Quando Castel Maggiore si chiamava ancora Castaniolo Maggiore ed era poco più di un campanile, qui già sorgeva l’antica Villa Zarri. Costruita nel tardo Cinquecento e completamente ristrutturata un paio di secoli dopo, è caratterizzata dai vasti saloni e dal grande parco disseminato di statue. Oltre al ristorante Iacobucci (1 stella Michelin), la villa di Bologna ospita anche la distilleria e le cantine del marchio Villa Zarri che produce uno dei brandy più apprezzati al mondo, alta espressione dell’arte liquoristica italiana.
La sala del ristorante è ampia, consentendo una disposizione dei tavoli dal respiro adeguato, ed è impreziosita dai bellissimi soffitti cassettonati decorati a grottesche e dagli antichi lampadari in vetro di Murano. Da qualche mese trovano spazio anche grandi piante per ravvivare ulteriormente gli interni. L’apparecchiatura è elegante e minimale, una sobrietà che si addice alla filosofia del ristorante, dove tutto è curato nei minimi dettagli, senza inutili fronzoli e compiacimenti puramente estetici.
Lo chef
Lo chef è Agostino Iacobucci, 43 anni originario di Castellamare di Stabia. L’inizio della carriera lo vede impegnato nelle cucine della Cantinella, storico ristorante sul lungomare di Napoli, dove riesce a conquistare la prima stella Michelin. Trasferitosi a Bologna, entra nel ristorante I Portici, all’epoca già stellato, e ci rimane per sette anni. Infine la decisione di tentare la propria strada allestendo il ristorante all’interno degli spazi di Villa Zarri, dove lo troviamo tuttora. L’amore per la cucina di mare e le sue radici partenopee ogni tanto esondano piacevolmente nella linearità della costruzione dei piatti.
Il menu e i prezzi
Il menu è strutturato con due proposte degustazione: Storico (99 euro) e Vegetariano (99 euro) da dieci portate, a cui si aggiunge Esplorando (119 euro) da dodici portate scelte dallo chef. I singoli piatti possono essere scelti anche alla carta, ma i percorsi degustazione sono caldamente consigliati (dallo staff del ristorante, ma anche da noi) per apprezzare appieno l’esperienza della cucina di Agostino Iacobucci. Il turn over all’interno del menu e nella composizione delle degustazioni è piuttosto veloce, seguendo la stagionalità dei prodotti e le suggestioni della cucina, sebbene rimangano fisse alcune creazioni come la seppia con spuma all’aglio, olio all’n’duja e lime o il Napoli incontra Emilia che sono tra i piatti più apprezzati e richiesti.
La carta dei vini è assolutamente all’altezza del locale, con grandi referenze italiane e straniere. Per la degustazione è consigliato il pairing dei vini per una panoramica di giusto respiro.
I piatti
Chiariamo fin d’ora che non siamo di fronte a una cucina che reinterpreta la grande tradizione petroniana in chiave fine dining. I piatti sono una chiara espressione dello spirito dello chef guidato da un solido, ma esuberante, eclettismo.
Si inizia con un benvenuto dello chef composto da stuzzichini e amuse-bouche da cui si indovina già la precisione quasi maniacale delle presentazioni. Delicatissime cialde e frolle perfettamente eseguite aprono in bellezza la cena.
La nettezza che accompagna l’intera degustazione non riguarda la sola dimensione visiva, ma anche le cotture, le consistenze e la lucentezza dei fondi. Si intuisce la grande tecnica in cucina, mai fine a sé stessa, ma applicata all’esaltazione delle materie prime.
Si prosegue con un tataki di ricciola dal morso perfetto, accompagnato da cavolfiore e kumquat per fornire una nota acidula e agrumata.
L’Anguilla di Comacchio con pinoli e agrumi è servita con una misticanza al gin dai profumi orientali dell’aceto di soia e della salsa ponzu. Due piatti all’insegna della freschezza dove i sapori di mare lavorano in retroguardia ed escono con grande delicatezza grazie al bilanciamento degli ingredienti.
Si cambia passo con la terza portata, uno dei piatti più conosciuti e apprezzati di Agostino Iacobucci, che arriva deciso sui sentori di pesce. Si tratta della seppia con spuma dolce all’aglio, olio all’n’duja e lime. La consistenza candida e schiumosa della superficie non svela cosa ci aspetta e il consiglio è di raccogliere la composizione con il cucchiaio partendo dal basso, in modo che siano presenti tutti gli ingredienti a ogni boccone. Una sorta di zuppa 2.0 dalle spiccate note aromatiche in cui prevalgono i sentori del pesce fresco smorzati dall’aglio perfettamente dosato che arriva al naso, ma non al palato. Con stupore, il gusto piccante dell’nduja e quello acido del lime arrotondano la composizione e danno un tocco stranamente tradizionale. Un piatto che, da solo, vale la visita.
L’ordine è quello tradizionale pertanto, dopo la “zuppa” non possono mancare i primi: due portate di pasta ripiena, la prima in brodo, la seconda asciutta, in un crescendo di consistenze e sapori. I bottoni ripieni di totano, patate e dragoncello sono serviti in un leggerissimo brodo e confermano l’amore dello chef per la cucina di mare e le esecuzioni millimetriche. Il secondo piatto di pasta è invece un dichiarato omaggio alle due capitali gastronomiche della penisola: Napoli e Bologna che rappresentano anche le città dove si è svolta la carriera di Iacobucci. Si tratta di un tortello rotondo riempito di carne di ragù napoletano condito con il pomodoro dello stesso ragù, un aromatico gel al basilico e infine una spuma al parmigiano 36 mesi che ammorbidisce il gusto e riporta in Emilia.
L’agnello cotto al fieno con castelmagno, pistacchio, lampone e carciofo alla brace rappresenta la portata di carne e si fa apprezzare per il gusto intenso di arrosto. Stupendo il piccolo cubo di pancia cotta sui carboni e glassato, vera piccola delizia che esalta un taglio meno nobile, ma apprezzato da chi ama questo tipo di preparazioni.
Come pre dessert viene servito un gelato al latte bruciato al fieno accompagnato da una mou salata cremosa, crumble al cioccolato decorato con i pop corn, che ci proietta alla serata di cinema che ci aspetta dopo cena. Ma il pezzo forte tra i dessert deve ancora arrivare: il babà a tripla lievitazione. Sebbene sia abbondantemente bagnato al rum, come vuole la più tipica tradizione partenopea, mantiene una straordinaria elasticità e consistenza al morso. Un piccolo lievitato di rara maestria pasticcera.
Infine la divertente piccola pasticceria con un’arachide ricoperta di cioccolato e nocciole, una micro cheesecake sostenuta da una croccante pasta frolla, un marshmallow al frutto della passione, croccantissime sfogliatelle e una pralina che racchiude un’interpretazione del classico tiramisù.
Considerato che Villa Zarri è il regno dei distillati, si consiglia un assaggio degli eccezionali brandy artigianali che vengono prodotti in loco e riscuotono da sempre grandi apprezzamenti in tutto il mondo, Francia compresa.
Agostino Iacobucci si conferma uno chef dalle grandi doti, in possesso di una tecnica invidiabile, che utilizza a servizio di una cucina costruita a filo di bisturi, dove non sono ammesse sbavature. Alcuni suoi piatti non sfigurerebbero in nessun ristorante ben più blasonato e non stupirebbe affatto se, alla prossima tornata della Rossa, fosse premiato con un’ulteriore, meritata, stella.
Opinione
Lo stellato più interessante di Bologna è fuori porta, ma la gita non delude. I piatti sono ben pensati ed eseguiti alla perfezione grazie a un’invidiabile tecnica.
Non troverete la grande tradizione emiliana, ma una cucina ibrida ed eclettica dettata dallo spirito dello chef Agostino Iacobucci.
PRO
- Alta tecnica culinaria tesa all'esaltazione delle materie prime
- Alcune preparazioni indovinate sono sopra le aspettative
CONTRO
- Alcuni assaggi meriterebbero porzioni più generose per essere apprezzati a pieno