Røst, Milano, è un nuovo bistrot che gioca tra influenze scandinave e solidità dei prodotti nostrani con divertita leggerezza e esiti notevoli. La nostra recensione.
Irrompe in quel di Porta Venezia, misteriosa e solitaria, una Ø. Sarebbe la O scandinava, e mancava ancora nello sciame sismico di nuove aperture che imperversa ormai giornalmente in quella zona. È il suo momento d’oro; è il quartiere gastronomicamente più dinamico del momento. Røst, un nuovo bistrot, mutua il nome da una piccola isola norvegese, che – tutt’altro che insignificante – custodisce il segreto del perché il merluzzo essiccato, il baccalà, sia un piatto tipico veneziano, nonostante tale corpulenta creatura marina non abbia mai sguazzato in quelle acque lagunari.
È una storia di scambio culturale, di ardue imprese e lunghi viaggi. Mercanti veneziani che sulla rotta per l’Inghilterra naufragano sulle coste della piccola isola nordica, dove vengono soccorsi dai pescatori locali e rifocillati a suon di merluzzo essiccato. Per fare i ganzi, se ne riportano un po’ a casa, dove godrà subito dei favori della popolazione locale. È di nuovo il solito corso degli eventi per cui cibi, prodotti, tecniche, diventano tipici, si cristallizzano in tradizione non necessariamente perché legati alla biodiversità e le usanze autoctone, ma per il vezzo benevolo con cui la storia incrocia popoli, culture e territori.
I due ragazzi di Røst – Enrico Murru, addetto alla sala e ai vini e Lucia Gaspari, chef – essendo veneti, forse hanno nel corredo genetico questa influenza gastronomia nordica vecchia più di 500 anni. O forse, più realisticamente, si ispirano a un fascino boreale molto più contemporaneo, che va sotto il nome di Nuova Cucina Nordica. Per intenderci, quella che ha reso Copenhagen improbabile ma ormai indiscussa capitale gastronomica numero 1 al mondo. Purezza degli ingredienti, esaltazione della biodiversità e di prodotti e produttori insoliti e speciali. Fermentazione e altre tecniche culinarie naturali. Frammenti di natura e umana autenticità nel piatto. Non è un caso che Gaspari si sia formata anche a Copenhagen, in un giro di chef e gastronomi a capo di questo movimento.
Ma a scanso di equivoci, Røst è un ristorante italiano, dove i suddetti principi agiscono da sottofondo, arricchiscono e accompagnano l’impostazione di base, che appartiene al novello movimento della “nuova vecchia cucina”, in grande esplosione a Milano. Per intenderci, Trippa style: tagli poveri, ingredienti campagnoli, occhio nostalgico alle ricette rustiche e tradizionali interpretate con solida competenza e contemporanea sobrietà.
Enrico Murru unisce una passione quasi fanciullesca e un entusiasmo candido ad un piglio tosto quando racconta i vini (una lista ispirata e appassionata di naturali, ça va sans dire) e le materie prime selezionati con grande cura. I produttori più meritevoli, in una specie di contest burlesco, si guadagnano un piatto decorato personalizzato appeso alla parete. Tipo la targa del benefattore sulla panca in chiesa. Per i vignaioli più interessanti, sconosciuti e innovativi, le vere chicche di Murru, c’è una carta a parte.
Il menu e i prezzi
Ci vengono proposti un Vouvray della Loira come aperitivo (7 euro il calice), e un trebbiano toscano “Tutto anfora” (36 euro), il primo più netto ed esplicito, il secondo più disparato e irrequieto. Entrambi ottimi, combinazione perfetta.
Schietta, brutalista, la salsiccia con pecorino e tarassaco (12 euro), a marcare il gusto per gli ingredienti solidi e poco elaborati, per i sapori decisi e le erbe aromatiche. Gusto che ricorre nell’uovo di Morbegno (dalle galline più felici del pianeta, sembrerebbe) con acetosa e stracchino stagionato (12 euro).
Gli altri piatti si accodano alla moda prevalente della dimensione da condivisione, tipo tapa abbondante. Il livello è alto: egregi il baccalà mantecato in un “taco” di rapa (12 euro), la coppa di testa su patate mantecate all’olio (10 euro), il fegato di vitellona fritto (11 euro), e menzione speciale ai mondeghili (polpettine lombarde di bollito misto, 9 euro) paffuti piu del comune e saporitissimi.
In ogni portata l’ingrediente dominante è sempre di gran qualità e ben valorizzato, anche se non si va quasi mai oltre la celebrazione asciutta e sobria dello stesso. La chef sembra voler rimanere manovratrice discreta, interprete laterale delle sue materie prime. E va bene, è una scelta stilistica esplicita e perfettamente lecita. Tuttavia a mio avviso un po’ più di spinta e profondità nel tocco sarebbero benvenute e arricchirebbero la proposta.
L’unico piatto in cui Gaspari da’ sfogo a un certo guizzo, il cervello con scaglie di tartufo bianco e mela (24 euro), è poco convincente. Il tartufo è poco aromatico e non sembra freschissimo, la cottura con la mela è un Ni. Creatività ancora un po acerba, gestione degli ingredienti da affinare.
L’ambiente e il servizio
Ma tutto OK. La promozione è scontata, anche grazie all’ambiente, che funziona molto bene nel complesso. Più che nei piatti in verità, lo stile scandi-cool marca il tono di dettagli stilosissimi come i tavoli e il bancone, su cui sono sistemati un’ulteriore manciata di coperti, a creare gradevole e informale confusione. Il tutto si compone di due piccole sale, molto affollate. La sensazione vagamente claustrofobica e movimentata non nuoce più di tanto all’atmosfera.
Alla mia visita, Røst compiva si e no 8 giorni di vita, e quindi alcuni aspetti manchevoli nel servizio sono da scusare ma non da trascurare, tipo un po’ di lentezza e presenza al tavolo intermittente. Ciò non sminuisce il mio personale benvenuto a Røst. Passione militante, ideologia ferma su cos’è la qualità senza fronzoli in cucina, ma applicata con leggerezza, amore, e tanto sapore.
Informazioni
Røst
Indirizzo: via Melzo, 3 Milano
Orari di apertura: Aperto pranzo e cena, Chiuso domenica e lunedì a pranzo
Sito Web: rostmilano.com
Tipo di cucina: trattoria di nuova generazione
Ambiente: gioviale ma raffinato. Atmosfera molto movimentata
Servizio: amichevole, appassionato