Razzo a Torino: recensione

Razzo a Torino: recensione

Siamo stati da Razzo a Torino, nuovo ristorante che si ascrive a tutti gli effetti nel panorama della “bistronomie” torinese. La nostra recensione

Un giorno il mercato torinese di vini naturali e animelle sarà saturo e il sabaudo radical chic ordinerà Dom Pérignon e tartare di gamberi, in un gesto di ribellione contro le nuove convenzioni. Ma non è questo il giorno e a me, figlia dei miei tempi, non resta che valutare se il nuovo ristorante aperto sotto il segno della bistronomie torinese sia o non sia degno di nota. E se magari (magari!) abbia anche un’identità tutta sua.

Il nuovo posto in città si chiama Razzo, aperto dall’imprenditore Davide Di Stefano e inagurato – tre mesi fa – sotto la guida di Alessio Zuccaro, che è il cuoco del già noto Gaudenzio. Ad avviamento finito la cucina è rimasta in mano a Nicolò Giugni, che è giovane, non famoso e per la cronaca ha lavorato al Contraste di Milano , oltre che da Piano 35, il ristorante sul grattacielo, sempre a Torino.

ristorante razzo a torino

Quando dico che la cucina gli è “rimasta in mano” intendo letteralmente, dacché quando sono stata da Razzo, una settimana fa, si intravedevano due persone in cucina: lui e il lavapiatti. Il che rende piuttosto ambizioso il menu che mi si pone innanzi, specialmente a posteriori, quando scoprirò che i piatti proposti alla carta sotto forma di ingredienti elencati sottendono una bella tecnica e una matura anima creativa.

ristorante razzo a torino

In altre parole, il piatto presentato così – come adesso fanno in molti – è un’arma a doppio taglio: se poi si rivela soltanto un assemblaggio di ingredienti ci si rimane male. E capita, capita.

Non è questo il caso.

I piatti di Razzo a Torino

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Capasanta con riduzione di latticello e fiori d’acacia

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Dopo l’inevitabile amuse bouche a base di interiora, un rognone di coniglio con pesto d’asparagi e “caviale di senape” – che suppongo sia un modo contemporaneo per dire “senape in grani” – , devo dire delizioso, arriva il primo piatto del mio menu degustazione, un bell’esercizio di stile “acido e amaro”, sebbene delicatissimo: azzeccato apripista con dichiarazione d’intenti.

Tartatin d’oca di Mortara e fichi

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Segue una variazione sul tema foie gras e fichi splendidamente riuscita. Protagonista l’oca di Mortara allevata da Gioachino Palestro (sì, nell’entusiasmo da ipersalivazione ho chiesto al cameriere notizie dell’oca), che vive allo stato brado e mangia fichi e altre cose buone.

L’oca lietamente vissuta è nel prosciutto e nella crema di fegato alla base del piatto, sotto una pasta sfoglia da applausi.

Se penso a quante volte ho assaggiato questo accostamento senza goderne tanto mi viene quasi rabbia, guardate.

Diaframma, parmigiana e nocciole

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Per mio conto il piatto più bello della degustazione: un diaframma vagamente erotico – cosa dico, potrebbe somigliare a una fava di cacao – adagiato su un concentrato di parmigiana più assuefacente di un nutelloide.

Abbastanza clamoroso nel complesso.

Spaghettone, canocchio, olive e zenzero

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Raviolo di animella, basilico e peperone

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Accanto a me c’è un tipo che ha preso la carbonara. Mentre io intingo il raviolo di animella in un concentrato di peperone caramelloso, e poi ci metto il dito, il vicino di tavolo ha ordinato un calice e mangia un piattone di pasta.

Ora, sul perché della carbonara in questo posto, che ha ben altre velleità rispetto a una trattoria rustica, s’è dibattutto.  “Un messaggio chiaro, fatto di rispetto della tradizione ma al tempo stesso di sfida. Un messaggio che esalta le radici e tiene a distanza i rischi di banalizzazione e di sfregio dell’icona”, scrive il collega Gabriele Rosso.

Può essere, e d’altronde la – bella – carbonara che ho visto passare potrebbe sciogliere eventuali dubbi sulla tecnica del cuoco, come fosse una conditio sine qua non per aspirare all’alt(r)a cucina, un patto non scritto con il cliente.

Oppure è l’alternativa giusta per il mio vicino, che da Razzo – ci scommetto – ci è andato perché il lunedì molti posti sono chiusi e lui si trova a Torino per lavoro. Avrà speso una quindicina di euro e si è evitato parecchie sòle nei paraggi.

Anzi, sapete cosa vi dico: che la carbonara, così come un altro paio di piatti nel menu, potrebbero fare la differenza tra un posto che seduce palati evoluti – a suon di amari spinti e sapori acidi- riempiendo tavoli, e un posto che fa lo stesso lavoro ma si divide la clientela con altri locali simili.

Polpo scottato con crema di ‘nduja e asparagi bianchi

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Di certamente distintivo, Razzo, ha la bellezza dei piatti, finanche più espressivi di quelli di tanti altri “bistrot” torinesi più costosi di questo.

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Il dessert ricorda molto “Volevo essere un pomodoro” di Philippe Léveillé, tanto che mi convinco sia un omaggio; in ogni caso sto pagando cinque euro un dolce al cucchiaio squisito. Mozzarella di bufala alla base e fragole con basilico: l’effetto “pomodoro” c’è, soprattutto nel sapore.

I prezzi di Razzo

Come avrete intuito, i prezzi di Razzo sono assolutamente abbordabili: 29 euro il percorso degustazione di tre corse, che sale a 45 per gli assaggi di cinque portate, che son tutt’altro che assaggi.

Ordinando alla carta si sta sulla decina di euro a piatto, con l’eccezione dei secondi – fino a 18 euro – e dei dolci, che costano 5.

Ricarichi del vino onestissimi, come si dice, a fronte di una selezione radicalmente “naturale”, molto varia, che il cameriere padroneggia piuttosto bene.

Conclusioni

C’è una nuova “bistronomie” in città, ed è l’anello mancante tra la tradizione leggermente rivisitata di Scannabue e la creatività ruggente di Consorzio. Non che mancasse una via di mezzo, sia ben chiaro, ma l’entusiasmo di Nicolò, sensibile nei gusti, così come negli impiattamenti – tali da sopperire a un ambiente che lascia poco segno – è trascinante.

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Sono piatti talvolta arditi – non vi ho detti dei ravioli latte e propoli, un combattimento tra il dolce all’amaro splendido – e talvolta più prudenti, ma sempre, almeno per ciò che ho visto, ben riusciti.

Un percorso in crescendo – per i sapori intendo – con picchi brillanti, che a questo prezzo, a Torino, non saprei paragonare.

E caspita, è aperto il lunedì.

Voto: 4/5

Informazioni

Razzo
Numero di telefono: 011 0201580
Indirizzo: Via Andrea Doria 17/F, Torino
Orari di apertura: chiuso la domenica; aperto tutte le sere dalle 19.30 alle 24
Sito Web: www.vadoarazzo.it
Tipo di cucina: creativa
Servizio: attento e informale
Ambiente: bistrot minimal