Nel 1955 il giornalista RAI Guido Piovene fu incaricato di percorrere la penisola da Nord a Sud per raccontarla in una trasmissione radiofonica e al suo arrivo a Bologna si trovò a passare al Ristorante Da Cesarina. Questo il suo resoconto: “La Cesarina, celebre ostessa bolognese, se questa classica parola, ostessa, non suona offensiva, mi dice «In attesa della minestra, le darei un brodo». Mi porta un’anteminestra di tortellini. Dico che volevo un brodo. «Il brodo bolognese è quello lì che lei ha davanti» mi risponde la Cesarina. «Non sono tortellini; ce n’è una trentina appena.»”.
La risposta salace era tipica di Cesarina Masi che all’epoca era ben più di una cuoca e rappresentava una vera e propria istituzione cittadina: corpulenta e volitiva incarnava l’essenza stessa della bolognesità. Il locale lo aveva aperto nel 1947, dopo avere gestito l’osteria di famiglia di via degli Albari dove, leggenda vuole, abbia inventato i tortellini alla panna. Di sicuro li ha portati al successo, grazie anche alla sua trasferta a Roma nel 1959 dove aprì il ristorante Il Transatlantico, non lontano da via Veneto e dalla movida di politici e attori che frequentavano la città eterna nel suo periodo di massimo splendore. Ambasciatrice della cucina bolognese, la Cesarina ha dato da mangiare a tutti i suoi splendidi tortellini alla panna che, grazie a lei, diventarono un piatto famoso e apprezzatissimo (checché ne dicano oggi i gastropuristi).
Nel frattempo a Bologna il ristorante è rimasto al proprio posto, dove si trova ancora oggi, sotto il portico di piazza Santo Stefano, uno dei gioielli architettonici della città e continua a puntare la barra dritto sulla sulla grande cucina tradizionale, d’altronde basta sfogliare il menu per fugare ogni dubbio: la stretta ortodossia petroniana regna sovrana con pochissime digressioni su piatti più impersonali e qualche proposta di pesce.
La carta dei vini percorre diverse regioni italiane più un angolo di Francia con etichette non sempre scontate che sono chiaramente frutto di una scelta oculata, e ricarichi onesti.
Per aprire ci sono i classici salumi e le crescentine fritte, ma se volete partire in quarta (quella degli schermidori, non dell’automobile) prendete gli stecchi alla petroniana (12,50 euro) che sono spiedini di mortadella e emmental impanati e fritti. Al primo morso la tenace crosticina rivela il formaggio voluttuosamente cedevole e i cubetti di mortadella alternati in bella posta. Vengono serviti con una mini insalatina posizionata all’angolo del piatto con una duplice funzione: creare un contrasto cromatico e confrontare il vostri intenti salutisti. Ma l’insalata mente, si sa. Se invece volete iniziare con qualcosa di più leggero consigliamo la splendida millefoglie di cardi gratinati (13 euro) che mantiene un leggero tocco bolognese con un velo di besciamella e julienne di prosciutto.
Considerata la fama del ristorante sembrava scortese non assaggiare i tortellini alla panna (16 euro), vero e proprio signature dish da oltre settant’anni, ma a dire il vero non ci hanno fatto innamorare. Il tortellino in sé è buono, anzi ottimo, ma il condimento è parso un po’ troppo glutinoso e leggermente insipido, mentre in altri ristoranti si può trovare lo stesso abbinamento con esiti più felici. Detto questo rimane un piatto davvero goloso della tradizione (con la T maiuscola) cittadina. Grande soddisfazione invece con due comfort food invernali come la zuppa imperiale (davvero rara di questi tempi, vera gloria del passato a casa di nonna, 11 euro) e i passatelli in brodo (12 euro), sodi e di bello spessore, serviti in un profumato liquido ambrato.
La brutta notizia arriva con i secondi: durante la settimana il carrello dei bolliti (23 euro) non è disponibile. Un vero peccato perché lo ricordiamo sontuoso e la scelta di riservarlo ai weekend non ci sembra giustificata, anche per il buon numero di clienti in sala nonostante sia un giorno feriale.
Ottimo (e sempre disponibile) il fritto alla bolognese salato e dolce (24 euro) che alterna costolette di agnello, crocchette di ricotta e zucchine con mela e arancia pastellate e fritte, oltre all’immancabile crema fritta. Spiace notare la perdurante assenza delle cervella, un tempo imprescidibili nel fritto bolognese e ancora molto amate dai più tradizionalisti. Da provare anche la faraona (alla moda dello chef con uvetta e pinoli, 18 euro) in un’inedita versione stufata invece che arrosto, indubbiamente molto morbida, ma non convince fino in fondo per l’accostamento che rende un po’ anonimo il volatile.
Sempre rimanendo sulla tradizione, la classica torta di riso per dessert è presentata in formato monoporzione, sorprendente per l’equilibrio di sapori e l’eleganza della struttura: insomma superlativa, probabilmente una delle migliori che si possono trovare in città. Anche la zuppa inglese è servita in bicchiere monoporzione e, a prima vista, potrebbe sembrare un po’ strana con l’esile strato di savoiardi bagnati nell’alchermes a dividere i due corposi strati di crema gialla e nera, ma il risultato è eccellente per la consistenza e la qualità delle creme. Chi non vuole farsi mancare niente può optare per la crema e la mela fritte, con quel tocco d’antan dato dalle ciliegine candite sul piatto.
Seppure il repertorio sia identico da decine di anni non si avvertono segni di stanchezza, segno di una buona mano in cucina e una solida tradizione alle spalle, due fattori che si rivelano vincenti. Non è sempre scontato trovare ristoranti che mostrino una tale qualità nel panorama cittadino che, oltre a essere affetto da una sindrome di scarsa creatività, a volte riesce a zoppicare anche sui classici piatti della nonna. Alla Cesarina, invece, la buona cucina si taglia a fette ed è difficile andare via delusi.
Opinione
Una cucina solida, su cui può contare chiunque voglia fare un tuffo nell’autentica tradizione bolognese. Più di un ristorante, un monumento in cui, leggenda vuole, siano stati inventati e portati al successo i tortellini alla panna. Merita una visita per tutti gli amanti della gastronomia petroniana
PRO
- I piatti tradizione sono scelti con cura, anche tra quelli meno frequentati, per cui si possono trovare vere e proprie rarità gastronomiche
- Grande cura in cucina e attenzione in sala
CONTRO
- Il carrello dei bolliti si può trovare solo nel fine settimana
- I famosi tortellini alla panna non sono il loro piatto migliore