Nola, delizioso pied à terre in provincia di Napoli, gode di florilegio ristorativo, accentuatosi negli ultimi anni. Merito, sicuramente, della notevole capacità commerciale cittadina, interporto terrestre tra i più importanti d’Europa. Pasticcerie, locali d’accoglienza di vario tipo ed anche una discreta possibilità di fare esperienze fine dining. Proprio qui avevo individuato il ristorante Re, Santi e Leoni , nel cuore della città bruniana, la ventura stella Michelin, azzeccando alla grande il pronostico durante il consueto totostelle di Dissapore.
Ammetto di aver giocato facile: Luigi Salomone, chef del ristorante, ha alle spalle un solido e valido curriculum che ha portato fortuna alla nuova realtà. Lo avevamo visto all’opera a Piazzetta Milù, altro ristorante che Salomone ha portato in Guida Michelin.
Il ristorante
Il ristorante Re, Santi e Leoni si trova a Via Anfiteatro Laterizio, adiacente a Piazza Clemenziano, nelle immediate vicinanze della Cattedrale di Nola e del Tribunale. Posizione eccellente, al centro della città e raggiungibile a piedi oppure in auto per chi viene da fuori. Al piano terra di un palazzo storico, l’arredo è minimale, elegante e moderno, con dominanza dell’alluminio e del contrasto nero-bianco, con numerosi accessori di design, come le lampade. Un’eleganza molto classica che ben si innesta nel panorama circostante. La sala è unica, sui 45 posti a sedere e si sviluppa in lunghezza: alla fine della stessa, c’è la cucina a vista e quello che potrebbe essere una sorta di chef’s table. Il tufo della struttura è un salvavita durante l’afa agostana, permettendo un clima fresco al di là dell’aria condizionata.
La cucina, i prezzi, i piatti
Nonostante la giovane età, Luigi Salomone è uno chef d’esperienza, non divo, non protagonista: la sua cucina autoriale è atta a fornire un servizio alla clientela; quello che ci aspetterebbe dai cuochi, direte voi, non per forza soggetti a divismi e trovate pubblicitarie. D’altro canto non aspettatevi esuberi creativi: se la media del fine dining campano si attesta sulla confortevole tradizione, ma c’è qualche sorpresa. Viene da pensare che lo studio della clientela, da queste parti, sia stato fatto per benino: il risultato è una piacevole esperienza calibrata su quest’ultimo.
Una clientela che il ristorante vuole varia, il più possibile: il prezzo di partenza per il menu degustazione è di 65 euro, con i quali è già possibile avere una panoramica sufficiente della cucina, con qualche piccola aggiunta qualora si voglia osare o provare altro. Poi, sempre che non si voglia ordinare alla carta (c’è sempre qualcuno che ordina “il gran crudo” allo stellato, valli a capire), il cliente può sbizzarrirsi con un percorso a 6 portate (per 85 euro), o con la “libera interpretazione dello chef” da 110 euro.
Le amuse bouche rendono già l’idea della cucina campana ingentilita e rivisitata, tra l’utilizzo dei mitili, gli air waffle e le più semplici polpette di melanzane. Il cestino del pane è una pagnotta intera, con 3 giorni di lavorazione, servita con ricotta mantecata e polvere di pomodoro.
Le proposte sono declinate sull’estate ovviamente: la fresellina con gamberi, musetto e anguria diverte e ricorda la comune frisellina al pomodoro, colorata dal fondo di anguria. Il musetto di vitello – in dialetto napoletano, parte di ‘o per e ‘o muss, il nostrano quinto quarto sbollentato e servito con olive, peperoncino fresco e limone – fa sorridere di ricordi infantili, di quando il Ferragosto era (e per molti, è ancora) rappresentato appunto da questi “cuoppi” grondanti limone, mangiati ai tavolini di plastica bianchi.
Tra i primi piatti, spicca per esecuzione perfetta il risotto mozzarella, acciughe, limone e tartufo estivo: il riso, cotto in liquido di governo della mozzarella è profumato e croccante in perfetto equilibrio con la sapidità delle acciughe, un piatto goloso. Decisamente sapido e popolare il fusillone con scampi, limone e nocciola. Golosi anche i secondi: esempio ne è la triglia fritta in pane panko e ravanelli.
Tra i dolci, la rivisitazione del Winner Taco è una delle cose più irriverenti che potrete mangiare da queste parti e dà una sferzata decisa al menu, con un cambio di sapori netto e le nocciole caramellate che – anche qui! – ricordano felicemente le feste agostane di paese. Divertente e di sostanza la piccola pasticceria finale: memorabile il pasticciotto, servito caldo, che avrete voglia di portarvi a casa per il giorno dopo a colazione.
La cantina è molto ampia e ben gestita dal sommelier, presenza discreta e cordiale: la possibilità di pairing è personalizzabile, su richiesta del cliente. Si spazia dai riesling ai vini campani, passando per vini liquorosi, cocktail (ottimo quello proposto durante l’antipasto con gin, mela verde, menta e Cointreau) e birra artigianale campana (in particolare, referenze del birrificio Sorrento): quest’ultima è un plus particolarmente apprezzato e non comune nel fine dining. Che siate fan oppure no del percorso con abbinamenti al calice, sappiate che questo è uno dei casi in cui merita lasciarsi guidare.
Opinione
Re, Santi e Leoni è una realtà molto solida nonostante la giovanissima età di chef Luigi Salomone. L’intera proposta è confortevole e adatta a un’ampia fascia di pubblico, complici i prezzi contenuti e una cucina trasversale, che stuzzica il palato senza eccessi creativi,
PRO
- I pairing alcolici
- Costi contenuti per un fine dining