Tra pronostici e scommesse, macaron inaspettati e targhe rosso cardinale clamorosamente perdute, non abbiamo prestato la giusta attenzione a una riconferma che notevole lo è per davvero: il ristorante di Firenze Enoteca Pinchiorri anche per il prossimo 2022 conserverà le tre stelle Michelin, nonostante Giorgio Pinchiorri abbia recentemente patteggiato una condanna di quattro mesi per stalking nei confronti di quella che ora è una sua ex dipendente. Già la notizia del patteggiamento non risultò interessante alla stampa gastronomica – qui su Dissapore prese il dovuto spazio, ma la rassegna è striminzita: ne parlarono giusto Munchies e Foodclub -, immaginatevi quanto sia stato scritto sulla riconferma della terza stella a un posto che nessuno avrebbe il coraggio di mettere in discussione se ci si attiene prettamente alla gastronomia.
Una riconferma – e badate che parliamo del massimo riconoscimento possibile, assegnato da quella che è socialmente riconosciuta come la più autorevole delle guide esistenti – che sottende un messaggio: alla Michelin non interessa. La sostenibilità ha una certa attrattiva e in nome di essa si elargiscono stelle verdi, non perdendo occasione di evidenziare quanto i pneumatici di Bibendum siano amici del pianeta, ma l’etica non è rilevante.
Una riconferma che solo Domani si è presa l’onere di trattare, tornando oggi sul tema con l’insistenza di chi nel silenzio generale sente ancor più la necessità di parlarne, e anzi ampliando il discorso: “Chef e critici tengono il Metoo lontano dalle loro cucine“, si intitola l’editoriale di oggi firmato da Sonia Ricci. “È giusto che di un ristorante si valuti la cucina, ancorché di altissima qualità, e ci si giri dall’altra parte se al suo interno vengono commessi abusi nei confronti delle donne che vi lavorano?” è il presupposto della Ricci – che potreste ricordare anche tra le firme di Dissapore -, domanda retorica alla quale non fanno seguito ovvie risposte.
Tutt’altro: il Gambero Rosso risponde che non ha intenzione di rispondere, la Michelin nicchia relegando l’elefante nella stanza a “questioni private” e Enzo Vizzari – aka l’Espresso – invece, parla, ritendendo che il “contesto della critica gastronomica non sia pertinente” per trattare certe tematiche. Se volete conoscere anche le opinioni degli chef e degli altri critici interpellati vi rimandiamo alla lettura del pezzo, sul cartaceo o per abbonati. Altrimenti, vi basti la mia impressione: il totale disarmo di fronte alle tre risposte, dacché le non risposte sono risposte ben chiare, delle tre guide che tutti conosciamo. Guidate da uomini.
Premiare un ristorante significa consigliarlo, agendo in maniera più o meno efficace – molto, nel caso della Michelin – sulla lista delle prenotazioni, ma soprattutto sull’immagine del locale stesso. Ed è quantomai palese che la ristorazione oggi venga valutata ben al di là del singolo piatto: ne sono dimostrazione oggettiva i 35 anni di politica Slow Food che la gastronomia ha alle spalle – tangibile ovunque, dai menu alle recensioni, dal melenso storytelling sulle materie prime all’etica dell’economia circolare di questa o quella cucina, sempre più spesso evidenziata dalla critica – e i premi verdi che fioccano da un anno a questa parte per puntare l’occhio di bue sulla sostenibilità ambientale, a pensar bene. Tema che è profondamente etico e che nulla ha che fare con il gusto, con tutto il rispetto parlando per il foraging, ma che, ripeto, evidentemente risulta più stuzzicante, più popolare, più allettante del trattamento delle donne sul lavoro. Anche di fronte a sentenze, patteggiamenti, fatti acclarati, quel che conta è la cottura del piccione.
Specialmente in una branca del giornalismo tanto corporativista come quella gastronomica, dove la recensione negativa è un’eccezione quando capita, il critico è spesso nulla più che un narratore e là dove il locale si dimostra sotto le aspettative si preferisce non parlarne. Comprenderete perché, poi, ci siano tanti pezzi sul chilometro 0 e sull’oste sorridente, ma ben pochi sui brutti fatti accaduti a donne in brigata.
Dice il proverbio che le donne non si toccano nemmeno con un fiore e a me oggi viene il sorriso amaro pensando che gli intoccabili, qui, siano i fiori.