. A fare la differenza è l’attitudine all’accoglienza dimostrata da La Fenice, una stella Michelin. In particolare dal maître sommelier Marco Muriana, affidabile punto di riferimento della sala.
Tra mise en place a volte stravaganti e sapori concentrati, i piatti dello chef Carlo Ruta sono piccoli manuali di tecnica culinaria.
Pavimento in legno, divani in pelle e una sala circondata da grandi vetrate. Ambiente moderno non privo di un certo calore.
Voto: 73/100
19# CORIA (CALTAGIRONE) – COLONNETTA E PATTI
Hanno l’aria del gatto e la volpe, ma intendiamoci, l’accoppiata tra lo chef dinamico e comunicativo e l’altro, più ombroso e taciturno, è vincente.
Gli chef sono Domenico Colonnetta e Francesco Patti. Il ristorante è Coria, una stella Michelin, ristrutturato da poco (e meno male).
Adesso è un posto di temperamento, caldo, contemporaneo e in movimento. Con l’interno diviso in due piccole stanze che accolgono senza troppe formalità, con leggerezza e spirito.
Entusiasti del cambiamento e pragmatici, interpreti di una cucina leggera e raffinata, gli chef si dividono i ruoli.
Così facendo riescono a mantenere immutato il livello dell’offerta di Coria e a dedicarsi a tante altre attività, che per ora non li hanno distratti troppo.
Voto: 75/100
18# DONNA CARMELA (RIPOSTO) – ANDREA MACCA
Un ampio giardino con ulivi secolari, piante mediterranee e tropicali. E’ questa la scenografia che vi accoglie a La cucina di Donna Carmela, ristorante tra l’Etna e il mare, complicato da trovare se non si vive nella zona.
Impeccabile il servizio con la presenza discreta ma rassicurante del sommelier Alessandro Mancuso.
Andrea Macca è uno chef da tenere d’occhio, fa scelte personali e i suoi piatti rendono evidente la volontà di andare oltre, alla conquista di nuovi riconoscimenti.
Tra piatti belli e scenograficamente presentati manca forse un po’ di costanza, altrimenti Donna Carmela sarebbe molto più in alto.
Voto: 75/100
17# AL FOGHER (PIAZZA ARMERINA) – ANGELO TRENO
Non prendetelo per un anonimo locale di passaggio, anche se visto da fuori potrebbe sembrarlo. Al Fogher vale la sosta, eccome se la vale.
Quasi un ristorante di montagna, accogliente e caldo, sembra fatto per la convivialità delle feste. Il luogo ideale per un pranzo di Natale consumato fuori casa.
Cucina mediterranea a base di arrosti e selvaggina con impiattamenti in stile nordico, insolito a queste latitudini. Ma “insolito” è anche lo chef.
A guardarlo sembra un cuoco vecchia maniera, invece sono le piccole licenze che si prende, unite a una grande confidenza con la cucina d’autore, a renderlo indispensabile nella scena siciliana.
Piatti di territorio interpretati con intelligenza e spirito evoluto.
Voto: 76/100
16# SHALAI (LINGUAGLOSSA) – GIOVANNI SANTORO
Siamo sul versante più bello dell’Etna. Il ristorante Shalai, stella Michelin conquistata appena un anno fa, si trova in un palazzo ottocentesco ristrutturato, imponente ma silenzioso, che ospita a pian terreno due piccole sale volutamente poco illuminate.
Ma più che misteriosa, la cucina di Giovanni Santoro riscalda il cuore, in sintonia assoluta con i sapori che la montagna regala generosa.
Esemplare la vitellina a punta di coltello servita con fonduta di formaggi e bacche di ginepro dell’Etna, presentata in una cloche che esalta la perfetta affumicatura agli aghi di pino.
Voto: 76/100
15# VOTAVOTA (SAMPIERI) – CAUSARANO E COLOMBO
Il Votavota è l’unico temporary restaurant di questa classifica. Luminoso chalet lungo il mare di Sampieri, struggente a fine stagione, è riuscito a imprimere un ricordo indelebile nei fortunati che l’hanno provato.
Un’esperienza fugace durata 150 giorni, dal 4 giugno al 31 ottobre 2016 con Peppe Causarano e Antonio Colombo in cucina, bravi a impreziosire con spunti personali l’ottima cucina di pesce.
Nonostante la giovane età i due chef hanno gestito il ristorante temporaneo intuendo le esigenze dei clienti, adattando le loro potenzialità pur di dare il meglio.
Voto: 78/100
14# OTTAVA NOTA (PALERMO) – VLADIMIRO FARINA
Vicino al Foro Italico, nella silenziosa via Butera dei palazzi nobiliari di fine ottocento, colpisce questo ristorante ben illuminato, dall’aspetto sobrio e lineare, che sembra un posto estremamente a modo. Anche un po’ serioso.
In realtà, trascorrendovi la serata, noterete come all’Ottava Nota non manchi mai una sottile vena di allegria.
Già nel servizio, cordiale, pratico e spontaneo, per non parlare dello chef, Vladimiro Farina, spiritosamente in posa per questa foto.
I suoi sono piatti sfiziosi, allegri appunto. Raccontano il territorio ma con invenzioni spiritose e qualche stravolgimento riuscito come le insolite presentazioni.
Se volete cenare all’Ottava Nota ricordate di prenotare con ampio anticipo, parliamo di uno dei locali più frequentati di Palermo.
Voto: 78/100
13# FATTORIA DELLE TORRI (MODICA) – PEPPE BARONE
La Fattoria delle Torri era in origine un teatro nel centro di Modica. Una buona ristrutturazione ha regalato interni romantici piacevolmente sottolineati dalle linee squadrate dei divani verdi.
Nella prima metà del 2016 la cucina è stata affidata al palermitano Ninni Radicini poi passato alla Locanda Gulfi. Adesso il patron Peppe Barone, che è stato maestro di tanti cuochi siciliani, si è di nuovo intestato la cucina con l’aiuto di due giovani allievi, Emilia Iacono e Gianluca Cataldi.
Il pranzo è un viaggio attraverso la Sicilia: dalle campagne intorno a Modica alle ghiaie di Milazzo, fino alle dune di Santa Maria del Focallo.
Voto: 79/100
12# CROCIFISSO (NOTO) – MARCO BAGLIERI
Quella del Crocifisso di Noto è la cucina più intimamente legata alla tradizione siciliana.
Marco Baglieri però è riuscito in una piccola impresa: mescolare meglio di come hanno fatto altri la storia della cucina isolana, salvaguardando la contemporaneità.
E senza sbavature in entrambe le direzioni.
Carattere pienamente local anche negli interni, contemporanei sì ma capaci di non far sentire fuori posto un siciliano
Voto: 79/100
11# QQUCINAQUI (CATANIA) – BIANCA CELANO
La solidarietà femminile non c’entra. Bianca Celano è un concentrato di astuzia e sicilianità, timidezza e senso pratico, carattere e fare sardonico.
Tutte doti che si riflettono nei suoi piatti, oggi tra i più interessanti dell’Isola, preparati nella cucina a vista del locale di via Umberto: per metà un ristorante, per l’altra il suo loft.
Sempre curiosa la mise en place, con molte idee da rubare e sperimentare a casa, apprezzata soprattutto nel tavolo sociale al centro del locale.
In estate un bel dehors regala piacevolezza e maggiore intimità.
Voto: 79/100
10# L’OSTE E IL SACRESTANO (LICATA) – PEPPE BONSIGNORE
Immaginate di attraversare una via popolare nel centro storico cittadino, non di quelli imbellettati da un recupero forzato ma lasciato com’è. Una via che attraversando la marina di Licata conduce al porto, dove s’incontrano cani randagi e si calpestano le acqua reflue delle pescherie.
Se vi fermate all’Oste e il Sacrestano ad accogliervi trovate Beppe Bonsignore, con lo stile di un signorotto di campagna diventato oste, ma che cucina come uno chef stellato.
L’Oste e il Sacrestano meriterebbe una recensione a parte, tutta sua, che racconti la grazia verace dei piatti di pesce e delle verdure.
Piatti estrosi, dalle presentazioni non convenzionali che da soli valgono il viaggio in Sicilia.
Voto: 80/100
9#ACCURSIO (MODICA) – ACCURSIO CRAPARO
Accursio Craparo avrà avuto i suoi buoni motivi per andarsene da La Gazza Ladra di Modica dopo aver conquistato la stella Michelin.
Fatto sta che quel ristorante ora ha chiuso mentre Craparo si è ripreso la stella in un locale tutto suo. Dietro i modi cortesi e affabili deve nascondersi un carattere di ferro.
Abbiamo già detto della predilezione per le presentazioni che non passano inosservate, quasi scultoree, come “il carciofo” e “la castagna”.
Legata alla terra l’ambientazione del ristorante, che riprende spesso i colori della natura, degli alberi e dei prati.
Voto: 81/100
8# Il BAVAGLINO (TERRASINI) – GIUSEPPE COSTA
Bianco candido alle pareti per il Bavaglino, contrappuntate da un pavimento in maiolica degli anni Venti e dalla presenza di una scultura moderna che ricorda un albero. Tutti e due coloratissimi.
Ristorante piccolo, dall’arredo essenziale, con un terrazzo impiegato solo nella bella stagione che affaccia sul mare di Terrasini.
Nella cucina di Giuseppe Costa la tradizione ha un ruolo fugace, il suo sguardo è rivolto verso il futuro ma senza concessioni alle mode passeggere.
Uno chef da seguire con attenzione, a metà tra quelli che modernizzano la cucina del passato, ravvivandola, e gli specialisti che inventano la cucina contemporanea.
Visti gli spazi ristretti, capita a volte di intercettare qualche lavata di capo rivolta dallo chef ai suoi aiutanti, sempre abilmente dissimulata dal personale di sala, specie la sommelier, calma e sorridente in ogni occasione.
Voto: 81/100
7# BYE BYE BLUES (MONDELLO) – PATRIZIA DI BENEDETTO
Eleganza e atmosfera raffinata. Tutto al Bye Bye Blues di Mondello, dall’ambiente al servizio, dalla cucina allo chef, parla la stessa lingua.
Un locale che incanta come la sua chef e proprietaria, Patrizia Di Benedetto.
Sguardo siciliano, occhi felini e naso pronunciato, carattere mite e saggio, intenso e graffiante, che come un gatto osserva senza mai abbassare gli occhi.
Patrizia sa come si sovvertono le regole. A iniziare dal ruolo delle donne nelle cucine professionali.
Una cucina alleggerita dagli eccessi classici di molti piatti siciliani. Se non fosse perché gli ingredienti restano quelli tipici dell’Isola si potrebbe parlare di ispirazione giapponese.
Voto: 82/100
6# LA CAPINERA (TAORMINA) – D’AGOSTINO
Freschezza, salse dalle nuance vivaci, improvvisazione ragionata. Che sia estate o inverno questa è la cucina di Pietro D’Agostino, chef de La Capinera.
Riservato, poco incline a scoprire tutti gli aspetti della sua natura di cuoco, rivela sensibilità e talento (anche cromatico) con piatti come i tagliolini al nero con tagliatelle di seppioline e mentuccia peperita, passatine di pomodoro siccagno e cipollotta di Giarratana.
E poi crudi e crostacei memorabili, infine il pomodoro, altro tema ricorrente della sua cucina.
Completa il quadro la scenografia del ristorante, dove prevalgono il bianco e le grandi vetrate che lasciano vedere il mare azzurro di Taormina.
Voto: 82/100
5# I PUPI DI BAGHERIA – TONY LO COCO
I Pupi è il ristorante siciliano che precede nella classifica di Dissapore quelli con due stelle Michelin. Merito della cucina irresistibile di Toni Lo Coco, che trasferisce sensualità e altri aspetti della sua personalità nei piatti del locale.
Un percorso seducente, quello di 7 portate del menu di mare che riesce a essere prima delicato poi sapido, deciso, addirittura viscerale come nella stigghiola di tonno rosso.
Anche la piccola sala racconta buon gusto e audacia, con un servizio che rispetta formalmente le regole dei ristoranti stellati ma senza la grazia che ci si potrebbe attendere.
Nota Bene: tra i menu degustazione de I Pupi ce n’è uno, con tre portate al costo di 35.00 euro, che è il più economico proposto dai ristoranti stellati siciliani.
Voto: 85/100
4# LA MADIA (LICATA) – PINO CUTTAIA
Lo hanno scritto tante volte che la cucina di Pino Cuttaia riesce a ipnotizzare tanto è ben fatta, un invito continuo al gioco, quasi fossimo bambini da meravigliare, spesso intriso di ricordi.
Cos’altro è se non una storia raccontata con talento e carisma naturale la pasta e minestra di crostacei con granella di mandorle, che lascia un pentolino sulla tavola per ricordare la generosità siciliana, a volte anche eccessiva.
Dalla ricciola cotta in olio di cenere con i gusci di mandorla accesi proviene un profumo di brace indimenticabile. Momenti di vita siciliana fermati da un profumo, adattamenti stellati della tavole domestiche dell’Isola.
Obiettivo de La Madia, che ha subìto una profonda ristrutturazione alla quale Dissapore non è completamente estraneo, è fare da sfondo il più possibile neutro alla successione entusiasmante delle portate di Cuttaia.
Una timida stella sempre più brillante.
Voto: 86/100
3# IL DUOMO (RAGUSA IBLA) – CICCIO SULTANO
Ciccio Sultano è una divinità di Trinacria. Il migliore tra gli chef nella comunicazione, è diventato anche un abile imprenditore. Le sorti della gastronomia isolana sembrano essere nelle sue mani, come testimoniano i giovani chef che gli rendono omaggio con tanto di piatti dedicati.
Nel suo ristorante, Il Duomo di Ragusa Ibla, lo incontrerete in ogni angolo: nello stile dandy dell’arredo, in quello da studioso della tradizione siciliana dei piatti, nella sua stessa firma sull’etichetta del vino.
Un carattere istrionico e comunque divertente, completato dalla professionalità e cortesia del personale di sala con lo stile meravigliosamente teatrale del sommelier in grande evidenza.
Quanto alla cucina, Sultano è ormai una specie di prestigiatore che presenta paccheri in piedi, gamberi in aria, ali che volano e nuvole che si sciolgono.
Ricercatore mai stanco degli ingredienti più introvabili di tutta la Sicilia, affascina sia per la padronanza delle tecniche contemporanee che per la conoscenza del territorio.
Occhio: pranzi e cene che lasciano satolli al limite dell’impegnativo.
Voto: 87/100
2# LOCANDA DON SERAFINO (RAGUSA) – VINCENZO CANDIANO
Alla Locanda Don Serafino, ex stalla in pietra di Ragusa Ibla, l’approccio con la cucina siciliana è più semplice e immediato rispetto al Duomo di Ciccio Sultano.
Una scelta che sulle prime potrebbe lasciarvi spiazzati, ma vi stiamo raccontando il caso in cui le cose semplici sono anche le migliori.
Dei piatti istintivi e diretti, quasi fossero le portate di un pranzo domestico, stupisce la perfezione. Una ricerca precisa dei sapori desiderati che risultano quasi scolpiti.
Un risultato eccezionale facilmente percepibile da chiunque, che nasconde tuttavia una padronanza del mestiere fuori dal comune.
Merito di Vincenzo Candiano, tratti arabi e carattere orgoglioso, cauto e lungimirante. Chef in ascesa che nei dolci riesce addirittura a esaltarsi.
I suoi sono probabilmente i migliori di tutta la Sicilia, e le proposte del menu ne fanno oggi il miglior pasticcere siciliano del 2016.
Voto: 91/100
1# PRINCIPE DI CERAMI (TAORMINA) – MASSIMO MANTARRO
Il Principe di Cerami è il ristorante siciliano migliore del 2016 secondo Dissapore.
Non l’unico capace di far sentire i fortunati commensali al centro di una favola, ma quello che negli ultimi tempi riesce a farlo meglio.
Per la bellezza che stordisce del posto. Per l’impostazione francesizzante del servizio. Per lo stile coinvolgente della cucina siciliana.
Sette tavoli, poltrone comode, moquette spessa, tende sinuose, sommelier e camerieri discretamente a disposizione, clientela internazionale che assapora visibilmente compiaciuta, anche in solitudine, le portate del menu.
E poi ancora infinite possibilità di scelta. Il pane, la carta dell’acqua, degli oli, dei caffè, dei vini. Nella bella stagione un terrazzo con vista sull’Etna a Taormina, la più bella città siciliana.
Lo chef, Massimo Mantarro, è sicuramente tra i più bravi dell’Isola, ma non il più famoso. Schivo, sincero, concreto, infaticabile. Parla del suo lavoro come lo farebbe un qualunque appassionato, senza spocchiosità da imporre.
In estate la sua cucina si esalta, come nella norma fuori dalla norma con spaghettoni, melanzane perline, pomodoro liscio tondo, una montagna di ricotta salata e gambero rosso di Mazara.
Semplicità alternata ad eleganza estrema come nella trasparenza di gambero, piatto composto da Mantarro con ricercatezza e grazia.
Da provare almeno una volta le chips che lo chef ricava da ogni ingrediente, aromi, ortaggi, basilico o carciofi.
Come il remake della cassata. E’ abile anche nel rivisitare i classici, Mantarro, una tappa obbligatoria e impegnativa per ogni chef siciliano.
Nota Bene: Principe Cerami, aperto soltanto da Aprile ad Ottobre, è anche il più costoso della nostra classifica con il menu degustazione a 150 euro. E’ anche l’unico che richiede la carta di credito al momento della prenotazione e la giacca per gli uomini.
Voto: 93/100
[CREDIT – FOTO ALFIO BONINA]