Il problema esisteva già prima, ma la pandemia di Coronavirus ne ha accelerato la soluzione: con la Legge di Bilancio 2021 i ristoranti vedranno finalmente la riduzione dell’IVA per il cibo d’asporto e il delivery al 10%.
L’asporto e il delivery, durante tutto quest’anno (e presumibilmente ancora per un altro po’) sono stati un’importante fonte di entrate per bar e ristoranti, costretti a una vita on-off con chiusure periodiche e notevoli perdite di incassi.
Tutti – dalle trattorie agli stellati – si sono attrezzati per portare la loro cucina a casa dei clienti, soprattutto in occasioni come la Pasqua o il Natale. La questione, però, era quale aliquota dovesse venire applicata a quel tipo di servizio.
Questo perché la legge non prevedeva, fino a oggi, la specifica casistica. Il decreto di riferimento era infatti il DPR numero 633 del 1972 (non certo anni in cui il delivery era sulla cresta dell’onda), che imponeva una doppia strada per i ristoranti: Iva al 10% per la somministrazione e Iva al 22% per la vendita di cibi e bevande.
Ora, capite anche voi che non è facile stabilire con chiarezza se il cibo servito da asporto rientri nella prima o nella seconda casistica. Nella seconda, dice l’Agenzia delle Entrate. Nella prima, dicono i ristoratori, che insistevano per un abbassamento dell’Iva al 10%, e che oggi, con la nuova legge di Bilancio, pare verranno accontentati.
“Allo stato attuale, tenuto conto della riduzione dei coperti per il rispetto degli ingenti vincoli igienico sanitari per la somministrazione in loco degli alimenti, la vendita da asporto e la consegna a domicilio rappresentano modalità integrativemediante le quali i titolari dei suddetti esercizi possono svolgere la loro attività”, il sottosegretario al MEF Alesso Mattia Villarosa . “Alla luce di quanto suesposto entrambe le ipotesi possono rientrare nell’applicazione delle aliquote ridotte”.
In effetti, il 20 dicembre sono stati approvati dalla Commissione Bilancio della Camera alcuni emendamenti al testo della Manovra, e tra questi c’è una norma che inserisce la consegna a domicilio e l’asporto di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati nella lista dei casi a cui è applicabile l’IVA agevolata.
Urrà per i ristoratori, dunque: il cibo d’asporto e a domicilio verrà tassato meno, così come chiedevano da tempo. Resta da dire però che, in questi termini, il provvedimento passa come una concessione data ai ristoratori in questo periodo di crisi, per agevolare l’unica fonte di reddito che gli è rimasta nei periodi di chiusura forzata. Ma, come abbiamo detto, la questione dell’Iva sull’asporto è più vecchia, e c’è la possibilità (e la speranza, da pare dei ristoratori) che le cose possano rimanere così anche quando le cose saranno ritornate alla normalità.