Con ROC Milano si intona il preludio di un nuovo modello di delivery, che sa di tanto semplice e basilare quanto di benvenuto e atteso. Necessario addirittura. Matias Perdomo, chef a capo di un piccolo impero milanese che include lo stellato Contraste e l’eccellente bistrot contemporaneo Exit, sfrutta le sinergie interne e dà sede nelle proprie cucine a ROC: un brand virtuale, una dark kitchen se preferite, incentrato sull’idea di rosticceria e attivo solo per consegna, quest’ultima gestita in proprio.
Ribolle nel sentire comune con forza convettiva sempre crescente la stanchezza e lo scetticismo verso il modello di delivery dominante finora, dove spadroneggiano con mano pesante pochi grandi players dalle condotte discutibili. Basti menzionare l’aumento nell’ultimo anno delle commissioni che applicano ai ristoranti, da circa il 5 al 30%, inversamente proporzionale al codice etico di cui si investono, specialmente in tema di trattamento equo e dignitoso dei rider. Solo un esempio tra i tanti, negli Stati Uniti, una nota azienda di consegne è stata riconosciuta colpevole di aver rubato le mance elargite ai rider attraverso il sistema di pagamento.
Perdomo dunque si allinea a un significativo trend internazionale di rivolta, che vede affermarsi le consegne in proprio o tramite piattaforme locali specificamente pensate per aggregare ristoratori indipendenti all’insegna della condotta etica e del supporto e rispetto dei fattorini, del ristoratore indipendente, prima e insieme che del cliente. Da ROC si ordina il giorno prima, direttamente dal sito, con consegna il giorno successivo dalle 12 alle 15. Un tempo lento, un benefico (intenzionale?) granello di sabbia negli ingranaggi della compulsione distratta che muove l’ordinatore seriale di cibo per consegna.
Nel tempo in cui il delivery convenzionale acquisisce crescente massa inglobatrice, se ne vedono però già i segni del suo declino e implosione. Peraltro, i nuovi modelli servono anche come astuto strumento di composizione dell’immagine per lo chef e il ristorante che ne facciano uso. Un’immagine più intima, vicina al cliente. Il lato umano e personale del delivery. Alle 14 suona la fattorina, in mano due scatole nere sobrie ed eleganti come a contenere prestigioso whiskey invecchiato. “Se è per cena, butta pure tutto in frigo, ma non la torta di rose!” Oh la famosa torta di rose di Perdomo, pezzo forte di fine pasto da Contraste, che vista dall’alto sembra l’arabesque di un cameo prezioso; piu corporea, decisa, brunita di come la stretta tradizione mantovana cui appartiene la vorrebbe, ma per questo ancora più sorprendente e straordinaria.
Il format di Perdomo – ma va ricordato, non è il solo – è un ritorno al passato bell’e buono, cui la struttura digitale che lo contiene e lo potenzia fa da contorno marginale senza definirne l’essenza. Le gastronomie di una volta funzionavano sostanzialmente nello stesso modo (sito e e-shop a parte), ed è stucchevole per forza richiamarsi al leit-motiv ricorrente del “passato proiettato nella contemporaneità”; alla retorica del “rivisitato”. A volte il passato ritorna tale e quale e va bene così, se serve a uno scopo attuale.
A questa estetica in parte nostalgica ed edulcorata Perdomo aggiunge dei tocchi di realismo e pragmatismo che ne fanno da contraltare. Il servizio è curato, preciso e sobrio, dall’ordine, alla consegna, al packaging. Il menu è sapientemente pensato per minimizzare gli sprechi e i rifiuti. Nei secondi e contorni ricorre il binomio archetipico ingrediente principale + salsa, declinato nelle molte varianti proposte. Questo consente operazioni di rinvenimento standard e semplici (qualche minuto in forno), ma soprattutto permette l’impiego di un packaging facilmente scomponibile e smaltibile. Vaschette di carta chiuse da un velo di plastica rimovibile.
“Sul sito sembra tutto delizioso; ma quando arriva alla tua porta, hai l’impressione che non sia stato cucinato o preparato da nessuno” – lamenta su Eater una chef portabandiera di un nascente movimento di ribellione al dominio delle grandi catene di dark kitchen a Portland, USA.
I feel you, le direi se la incontrassi. Le farei assaggiare l’agnello con ketchup di peperoni e capperi fritti di ROC. La salsa come una brusca pennellata di rosso materico sopra un agnello ricco di succo, umido, perfetto. La guancia di vitello brasata al vino rosso e mirtilli e il filetto di merluzzo con crema di zucca e liquirizia sono ulteriore controprova che i monconi avvizziti e spenti non sono l’unico inesorabile destino del cibo per consegna se questo la sai fare.
Fragranza e freschezza indiscusse per i crudi, come il ceviche di ombrina con lime, peperoni e cipolla rossa o la tartare di manzo in salsa di chorizo. Tra i piccoli piatti d’accompagno, il cavolfiore con curry e menta e i carciofi stufati con salsa di olive nere e mandarino, seppur gradevoli, cedono il posto nella memoria alla scia persistente di caffè che rende complesso un già mirabile foie gras. è naturalmente presente una breve e curata selezione di vini per chi volesse un servizio cena completo. Per quanto le singole portate non pecchino mai di esosità, le piccole porzioni rendono necessario un ordine consistente che porta a una spesa di circa 40 euro a testa (senza vino).
Il delivery è destinato a consolidarsi come modello alternativo o quanto meno complementare di ristorazione. Nel mondo post-pandemico nessuno dei due assetti – in presenza e per consegna – è probabilmente destinato a bastare per la sostenibilità economica del settore. Le due forme dovranno convivere, sia per le nuove preferenze dei consumatori sia per le misure di distanziamento che inevitabilmente perdureranno a lungo. Questa convivenza non deve necessariamente essere un difficile compromesso al ribasso, come ROC ci insegna.
Informazioni
ROC Milano
Solo per consegna
Tutti i giorni a Milano e provincia, si ordina il giorno prima.
Web: rocmilano.com
Tel: 02 4953 6597
Tipo di cucina: Italiana contemporanea
Servizio delivery: preciso e accorto alla sostenibilità del packaging.