“Freschezza e materie prime di alta qualità”, “genuinità”, “verdure e salse fresche ogni giorno”, sono solo alcuni degli stendardi sotto ai quali Scialla – kebab contemporaneo di Genova dichiara di voler “cambiare radicalmente il concetto di kebab”, condannando all’oblio “panini e piadine infarciti di salse di dubbia provenienza, patatine fritte e cose varie”.
Attraverso un efficace battage social, sospinto dal JustEat award quale miglior ristorante innovativo d’Italia (conferito dalle recensioni degli utenti), la comunicazione di Scialla preme dunque su qualità, genuinità e selezione e traccia così una linea rossa tra gli anonimi kebabbari del passato, brutti e cattivi, che da tetri bugigattoli propinano inquietanti panetti imbottiti di robaccia industriale e quelli del futuro, dall’identità forte, bella e buona, che blandendo il palato con prodotti genuini, selezionati e di alta qualità, fanno – niente meno – che “la rivoluzione del kebab”.
Poiché la prospettiva di un’eversione (gastronomica) accende in noi, eredi di Mazzini, l’impulso a parteciparvi, ci dirigiamo quindi verso il quartiere levantino di Sturla (non lontano da dove salparono i Mille garibaldini: buon segno) per appurare se, restando in tema, qui si fa il kebab [perfetto] o si muore.
Il locale
Superata la manciata di tavolini all’aperto, gli interni svelano un ambiente allegro e coloratissimo che evoca più un universo onirico in stile Candy crush, o una gioiosa pokeria, che un angolo di oriente.
Ogni elemento, dalle scritte al neon alle tonalità iper sature, dalle piastrelle variopinte all’onnipresente hashtag #stayscialla (qui, come a Pufflandia, vige un idioma proprio: Sciallati gli avventori, Panscialla la pita e Scialluppola la birra – quando si dice brand identity), sembra strizzare l’occhio alla generazione Z a partire dal nome che nello slang dei giovanissimi significa “rilassati” (ma nella Genova ottocentesca voleva già dire evviva).
Nel medesimo solco anagrafico si colloca lo staff, composto da ventenni sorridenti e gentili che garantiscono un servizio informale, ma attento.
Almeno nell’aspetto, Scialla si differenzia senza dubbio dalle classiche kebabberie, affrancandosi anche dal tipico format take-away o mordi-e-fuggi su traballanti sgabelloni: qui il servizio al tavolo è infatti la regola, mentre l’asporto serale passa obbligatoriamente da una app di delivery.
Menu, bevande&sorprese
Il menu è concepito in modo chiaro ed efficace. Il kebab, con carne di tacchino e vitello (tranne l’opzione vegana), è disponibile in tre formati (piadina, pita o al piatto) e sette diverse farciture.
Alcune, più classiche, sono mutuate dal mondo dei burger, come l’opzione con cheddar, bacon e salsa barbecue. Altre osano un poco di più, mixando crema di brie e salsa al mango, o ‘Nduja piccante e cipolla rossa. Altre ancora ammiccano al territorio utilizzando pesto, crema di patate e una (non proprio locale) stracciatella.
Gli accostamenti, per quanto non giustifichino a nostro avviso il primato nazionale dell’innovazione conferito dal popolo di JustEat, sono piacevoli e non scontati, soprattutto rispetto al format dozzinale del kebab cipolla-patatine-tzatziki.
Contorni e dessert si dipanano lungo il filo del godimento facile (leggasi fritto): oltre alle imprescindibili patatine, troviamo infatti falafel, mozzarella sticks, nuggets di pollo e qualche specialità genovese come panissa e friscieu. A fine pasto, churros con topping alla nutella, al pistacchio o al caramello salato ci riportano ai bei tempi, e all’equilibratissima dieta, dell’Erasmus spagnolo.
Sul bere le proposte si limitano ai classici soft drinks e ad alcune birre artigianali imbottigliate dalla genovese Luppola per Scialla. Ridottissima la scelta dei vini, ferma a un unico bianco.
Mentre ci apprestiamo a scegliere il nostro rivoluzionario kebab, veniamo tuttativa colti da un certo smarrimento nel notare la presenza di piccoli (troppo piccoli per noi cecati millenials) asterischi dove mai li avremmo attesi.
In un locale che chiama alla rivoluzione al grido di qualità, freschezza e genuinità e che dichiara di “non volersi piegare alle logiche del mercato e alle richieste della massa”, non ci aspettavamo, infatti, di trovare due terzi dei contorni surgelati (panissa inclusa, ahinoi), né una carne da allevamenti intensivi raschiata da un rotolo surgelato – foss’anche, come in effetti è, il prodotto di punta dello stabilimento industriale che lo produce, che perlomeno ci risparmia parecchi additivi.
Assaggio e conto
Riposte le perplessità ci predisponiamo comunque all’assaggio senza pregiudizi (ché surgelato non significa necessariamente peggiore, né di scarsa qualità) per appurare se, sul fronte contenutistico, Scialla si collochi al di qua o al di là del guado che separa rivoluzione e ancien régime.
I pochi contorni non surgelati, come i frisceu, sono croccanti e ben fritti; altrettanto non può invece dirsi per l’untissima panissa.
Le patatine – irrorate di cheddar fuso e bacon – e i bastoncini di mozzarella assolvono egregiamente alla funzione di comfort food per il quale l’industria li ha programmati, ovvero donarci una sferzata di sapido, ma caduco, godimento e un principio di dipendenza.
Ma veniamo finalmente al core business.
Se gli straccetti di kebab, teneri e ben arrostiti, hanno una speziatura un po’ troppo marcata che impedisce di comprendere appieno il sapore originario della carne e mette in ombra gli altri ingredienti (nel Monte Cairo, ad esempio, la salsa al mango dona solamente un generico, anche se piacevole, sentore dolciastro, mentre la crema di brie si vede, ma non si sente), a traghettare il panino su un livello innegabilmente superiore rispetto a quello delle desolanti alternative cittadine è un pane eccellente, autoprodotto e cotto al momento.
Apprezzabile (e, forse, nel 2024, necessaria) la presenza di un’opzione vegana, che proviamo in versione piadina: se l’assenza di spezie questa volta lascia campo libero i sapori delicati della maionese di soia e delle verdure fresche, i nuggets plant based, anch’essi surgelati (uff), hanno un gusto sì gradevole, ma standardizzato.
Sul fronte edibile, Scialla non sorprende dunque per innovazione, né, salvo alcune eccezioni (come i lievitati), stupisce per la qualità intrinseca dei suoi prodotti, avvicinandosi così più a un fast food di buon livello con sapori facili e piacioni che a un hub di sediziosi golpisti del gusto capaci di scardinare i pregiudizi sul kebab (a partire dai rotoloni di carne surgelata).
L’esperienza complessiva, tuttavia, considerati anche l’ambiente piacevole e il servizio attento, risulta divertente e giustifica una spesa media di una ventina di euro per un pasto abbondante e ad alto contenuto calorico.
Almeno per ora, però, per addentare qualcosa di kebabbaramente sovversivo, ovvero del tutto emancipato dall’orbita del junk food, dovremo spingerci fuori città (ad esempio a Milano o a Torino) da quei pochissimi artigiani che, abiurato il sotto zero, lavorano con pazienza e dedizione solo ingredienti freschi da filiere corte.
A Zena, invece, la rivoluzione ha da venire.
Opinione
Grazie a un ambiente allegro e accogliente, a un servizio informale ma efficiente, e a un cibo che, sebbene non eccellente, è certamente migliore delle alternative presenti in città, l’esperienza da Scialla risulta nel complesso piacevole. I lievitati meritano una menzione d’onore e fanno la parte del leone nel rendere il panino davvero godibile. La presenza di molti, a nostro avviso troppi, prodotti surgelati e gli accostamenti talvolta più confusionari che innovativi, non consentono però al kebab di Scialla di spiccare il volo e competere con il livello dei kebab freschi che si possono trovare fuori città.
PRO
- Staff giovane e accogliente, locale simpatico
- L'ottimo pane, fatto in casa e cotto al momento, eleva la qualità del panino differenziando dalle alternative
CONTRO
- La carne e parecchi contorni sono surgelati
- Offerta di vini molto scarsa