Le misure anti-covid continuano ad allentarsi, come previsto nell’ultimo decreto Riaperture: da oggi – in zona gialla, dunque in tutta Italia – ristoranti, bar e pizzerie possono riaprire gli spazi al chiuso. Mentre le regioni promosse in zona bianca – Friuli Venezia Giulia, Molise e Sardegna – hanno potuto riaprire le sale all’interno già da ieri.
Dal 7 giugno il coprifuoco scalerà di un’ora, dalle 23 a mezzanotte, fino ad arrivare al 21 del mese quando sarà definitivamente abolito. Una boccata d’ossigeno per centinaia di lavoratori e imprenditori del settore, che da quando è iniziata la pandemia sono stati costretti a chiudere o a lavorare a regime più che ridotto. Tant’è che molti lavoratori della costellazione Horeca hanno deciso di cambiare impiego: da una parte, per evitare di rimanere fermi troppo a lungo, dall’altra, invece, a causa dei sussidi della cassa integrazione che soprattutto all’inizio della pandemia hanno registrato notevoli ritardi creando problemi economici a camerieri, sommelier e cuochi. Così oggi molti ristoratori fanno fatica a trovare personale da impiegare in sala e cucina (secondo Fipe ne mancano all’appello più di 150 mila). Gli indirizzi dei centri storici, svuotati per l’assenza di turismo e dallo smartworking forzato, sono allo stremo. La speranza, quindi, è che si riapra per non chiudere più perché un nuovo regime di lockdown duro finirebbe di spezzare un settore piegato profondamente dalle restrizioni.
Mascherine anche se seduti al tavolo
Il servizio all’interno comporterà l’uso delle mascherine, e, a differenza del passato, non solo quando non si è al tavolo: il Comitato tecnico scientifico, nelle sue ultime linee guida inviate alle regioni, ha stabilito che nello svolgimento del servizio, sia a pranzo sia a cena, “i clienti dovranno indossare la mascherina a protezione delle vie respiratorie in ogni occasione in cui non sono seduti al tavolo, tranne nei momenti del bere e del mangiare”. Insomma, tra una portata e l’altra, o durante l’ordine, in teoria dovranno essere sempre indossate. Una raccomandazione che ha generato diverse polemiche nei giorni scorsi, anche da parte degli stessi presidenti di regione.
Sul tema delle mascherine è intervenuto Franco Locatelli coordinatore del Cts e presidente del Consiglio superiore di sanità, intervistato dal Messaggero: “Presto potremo cominciare a pensare di abbandonare i dispositivi di protezione individuale. Ma solo all’aperto, vorrei sottolinearlo. Direi che si può parlarne dopo la metà di luglio, prima è largamente prematuro”. E al chiuso? Secondo Locatelli è ancora troppo “presto”.
Con le riaperture delle sale interne, rimane il limite di quattro clienti non conviventi al tavolo, quindi i gruppi non potranno tornare a mangiare insieme. Una norma che negli ultimi giorni è stata oggetto di varie interpretazioni, tant’è che oggi il ministero della Salute ha dovuto inviare un chiarimento a riguardo: “Il limite rimane in vigore sia in zona gialla sia in zona bianca”, grazie a una postilla inserita nell’ultimo decreto Riaperture che richiama le vecchie norme sul contingentamento delle persone al tavolo. In ogni caso, ristoranti e bar – scrive il Cts – dovranno “definire il numero massimo di presenze contemporanee (all’aperto e soprattutto al chiuso) in relazione ai volumi di spazio e ai ricambi d’aria ed alla possibilità di creare aggregazioni in tutto il percorso di entrata, presenza e uscita”. E si raccomanda di rendere disponibili e obbligatori prodotti “per l’igienizzazione delle mani per i clienti e per il personale anche in più punti del locale”.
Torna il caffè al banco
I bar finalmente tornano a servire caffè e cornetti al banco: con le riaperture al chiuso, infatti, sarà possibile fare questo nuovo passo verso la normalità, non una banalità per il nostro paese che ha nel suo dna il servizio delle colazioni e dell’espresso direttamente al bancone. In ogni caso, i proprietari dovranno far rispettare il solito distanziamento tra i clienti, almeno un metro tra una persona e l’altra, e prevedere ingressi contingentati nel caso di pienone, per evitare assembramenti. La stessa regola vale per i pub e le gelaterie.