Quello del fine dining è un ambiente in cui prima di altri si creano, metabolizzano e spesso estremizzano le nuove tendenze che andranno poi a diffondersi nella ristorazione più generalista. Ingredienti che ormai ci fanno sbuffare come la capasanta rigorosamente scottata o le alici dell’immancabile mar Cantabrico, tecniche talmente onnipresenti da aver risvegliato istinti luddisti come la cottura a bassa temperatura, impiatti visti e stravisti meglio se con la svirgolata di salsa sul fondo: un tempo tutto questo è stato avanguardia e appannaggio di pochi, esclusivissimi eletti. Usiamo quindi il periodo dei buoni propositi per fare un esercizio di preveggenza, sfruttando il banco di prova della cucina più o meno stellata e più o meno d’autore per capire cosa possa tramutarsi da interessante novità ad alienante cliché e giochiamo d’anticipo sul 2024 facendo presente che già queste tendenze ci hanno ampiamente saturato i palati.
I fermentati (gratuiti)
Capiamoci, i cibi fermentati di per sé non hanno niente che non vada, anzi. Dopo il fisiologico primo periodo di ubriacatura iniziale e di iper-diffusione che porta all’inflazione, direi proprio che i tempi sono maturi per fare un salto di qualità: se volete usare verdure lattofermentate, miso e compagnia, lasciate che vi ispirino e concepite dei piatti basati su quegli elementi. Composizioni con elementi fermentati che sono solo sostituti modaioli di un sottaceto (scusate, pickles che è più figo) o fonti di sapidità gratuite hanno le gambe corte. Vale anche nell’abbinamento con le bevande: un drink composto per il 20% di acido acetico e per il resto da centrifugato di barbabietola e sambuco è potenzialmente buonissimo, ma non è kombucha.
Pesce dry aged (approssimativo)
Il 2023 è stato l’anno in cui delle celle con cefali e teste di ombrine appesi a dei ganci sono diventati elementi d’arredo ancora più gettonati delle lampade di Davide Groppi (queste ultime bellissime, ma meriterebbero un paragrafo a parte se fossero commestibili). Ed esattamente come fu per la carne, anche tra i pesci l’estremizzazione della pratica ha portato a delle brutture, tramutando dello splendido pescato in bresaole da passare nell’affettatrice per essere rese commestibili (con tutto il bene che vogli ai salumi di pesce). Facciamo che saltate subito tutti il periodo di aggiustamento? La frollatura del pesce è ben altro ed è una pratica in grado di aprire un mondo di possibilità, e -se mi si concede una previsione- non è una moda ma una tecnica che diventerà parte integrante della formazione professionale di chi sta in cucina.
Il pane (ecumenico)
Una rivoluzione che ha avuto in Niko Romito e Massimo Bottura tra suoi rappresentanti più illustri, e che ha ridonato al pane una dovuta aura di sacralità. Si veniva, d’altronde, dagli eccessi di cestini di pane degni di un buffet di matrimonio alla Sonrisa, con una varietà di panini, focacce, sfogliatine, grissini e panificati vari spesso in doppia cifra, meglio se accompagnati da un carrello di burri, olii e sali delle più esotiche provenienze e tonalità. Una sfrenata orgia di carboidrati e lipidi che si teneva ancora prima degli amouse-bouche, e che ha ovviamente portato a una rinnovata ricerca di morigeratezza e spiritualità, sostituendo l’ammucchiata con il maitre reverente che impone le mani sull’unica, venerabile pagnotta, scoprendola dal telo di lino ed officiandone l’eucaristia. Ecco, ora che abbiamo capito di aver raggiunto l’altro estremo, rilassiamoci e mangiamo qualche focaccina in più, o approfittiamone per rialzare il tiro e offrire -dove possibile- un panificato specifico per un momento preciso della degustazione: la messa è finita.