“Il sequestro e la confisca di prevenzione devono mostrare un interesse economico per lo Stato”, risponde Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano, quando ci domandiamo come mai, spesso i ristoranti restino in mano alla criminalità organizzata anche di fronte alle evidenze. La questione è grave nonché disarmante, di certo la più scoraggiante che ci siamo trovati a trattare lungo le nostre video interviste sulla mafia nella ristorazione.
In poche parole, confiscare beni alla mafia è spesso sconveniente per lo Stato, e i ristoranti una volta in mano ad esso rappresentano solo dei costi: la riemersione nella legalità di aziende che hanno funzionato (per così dire) grazie al lavoro in nero o che invece sono state attive per giustificare movimentazioni, e quindi per il riciclaggio di denaro, è ardua e onerosa. Quasi sempre, una battaglia persa in partenza.
Un quadro sconfortante quello che si evince dalle parole di Alessandra Dolci e Ilaria Ramoni, esperta in diritto penale della criminalità organizzata e co-autrice de Il giro dei Soldi che evidenzia come, nella praticità dei fatti, anche la logistica delle riaperture sia difficoltosa da affrontare.