Quale plexiglass, quale take-away con ritiro al bancone e cliente “cacciato” fuori in sette secondi per evitare contagi: cosa c’è di più sicuro di mura rinascimentali, dalle quali far passare bevande e alimenti, attraverso un piccolo pertugio? Dopo il Covid-19, i ristoranti di Firenze ripartano dalle buchette del vino!
No, non sono impazzito. Ieri passeggiando (è attività motoria, brigadiere) dalle parti di Santa Croce sono finito nel piccolo slargo dove si trova Vivoli, una gelateria storica di Firenze che pareva completamente chiusa, fatto salvo per un paio di cartelli messi lì a bella posta per attirare l’attenzione dei passanti. Avendo voglia di libertà quanto di gelato ho provato a concentrare quel che resta della mia attenzione e guardando meglio sono riuscito a capire che sì, le serrande della gelateria erano in effetti abbassate ma la buchetta del vino era aperta. Mi sono avvicinato e ho mandato una voce (attraverso la mascherina) all’interno della piccola porta. Mi ha risposto una donna, dicendomi che avrei potuto ordinare del gelato ma tramite WhatsApp, il numero era scritto lì sopra, insieme ai gusti disponibili. Mi rendo conto che messa così – una stanza segreta, una voce che promette delizie, una donna misteriosa – può sembrare l’inizio di una novella di Boccaccio, ma in realtà non seguono evoluzioni rocambolesche e pruriginose, la storia è tutta qui.
La buchetta del vino si faceva così buchetta del gelato, nonché sistema migliore mai escogitato da chiunque in qualunque epoca per acquistare cibo da asporto in barba alla contagiosità di qualsivoglia virus.
Le buchette del vino sono quelle che risfoderammo la scorsa estate da un silenzio stampa generale di anni e anni, in occasione della riapertura di una di queste; quella di Babae, ristorante fiorentino, veniva saltuariamente utilizzata proprio come un tempo, per servire bicchieri di vino ai passanti (in orario aperitivo).
Dato che potreste legittimamente non sapere di cosa stia parlando, Let Me Google That For You. Dovete dunque sapere che in molti palazzi signorili di Firenze si aprono a circa un metro dal suolo delle minuscole porticine, si direbbero adatte a degli gnomi (se fossero a terra) o, chissà, a delle fate. Ormai non sembrano servire più a nessuno, siamo infatti abituati a trovarle chiuse se non addirittura murate o inghiottite dalle ristrutturazioni dei palazzi, possono infatti perfino spuntare in quelli che oggi sono gli androni o l’interno dei negozi.
Ma a che servivano queste porticine a mezza altezza? Ebbene, la risposta è più sorprendente di quanto non si possa pensare. In queste aperture si rivelava una mirabile tradizione fiorentina. Queste erano le cosiddette buchette del vino. Dette anche tabernacoli, finestrini o finestrelle, erano poste sin dal Cinquecento ai lati dei portoni dei palazzi delle grandi famiglie proprio per vendere un bicchiere – o perfino un fiaschetto – di nettare. Ogni famiglia abbastanza ricca da avere delle tenute non lontano dalla città, attraverso questi benedetti pertugi smerciava il vino ai viandanti. Era anche un’attività conveniente: essendo la produzione familiare la vendita era esentasse. Inoltre le buchette erano pensate per tutti, soprattutto per i più poveri. Ancor oggi in città ce ne sono 170, 145 delle quali nel centro storico.
Ripassata l’antica usanza ora mi ritrovo a rinnovarla ordinando un gelato a una invisibile sirena che però, come detto, mi intima di farlo servendomi di WhatsApp (se vi dovesse servire il numero da aggiungere in rubrica è 342 6928137, ma sinceramente vi sconsiglio di ordinare una coppetta di gelato se siete a più di quindici metri dalla buchetta), a causa di alcuni dei classici paradossali deliri delle ordinanze regionali. Per il cibo da asporto bisogna infatti ordinare in remoto, anche quando – come nel caso di una coppetta di gelato – è evidente che chi lo prende lo consumerà lì per lì. In ogni caso digitati i gusti desiderati e la dimensione della coppetta – 3 euro, non lesiniamo – nella nota chat, poco dopo vedo comparire un vassoietto con scontrino e gelato dalla rediviva buchetta del vino.
Dato che, vale la pena ripeterlo, questo mi pare davvero il modo igienicamente più sicuro per comprare cibo da asporto in quest’epoca sfortunata, non posso che augurarmi che tutti i negozianti in grado di vendere cibo con una buchetta a disposizione comincino a utilizzare questo metodo. Che in effetti non è ancora diffuso, nel Quarantocene che stiamo attraversando attualmente l’unica buchetta in funzione dovrebbe essere proprio questa di Vivoli, ma facendo un giro su Internet ho scoperto che tra pochi giorni, a partire da giovedì 7 maggio, anche Babae, il locale di cui vi avevo parlato qualche mese fa, riaprirà i battenti e sfrutterà per l’asporto proprio la buchetta che tante attenzioni aveva allora attirato.
https://www.facebook.com/babaefirenze/videos/2625680201000956/?v=2625680201000956
Dal 7 Babae fornirà così la possibilità di comprare cibo e bevande da asporto attraverso la buchetta e inizierà anche un servizio di delivery, per il quale è sfruttata ancora una volta l’immagine delle buchetta: nel video che ho trovato sulla loro pagina Facebook si vede infatti volare fuori proprio dall’antica porticina un sacchetto di carta contente il vostro cibo, che un attimo dopo finisce su un’ape (intendo il furgoncino) diretto a casa vostra.
Se avete un locale e una buchetta del vino, pensateci: è davvero il momento di aprirla.