Tolto Checco Zalone di certezze granitiche non ne abbiamo (quasi) più.
Ma il trittico gastronomico capitolino delle meraviglie (carbonara, cacio e pepe, amatriciana), in barba al posto fisso che non esiste più, resta lì, irremovibile, alla faccia delle nuove e millantate tendenze da cucina.
Certo, Roma è, gastronomicamente parlando, la città più bella e difficile del mondo.
Da una parte tanta gente di passaggio, tante vittime sacrificali di conti salatissimi, menu turistici, sale pretenziose e trattorie pasticcione.
Dall’altra il meglio di questa città meravigliosa, sconfinata e faticosa, sicurezze che vanno oltre il trittico sopracitato, che rinfrancano cuore, palato e spirito di chi è sempre in cerca di piatti che fanno innamorare.
Oggi ci occupiamo di queste, le migliori espressioni della cucina romana 2016 edition.
PADELLOTTO DEL MACELLAIO
(Checchino dal 1887)
Interiora alert! Quelli di voi che non amano il rude e verace quinto quarto avranno un sussulto. Ma ce l’avranno, in positivo, anche quelli che di quinto quarto sono amanti da tempi non sospetti.
Il piatto misto di polmone, fegato, panata e quant’altro di Checchino è stato amore a prima vista (e assaggio). Fatevi del bene: provatelo.
CONTO MEDIO: 40 €
RIGATONI CON LA PAJATA DI VITELLA
(Armando al Pantheon)
Ce l’avevano strappata, quei senza cuore dell’Unione Europea, dopo i casi di mucca pazza.
A marzo del 2015, dopo 14 anni di astinenza imposta, la pajata (piatto zozzo – in senso quasi mistico più che dispregiativo) è tornata a infrangere cuori romani e non solo. Ma non tutte sono uguali.
I rigatoni con la pajata di Armando al Pantheon sono il meglio che si possa trovare in circolazione, tanto che chi lascia anche un grammo di sugo nel piatto dovrebbe essere denunciato alle autorità per vilipendio alla cucina vera.
CONTO MEDIO: 45 €
CODA ALLA VACCINARA
(Dal Cavalier Gino)
Autentica, gustosa, a un passo dalla mitizzazione. La coda alla vaccinara di Gino (nickname Cavalier Gino), che ha aperto la trattoria negli anni ’60 e il cui buon nome è conosciuto ormai urbi et orbi, è un toccasana per tutti i problemi e le difficoltà della vita quotidiana.
Ad esempio, se avete questioni aperte con Renzi e volete incatenarvi davanti a Montecitorio, prima passate dalla trattoria di Gino (è vicinissima) e scegliete la coda.
Magari ne perdonerete qualcuna al Presidente del Consiglio, miracoli da pancia piena…
CONTO MEDIO: 30 €
CINGHIALE IN DOLCEFORTE
(L’Asino d’Oro)
Divagazione umbra in capitale, L’Asino d’Oro ha un asso nella manica che, volendo, vi farà dimenticare le tradizioni romanesche almeno per un pasto.
Il cinghiale in dolceforte è una chicca notevole: semplificando si tratta di uno spezzatino (di una tenerezza lacrimevole) coi sentori di una scura e densa salsa a base di cioccolato e pinoli.
Correre, correre, rimediare se ancora non lo conoscete.
CONTO MEDIO 38 €
CAPPELLACCI DI CARCIOFI ALLA ROMANA
(Al Ceppo)
Roma più Roma per Roma alla seconda. Questo piatto è un concentrato all’ennesima potenza di quello che è, era e sarà sempre la cucina romana de Roma.
Amaro, dolce, sapido (gusti calibrati ad hoc) per un cappellaccio che vi ricorderete a lungo e che, vogliamo scommettere, tornerete a riassaggiare. Se non è in carta, chiedete “quando, quando, quando?”
CONTO MEDIO: 65 €
RIGATONI AL SUGO DI CODA
(Da Enzo al 29)
Rigatone mon amour. Coda, bella di mamma. Mettete insieme il sugo che ha borbottato lento e silenzioso per ore insieme alla coda e i rigatoni, cotti bene, non un nanosecondo di troppo.
A Trastevere, nella bolgia di turisti in cerca di qualcosa di troppo autentico per essere autentico, c’è anche questa piccola meraviglia di palato in una trattoria che è vera per davvero.
CONTO MEDIO 30 €
MINESTRA DI BROCCOLI E ARZILLA
(Da Cesare al Casaletto)
Se volete farla giusta e filologicamente impeccabile, andate da Cesare il venerdì (giorno di magro dalla notte dei tempi) e ordinate uno dei piatti più poveri (e affascinanti) della cucina romana (e dato che ci siete pure gli involtini di manzo al sugo, le polpette di bollito al pesto, tutti classici di Leonardo Vignoli).
Questa minestra di broccoli e arzilla, a differenza di alcune troppo liquide e brodose, è densa e molto, molto buona.
POLPETTE DI BOLLITO
(Osteria Palmira)
Ho un problema da sempre con (quasi) tutti i tipi di polpette: non smetterei mai. Fatta eccezione per qualche parente lontana svedese, o qualche esperimento casereccio mal riuscito, di solito se in carta ci sono polpette, io ho il dovere morale di provarle.
E’ un esperimento gastro-sociologico che prima o poi sfocerà in una enciclopedia della polpetta. Tra le voci più ricche ci sarà di certo anche questa polpetta che si avvicina al paradiso del suo genere.
Andate e mangiatene tutti.
CONTO MEDIO: 35 €
RIGATONI ALL’AMATRICIANA
(Flavio al Velavevodetto)
Semplicemente perfetti. Quando un piatto, lo stesso piatto, lo avete mangiato in tutte le salse e con tutte le varianti ammissibili ai cuochi romani, allora si tirano le fila di un piccolo capolavoro.
E qui, nella migliore trattoria di Testaccio (dove cacio e pepe, carbonara e gricia non deludono mai) e nell’assoluta pertinenza della ricetta, ci sta una di quelle cose che vi porterete nella tomba.
CONTO MEDIO: 37 €
FILETTO DI BACCALA’ CON SALSA AIOLI
(Supplizio)
Il fritto non è da tutti: piatto difficile da realizzare, da digerire, da teorizzare persino.
Quelli di Supplizio, che frigge il baccalà in una pastella quasi divina e difficilmente ripetibile, è un vero must da non perdere. Con la salsa aioli, poi, aggiunta concepita dal sapiente estro di Arcangelo Dandini, completa un quadro saporito ed equilibrato.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Zomato, Zero.eu, Menuale]