A luglio riapre il ristorante in provincia di Belluno, che si chiama Laite, nome con cui gli abitanti del posto chiamano i grandi prati che si arroccano ai piedi delle Dolomiti.
Lei è Fabrizia Meroi, “chef donna 2018 ” per la guida Michelin.
Al 10 di borgata Hoffe, a Sappada, piccolo comune di poco più di mille abitanti tra Veneto e Friuli, a un centinaio di chilometri dal suo paese natale, in Friuli, Meroi ha trovato casa, lavoro e la passione della vita.
È il 1987 quando la giovane Fabrizia lascia Cividale per trovare lavoro in un albergo a Bladen, nome tedesco di Sappada, e incontra quello che sarebbe diventato suo marito, Fabrizio Brovendani.
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Insieme rilevano nel 1990 una stive, un’ osteria, chiamata Keisn dal nome dei pali usati per stendere il fieno, che conquista la stella Michelin nel 1997.
Nel 2001 si trasferiscono nel piccolo locale davanti al bosco, tra fienili e case d’epoca, in due romantiche stube settecentesche, con una grande stufa e solo 18 coperti: il Laite, appunto. La prima stella arriva subito, nel 2002.
Per preparare i piatti dei suoi clienti, Fabrizia, che punta ai sapori più che ai virtuosismi, esce ogni mattina nel bosco lì davanti raccogliendo tutto ciò che questo può offrire: asparagi selvatici, crescione, ortiche, il raro radicchio di monte. E oltre a questi selvaggina, cerci, beccacce, caprioli e il formaggio fornito dalla casara lì vicino, il saurnschotte.
Anche tanti altri prodotti provenienti da luoghi più lontani, perché la chef friulana non crede al chilometro zero. D’accordo il territorio, ma se c’è qualcosa di migliore altrove, va bene lo stesso.
Nel frattempo Roberto diventa sommelier, insieme portano avanti la loro casa di legno nel bosco, cercando di chiudere il meno possibile, se si fanno tanti chilometri per raggiungere il ristorante, anche tre ore in motoslitta, sarebbe una scortesia farglielo trovare chiuso.
E quando ci si arriva al Laite, i piatti da non perdere oltre alla Tartare di camoscio, il Tortello all’uovo e la Sopa coada in due cotture, remake della zuppa trevigiana a base di piccione, sono Cervo fondente, cirmolo, tuberi e muschio, oppure “Dolomite”, composto da trota marmorata, erbe, plancton e il formaggio staurnschotte.
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E ancora Tortello all’uovo con asparago bianco o o vitello, silene, piselli e camomilla. È la cucina di chi si definisce “cuoca autodidatta”, formata tra Friuli, Veneto e Carinzia, una cucina personale, improntata ai sapori locali ma aperta a tutte le influenze. Anche musicali: non per niente un piatto della chef friulana, amante dei Led Zeppelin e David Bowie, si chiama “Whole lotta love”.
Per mangiare alla carta si spendono da 60 a 120 euro a testa, vini esclusi.