Quando una mangiata ispira un’infinità di riflessioni è sempre un buon segnale e, devo avvertirvi, qui da Sui Generis non si sono risparmiati. Il nome di questo ristorante di Saronno è salito agli onori della cronaca nel 2023 quando, a soli nove mesi dalla sua apertura si è aggiudicato la fatidica stella Michelin, con uno chef, Alfio Nicolosi, alla sua prima esperienza solista, e si presenta con tutti i crismi del fine dining contemporaneo: solo menu degustazione, pairing (anche) analcolici, approccio esperienziale, cucina a vista… non manca nulla.
Quello che potrebbe mancare è un’idea forte che sorregga il tutto, ma i ragazzi sono rapidi a smentirmi, e già dai primissimi passaggi i temi da sviscerare sono molti.
Sfido chiunque altro a vedere in questo anonimo viale residenziale di Saronno, negli spazi che ospitavano un cotonificio, un ristorante di eleganza materica, totalmente scevro dal superfluo eppure pieno di dettagli millimetrici, illuminati da punti luce perfettamente allineati, in cui ogni tavolo ha un punto di vista privilegiato sull’ampia cucina a vista. Uno stile fatto proprio nel percorso di studi in scienze dell’organizzazione o nell’esperienza nelle visionarie cucine del Kresios? Probabilmente entrambe.
Un solo menu degustazione, meno male
“Amore e Psiche”, il menù degustazione di Sui Generis e solo -evviva!- percorso disponibile (3 atti da 3 corse ciascuno a 151 euro), si apre con un’ostrica fritta (si, cuocerle non è un crimine) e un club sandwich, di ombrina, golosissimo e degno di un lounge bar internazionale, a sottolineare una varietà di registri e la capacità di identificarli ed amplificarli che lascia spiazzati.
Singoli bocconi curati come portate propriamente dette, e questo approccio, e la precisa struttura del percorso (è pur sempre elaborato da uno scienziato dell’organizzazione) non possono che implicare l’obbligatoria via dell’unico menù degustazione: non mi convincerete mai, nei locali dove si fa vera cucina d’autore l’incedere del menu è importante quanto i piatti singoli, e scegliere alla carta è un rischio da scongiurare e non un privilegio. In questo Alfio è ben supportato dal comparto sala e cantina, in cui Agata Nicolosi, sorella di Alfio, conduce una brigata tecnica e coordinata, e fa valere il forte legame con la cucina, proponendo anche due interessanti percorsi al calice, uno a 95 euro e uno analcolico a 85.
In ogni caso tranquilli, quando il piatto lo richiede i mozzichi sono tanti e generosi. Il primo atto prosegue con un ramen di calamari in brodo di katzuobushi che alle sapidità concentrate che ci si aspetterebbe preferisce una pulizia cristallina. È poi il momento di una delle firme di dello chef, i risoni con ristretto di mare, limone e plancton. Sorta di crasi tra due delle firme del Kresios, lo spaghetto con cinquanta pesci e la pastina, dà l’illusione di essere il famigerato “piatto di pasta” tanto anelato dai critici del fine dining, e in un certo senso lo è.
Ma con estrema perizia e profondità Alfio non lo gioca solo su umami e iodio, ma lo fa sottendere da una nota più complessa e austera, che ricorda fegati di seppia e un approccio un po’ più hardcore al mondo ittico, creando uno di quei rari casi in cui un piatto accontenta nerd e clienti occasionali. La dimostrazione di questo è la riuscita dell’abbinamento con un kombucha (al bergamotto), che chiude estremamente pulito le persistenze del piatto e l’acidità acetica e intensa del calice.
Il local è un obbligo?
Ora, tra un atto e l’altro è giusto concedersi un’altra riflessione. Finora abbiamo assaggiato materie prime provenienti da un po’ tutte le parti, nord, sud, Giappone, eppure scopriamo ora che Sui Generis ha un suo orto e, ci viene spiegato durante la cena, uno stretto rapporto con alcune realtà locali. Ma quindi, da che parte sta? Fortunatamente da nessuna. Se da una parte chi sceglie il rigore nel kilometro zero e lo fa con consapevolezza trova in questo apparente limite delle nuove modalità espressive, non è un percorso per tutti.
Chef Nicolosi da questo punto di vista dimostra di avere le idee chiarissime, trova ispirazione senza ideologie, pur affrontando direttamente i temi che contraddistinguono la ristorazione moderna: tecnica e tecnologia usate per limitare gli sprechi, e l’attenzione alle risorse umane. Ci raccontano durante la cena che in fase di assunzione il personale viene sottoscritto un manifesto pensato per tutelare l’equilibrio tra vita e lavoro, includendo nelle attività una formazione continua.
Amore e Psiche secondo atto
Col secondo atto si ricomincia e si riparte con un giro di assaggi, e con quella sensazione che per ogni preparazione venga ingaggiato un nuovo chef, le cui origini rendono il piatto tanto autentico da sembrare inverosimile, pur non sfuggendo alla struttura ferrea del percorso. Così, dopo un dim sum con un kimchi e un bocadillo de calamares con salsa brava, la consacrazione arriva con il fulminante taco di granchio blu con finger lime e mele al gin: ok per la farcitura che rende adriatico e sostenibile un lobster roll, ma il capolavoro si nasconde in un elemento apparentemente innocuo, ossia il taco in sé, che nasconde un lavoro magistrale sulla masa harina.
Un piccolo giro del mondo in formato aperitivo, il cui abbinamento riflette lo spirito scanzonato: una bock, birra dal profilo maltato pigliatutto, del vicino birrificio Vetra. Secondo atto, secondo carboidrato: raviolo di patata fondente, lardo di morone e tartufo di Ripa di Fagnano Alto. Anche qui la pasta si presenta apparentemente “solo” piaciona, ma nasconde un lavoro chirurgico sulla persistenza della parte grassa del pesce, regalando un finale aromatico e salino. Il secondo atto si conclude con una proteina di lusso, un petto d’anatra, con susine fermentate e cavolo nero. Impeccabile, ma probabilmente l’unico passaggio un po’ “telefonato” del percorso.
Finalmente dei grandi caffè
Il terzo atto è quello dei dolci, con la dedica alla Sicilia di mandorla, caramello, caffè, e una giocosa rivisitazione gourmet del pane e nutella del gelato al pane e crema alle nocciole. La fine del percorso ci regala l’ultimo di una sequenza apparentemente infinita di dettagli piacevoli: una curatissima carta dei caffè, ben raccontata attraverso una mappa e con tre estrazioni da cui scegliere, perfettamente eseguite al tavolo. Sorseggiando un Panama Geisha a filtro, ci concediamo le ultime di molte riflessioni che questo “Amore e Psiche” ci ha ispirato. Alfio e Agata Nicolosi si sono prefissi l’obiettivo di portare il mondo a Saronno e Saronno nel mondo, e ci sono riusciti: un concetto, quello del “viaggio gastronomico”, fin troppo inflazionato, ma che qui trova, con coerenza, progettualità e la giusta dose di “cazzimma”, senso compiuto, sostenuto dalla capacità dello chef di acquisire con disinvoltura gli stilemi più autentici di cucine lontane.
Opinione
Difficile non restare stupiti dall’ampiezza di stimoli della cucina di Sui Generis. Alfio Nicolosi è chef intelligente e colto, con una positiva ossessione per dettagli. Il rapporto familiare con la sala, gestita dalla sorella Agata offre un supporto ideale a un menù complesso e strutturato, sia con la tecnica di servizio che con abbinamenti centrati.
PRO
- Una cucina sorprendente e libera, in grado di portarci davvero in giro per il mondo con autenticità e cultura
- Sala ben coordinata
- Un percorso abbinamenti interessante e studiato al millimetro
- La carta dei caffè
CONTRO
- Il "terzo atto" non tiene il passo degli altri due