È arrivato il momento di dirlo: questo green pass, così com’è oggi, fa schifo. Il momento è arrivato da tempo, anzi, e scusate il ritardo: la certificazione vaccinale obbligatoria per mangiare al ristorante anche all’aperto, o per prendere un caffè al bar anche al bancone, è una misura inutile e crudele, che ha pochi effetti sulla salute pubblica e sembra caratterizzata dal solo intento punitivo. Una sanzione, anzi una ripicca: non vuoi vaccinarti? Ti togliamo tutto tranne il lavoro: tutto, anche la pizza, anche il caffè, anche le sigarette.
Da domani 1 febbraio infatti entrano in vigore ulteriori restrizioni e poco importa che non ci riguardino direttamente, a “noi del food”. Green pass (semplice, quindi anche con tampone) per entrare negli uffici postali, in banca, dal tabaccaio; restano salve solo le esigenze alimentari e quelle di prima necessità, salute sicurezza e giustizia – tipo andare in farmacia o in una caserma per sporgere denuncia. Resta libero, e volevo pure vedere, l’accesso a supermercati, discount, negozi di alimentari, mercati all’aperto (e smentita, per fortuna, la voce che girava qualche giorno fa secondo cui in questi posti sarebbe stato consentito acquistare solo certi beni e non altri).
Non so voi, ma noi qui non riusciamo a immaginare nulla di più cattivo e insensato. Ehi, ma che succede, siamo diventati no-vax, Covid-scettici, corona-complottisti? Niente affatto, siamo sempre gli stessi: quelli che ad agosto 2021 – sembra una vita, sono solo sei mesi – hanno salutato l’introduzione dei green pass nei ristoranti come la chiave per uscire dalla pandemia. E allora? Non sono io sei tu, potremmo dire. Non siamo noi ad aver cambiato idea, è il green pass che è mutato radicalmente, in così poco tempo. Ed è mutata anche la condizione oggettiva, la situazione della pandemia e dei vaccinati.
Pensavamo, e continuiamo a pensare, che il green pass semplice sia stato una buona idea. Contemporaneamente, abbiamo sempre sottolineato le problematicità e le contraddizioni: dalla perplessità di trasformare i gestori dei locali in arcigni controllori, alla contraddizione tra gli obblighi per i clienti e quelli imposti ai lavoratori, fino al finto paradosso del novax privilegiato nei dehors estivi.
A voler essere pignoli, dovremmo anche dar ragione a quelli che hanno sempre sostenuto che il green pass sia – dovrebbe essere – una misura di salute pubblica, e non una leva per spingere la gente a farsi il vaccino, cioè un obbligo vaccinale soft: impongo la certificazione verde nei luoghi e nelle situazioni dove il contagio è più probabile, per evitare infezioni e focolai. Ma è chiaro che è sempre stato un po’ l’una un po’ l’altra cosa, e su questa ambiguità si fondano le evoluzioni successive della normativa.
Il green pass nei ristoranti arrivava in un momento in cui la campagna vaccinale sembrava a un punto di stallo: vale la pena ricordarlo, perché qui la pandemia distorce i ricordi e comprime o dilata i piani temporali, ma solo un anno fa non era vaccinato quasi nessuno, e il problema sembrava che non ci fossero abbastanza dosi; poi tra la primavera e l’estate la situazione si ribalta, e pare ci siano più vaccini che gente disposta a farseli. In quel contesto il green pass può aver spinto molte persone, indecise o semplicemente pigre. Ma adesso la situazione è nuovamente mutata: i non vaccinati sono quasi esclusivamente no-vax, cioè uno zoccolo duro di persone difficilmente convincibili, ma soprattutto molto meno rilevanti perché minoranza esigua.
E invece, le norme sembrano aver preso una china ripida, una corsa inarrestabile: è vero c’è stata la quarta ondata, quella di omicron, ma la regolamentazione attuale è assurdamente, inutilmente complicata. Abbiamo una griglia, da un lato i 4 colori che caratterizzano le regioni, i quali vanno incrociati con le 3 o 4 categorie in cui sono classificate le persone: non vaccinati, solo tamponati, vaccinati, vaccinati con booster. (Per una panoramica esaustiva e non meno critica della legislazione d’emergenza si veda l’articolo di Valigia Blu).
La ratio di molte norme sembra essere ormai ideologica e propagandistica: l’obbligo di mascherine all’aperto, per esempio, anche se sostenuto da alcuni virologi allarmisti e prorogato dal Governo Draghi, non trova riscontro razionale nella maggior parte degli studi scientifici. Così come all’aperto, e torniamo a quanto si diceva all’inizio, ha pochissimo senso introdurre una regolamentazione limitante e punitiva per bar e ristoranti. Io sono vaccinato e boosterato, ma da qualche settimana a questa parte quando vado a mangiare fuori non mi sento maggiormente protetto, ma solo maggiormente, e ingiustamente, privilegiato. E non mi piace.