San Lazzaro è un Comune alle porte di Bologna lungo la via Emilia che è stato letteralmente inglobato dall’urbanizzazione del capoluogo e ormai i suoi confini sono indistinguibili, se non fosse per i cartelli stradali. Questa periferia diventata appendice non ha mai brillato per la ristorazione, anche se i più attempati ricordano due o tre ristoranti degni di nota che ormai hanno chiuso i battenti da almeno un decennio. Ancora più che a Bologna, ferma nel proprio arrocco gastronomico, a San Lazzaro manca una vera e propria proposta al di là di un paio di indirizzi interessanti, soprattutto in ambito ittico, e Sardina la botteghina di mare rappresenta la vera novità degli ultimi anni.
La posizione non è delle più felici, aperta su una via piuttosto trafficata sotto un portico anni sessanta, per fortuna le due piccole sale all’interno sono arredate con una certa cura che conferisce un’aria semplice e informale. Questi due aggettivi si applicano alla perfezione anche la linea delle proposta culinaria di Sardina che si basa in gran parte sulla cura e selezione della materia prima che viene elaborata il meno possibile, sfruttandone al massimo le caratteristiche di qualità e freschezza.
Il vero punto di forza di questo piccolo ristorante è però la corposa carta dei vini, quasi sovradimensionata (non è vero, non lo è mai) se non fosse costruita con grande sapienza. Si va dalle etichette italiane, anche di cantine interessanti e meno note, fino a esemplari di grandi champagne francesi.
Il menu è piuttosto breve, il che non è un male assoluto, ma sorprende un po’ la scelta degli antipasti dominata da acciughe e sarde del cantabrico in diverse versioni che vengono servite direttamente dalla scatola o quasi. L’accompagnamento è costituito da pane (ottimo) e burro, oppure su una burratina che stempera le note più taglienti delle acciughe. La scelta rispecchia certamente la filosofia del locale improntata sulla semplicità e sull’accurata scelta del prodotto, ma ci si potrebbe aspettare qualcosa di più. Per i pochi che non le conoscono, queste specialità provengono dalle coste basche della Spagna e da una trentina d’anni a questa parte sono particolarmente ricercate per la loro compattezza delle carni e la delicatezza di sapore rispetto agli esemplari nostrani.
A completare l’offerta due piccoli crudi di cui si apprezza l’estrema freschezza dei sempiterni gamberi rossi di Mazara serviti in purezza.
Gradevoli gli spaghetti alle vongole lupino (dette anche “poverazze”) sgusciate una a una il cui gusto è più intenso rispetto alle veraci, nonostante le dimensioni ridotte, e quelli conditi con ricci di mare (fuori menu). Di nuovo grande linearità di sapori, nessuna concessione ai fronzoli, nemmeno nell’impiattamento.
Tra i secondi il piatto più rilevante è il tenerissimo polpo accompagnato dal tortino di patate, ma anche i fritti -misto e di baccalà- hanno una marcia in più grazie alla perfetta realizzazione della panatura eccezionalmente croccante. Un po’ sotto tono lo spiedino di gamberi che avrebbe avuto bisogno di qualche secondo in più sulla piastra e il trancio di ricciola che invece soffre per una leggera sovracottura. Intendiamoci, niente di drammatico, ma quando si gioca sulla cucina dell’essenziale i particolari diventano importanti.
Bella sorpresa sul finale con un’inaspettata pastiera napoletana eccezionalmente equilibrata, pur rimanendo nel solco di una tradizione che, di solito, richiede una versione con maggiore grinta, spesso esagerando con sentori artificiali. Sapida anche la caprese non troppo canonica in cui si indovina una mano pasticcera di classe.
Si esce soddisfatti per una cena che ha lasciato spazio più al prodotto che alla verve dello chef, ma non per questo risulta meno soddisfacente.
Opinione
Una cucina di pesce semplice e basilare che punta sulla qualità della materia prima in un clima cordiale e informale.
PRO
- Ottima la selezione delle materie prime
CONTRO
- A volte la cucina è eccessivamente semplice e rischia di cadere nel banale