Il 15 gennaio scadranno gli effetti dell’ultimo DPCM, quello del 3 dicembre, che regolava aperture – e soprattutto chiusure – nel periodo delle feste. Di più: per alcune delle limitazioni previste in quel DPCM, la scadenza era ancora più vicina, fissata per il 6 gennaio. Ora però, a un passo da quella data, resta da chiedersi cosa succederà a partire dal 7 gennaio. Bar, ristoranti ed esercizi commerciali potranno effettivamente riaprire e, magari, tenere le serrande alzate con un minimo di continuità?
La risposta a questa domanda, in realtà, non c’è ancora. Con le solite tempistiche dell’ultimo minuto a cui purtroppo ormai ci stiamo ancora abituando, il Governo sta vagliando tutte le ipotesi per contenere la diffusione del Coronavirus, visto che la curva che regola il rapporto tra persone testate e casi accertati continua, ahinoi, a crescere.
Per questo, l’ipotesi più probabile è quella di una nuova stretta. Pare che continueranno a essere tempi difficili per il comparto della ristorazione, accusato spesso di essere una delle situazioni in cui il contagio può correre più liberamente.
DPCM 3 dicembre: cosa prevedeva
Il Dpcm 3 dicembre 2020, in vigore dal 4 dicembre al 15 gennaio 2021, manteneva sostanzialmente la diversificazione delle restrizioni, già adottata dal Dpcm 3 novembre 2020, nelle tre aree gialla, arancione e rossa, corrispondenti ai differenti livelli di criticità nelle Regioni del Paese. Un sistema che – disse Giuseppe Conte – “si sta rivelando efficace”, e che è quindi probabile verrà mantenuto anche in futuro.
Questo Dpcm però ha anche introdotto ulteriori restrizioni anche nelle aree gialle per il periodo dal 21 dicembre al 6 gennaio. Divieto di spostamento tra regioni diverse e anche tra comuni nei giorni festivi, estensione del coprifuoco per la notte di Capodanno, eccetera. Per quanto riguarda le attività di ristorazione, nell’area gialla prevedeva l’apertura con consumo al tavolo dalle ore 5 alle ore 18, e l’asporto dalle 18 alle 22; mentre nelle aree arancione e rossa l’apertura esclusivamente per l’asporto dalle 5 alle 22.
Nuove misure: le ipotesi sul tavolo
Al vaglio del Governo ci sono ipotesi diverse per contrastare quel nuovo picco di contagi che quasi sicuramente arriverà con la terza ondata. Ondata inevitabile per alcuni, perché frutto fisiologico dell’andamento della viralità della pandemia; per altri invece frutto dell’allentamento delle restrizioni nel periodo pre festivo, quando in molti si sono riversati nelle strade per gli acquisti natalizi, salvando in parte i conti dei negozianti ma forse mettendo a rischio la salute collettiva.
Per questo ora si tenta di correre ai ripari, e la sensazione è quella che ci saranno nuove strette in arrivo in tutta Italia, in cui di certo verranno coinvolti anche bar e ristoranti.
Ipotesi 1: criteri più rigidi
Pare che il Governo, di fronte alla crescente curva dei contagi ma anche alla crescente impazienza dei cittadini, stia vagliando due principali ipotesi per il resto del mese di gennaio. La prima manterrebbe la divisione dell’Italia in zone “a semaforo”, ma prevedrebbe criteri più rigidi per l’assegnazione delle zone arancioni e rosse, quelle in cui si impongono le restrizioni maggiori. Ci sono infatti regioni che a oggi vedono aumentare in maniera importante il numero dei contagi, ma che rimangono in zona gialla per la combinazione dei dati dei diversi indici su cui si parametrano i colori del “semaforo”.
Ipotesi 2: zone rosse nei weekend
La seconda ipotesi, che al momento sembra essere piuttosto accreditata (almeno, stando alle fonti istituzionali) è quella dell’istituzione della zona rossa durante i weekend in tutto il territorio italiano, indipendentemente dall’indice Rt. Questo significa che anche chi si trova in zona gialla, con limitazioni minime e legate soprattutto agli orari serali, vedrà invece il sabato e la domenica la chiusura di bar, ristoranti, negozi, centri commerciali. Una soluzione che potrebbe rappresentare una via di mezzo per limitare gli assembramenti ma permettere comunque le aperture.